Le radici gesuitiche nella scrittura di Paulo Coelho Relatore ...

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Paulo Coelho: Il Cammino di Santiago», si evidenzieranno parallelismi e punti di contatto ..... la spada che lo farà diventare un «Guerriero della Luce». Affronta ...
Università degli studi di “Roma Tre”

Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere

Le radici gesuitiche nella scrittura di Paulo Coelho

Relatore

Laureanda

Chiar.ma prof.ssa Giulia Lanciani

Alessia Pau Matricola 204740/76

Correlatore Chiar.mo prof. Giuliano Soria

A.A. 2004-2005

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A mamma e babbo, Emanuele, Matteo, Marcello, Lorena e Antonio, Francesco e Gianni.

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Ringraziamenti

La pubblicazione di questo elaborato è stata resa possibile grazie alla decisa volontà del Professore Gian Luigi De Rosa. Nell’esprimergli la mia più viva gratitudine, lo ringrazio anche a nome della mia famiglia e del mio fidanzato che mi hanno sostenuto in tutti questi anni di studio e agevolato moralmente nel lavoro di preparazione del testo. Ringrazio la Professoressa Giulia Lanciani, il Professore Giuliano Soria e il Professor Giorgio De Marchis, i quali, nonostante gli impegni connessi alla loro carica, hanno voluto impreziosire questo lavoro con la loro disponibilità e competenza professionale. Con affetto speciale mi rivolgo a mio nipote Emanuele, al mio fidanzato Matteo, a mia sorella Lorena e a mio cognato Antonio, ai miei fratelli: Marcello, Gianni e Francesco e agli amici e amiche che mi hanno sempre sostenuto e seguito in questi anni: Lucia I., Mirella, Maria Rosa, Lucia C., Carolina, Consuelo, Tiziana, Riccardo, Salvo, Francesco S., Cesar, Luís, Marcelo, Gonzalo, Alicia, Palma, Mapi, Simone, Maila, Angela, Adriano, Andria, Antonio, Francesco, Nicola, Rosalba C., Martino, Ernesto; le amiche e amici della Sardegna; gli amici, le amiche e i professori del Corso di Mediazione Culturale Scolastico. Un grazie speciale a padre Giuliano Raffo S.J., al fratello Mario Aldovrandi S.J., a padre Vincenzo S.J., Luiz Antônio de Souza (Direttore della Biblioteca dell’Accademia Brasiliana di Lettere), Suor Alena e Suor Cecilia.

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LE RADICI GESUITICHE NELLA SCRITTURA DI

PAULO COELHO

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INDICE

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INDICE

INTRODUZIONE……………………………………………………….pag. I

CAPITOLO PRIMO PAULO COELHO: L’ALCHIMISTA DELLA PAROLA. I.1 L’uomo…………………….……………………………...….……............1 I. 2 Cultura e politica in Brasile……..…………………………………...……..4 I. 3 I suoi inizi come paroliere………….…………………………...…….........7 I. 4 Il cammino di Paulo Coelho come scrittore.......................……………….10 I.4.1 Il suo primo romanzo: O Diário de um Mago……..…..…............12 I. 5 Paulo Coelho e i suoi romanzi…….……………….…..............................14 I.5.1 O Alquimista ………………..……………….. ...….....................15 I.5.2 Brida...............................................................................................18 I.5.3 As Valquírias..................................................................................20 I.5.4 Maktub...........................................................................................21 I.5.5 Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei.................................22 I.5.6 O Monte Cinco...............................................................................25 I.5.7 O Manual do Guerreiro da Luz........ ……………........................28 I.5.8 Las confesiones del peregrino........................................................30 I.5.9 Veronika decide morrer.................................................................31 I.5.10 O Demônio e a Senhorita Prym …….......……...….........….......33 I.5.11 Onze Minutos……………………………...................................36 I.5.12 O Zahir……………………………...………….......….......…....37

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CAPITOLO SECONDO

L’INFLUENZA DELLA PEDAGOGIA IGNAZIANA NELLA FORMAZIONE DI PAULO COELHO. II. 1 Il progetto educativo di San Ignazio ……………...……..........................42 II. 1.1 La parte IV delle Costituzioni………………………………..…..44 II. 1.2 La Ratio Studiorum ……………...…………………..…..............48 II. 2 La Compagnia del Gesù in Brasile………………………….……….......52 II. 2.1 Le prime scuole: un’iniziativa dei Gesuiti……..…………….......55 II. 2.2 L’influenza dei Gesuiti nella cultura brasiliana……………….....58 II. 3 L’adattamento della Compagnia di Gesù al nuovo mondo politico…......64 II. 4 Coelho: il risultato della formazione ignaziana……......…………….…..67

CAPITOLO TERZO

LE RADICI GESUITICHE NELLA SCRITTURA DI PAULO COELHO: IL CAMMINO DI SANTIAGO III. 1 Ignazio di Loyola: Ejercicios Espirituales ……......……........................79 III. 1.1 Struttura e analisi del testo: Ejercicios Espirituales….................84 III. 2 O Diário de um Mago...…………..…………..……………………........95 III. 2.1 Gli «esercizi»..............................................................................103 III. 2.2 «L’Ágape» e il «Magis»………………………...………..........115

CONCLUSIONE.............................................................................................119

BIBLIOGRAFIA...........................................................................................130

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INTRODUZIONE

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INTRODUZIONE

Con questo lavoro si intende dare un taglio scientifico all’opera letteraria di Coelho, spostando la fonte della sua influenza sui Gesuiti, che rappresentano solo una delle fonti che hanno preso parte nel processo creativo dello scrittore. I principi dell’educazione ignaziana hanno influito notevolmente sulla personalità e formazione dello scrittore e siamo dell’idea che l’insegnamento gesuitico e gli stessi Gesuiti abbiano partecipato intensamente nel suo processo di formazione. Molti sono i punti di contatto tra la spiritualità dei Gesuiti e Coelho, primo tra tutti l’atteggiamento che mostra Coelho nel riporre in una figura guida la sua fiducia e volontà, un riferimento che richiama a una delle particolarità della pedagogia ignaziana sia nell’insegnamento che negli Esercizi Spirituali, racchiuse nelle rispettive figure del professore e del discente per quel che concerne la didattica e del direttore e dell’esercitante negli Esercizi Spirituali. Una caratteristica che possiamo rilevare nel suo passato esoterico, un passato di Tradizione e pratiche magiche, che vedeva l’autore legato a un ordine costituito attorno a un maestro, una figura ritenuta in grado di possedere e rivelare un sapere occulto. Ed è proprio il suo passato a spostare l’attenzione di gran parte della critica verso un’analisi della sua opera che tenda a definirla e «catalogarla»

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come appartenente esclusivamente al genere esoterico e che vede considerare i suoi romanzi come un prodotto altamente commerciale e New Age. Scopo di questo lavoro è quello di richiamare l’attenzione sull’aspetto letterario di uno scrittore che è un incombente – e «ingombrante» per gran parte della critica – protagonista della scena letteraria degli ultimi tempi. Lo stesso ruolo di letterato gli viene contestato e messo in ombra dalla critica contemporanea per l’aspetto esoterico dei suoi testi. Le radici gesuitiche nella scrittura di Paulo Coelho non è solo il titolo di questo elaborato, ma è soprattutto il tentativo di comprendere e di valutare l’ingente debito che Coelho deve agli insegnamenti gesuitici e, pertanto, agli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola, base dei principi pedagogici dell’insegnamento nelle scuole gesuitiche. Tale lavoro di tesi si sviluppa su tre piani di analisi e riflessione, divisi in tre capitoli. Nel primo capitolo, dal titolo: «Paulo Coelho: l’alchimista della parola»,

si

cercherà

di

tracciare

il

profilo

dell’autore

brasiliano

contestualizzando la sua evoluzione nel periodo storico e artistico brasiliano; nel secondo capitolo, dal titolo: «l’influenza della pedagogia ignaziana nella formazione di Paulo Coelho», in cui si analizzerà la presenza gesuitica in Brasile, sin dall’inizio della colonizzazione portoghese fino all’applicazione della Ratio Studiorum nei collegi brasiliani, soffermandoci anche sull’influenza che la pedagogia dei Gesuiti ha avuto sul processo educativo di Coelho; infine, nel terzo e ultimo capitolo, dal titolo: «Le radici gesuitiche nella scrittura di Paulo Coelho: Il Cammino di Santiago», si evidenzieranno parallelismi e punti di contatto tra la scrittura di Coelho, attraverso l’analisi di O diário de um

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Mago (uscito in Italia col titolo de Il Cammino di Santiago), e gli Esercizi Spirituali.

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Capitolo I PAULO COELHO: L’ALCHIMISTA DELLA PAROLA

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Capitolo I PAULO COELHO: L’ALCHIMISTA DELLA PAROLA

I.1. L’uomo. Paulo Coelho nasce nel quartiere carioca di Botafogo, a Rio de Janeiro, il 24 agosto del 1947, primogenito di Lygia Araripe Coelho de Souza e Pedro Queima Coelho de Souza. Riceve un’educazione religiosa e all’età di sette anni i suoi genitori lo iscrivono alla scuola gesuita di «São Inácio» a Rio de Janeiro, dove completa gli studi fino al liceo seguendo i rigorosi insegnamenti impartiti dai padri gesuiti1. La scrittura entra a far parte della sua vita lentamente, e non è tra i primi obiettivi della sua turbolenta esistenza; dagli insegnamenti gesuitici impara la disciplina che riversa nell’arte dello scrivere, riportando un primo riconoscimento2 in quella che sarà una carriera corollata da centinaia di premi. E’ proprio lungo gli austeri corridoi della scuola che Paulo Coelho ha scoperto la sua vocazione letteraria: diventare uno scrittore. La famiglia ha svolto un ruolo fondamentale nella formazione dello 1

Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, Barcelona, Editorial Planeta, 2003, (tr. it. di Tilde Riva, Biografia di un narratore, Milano, Bompiani, 2003, p. 11). 2 Durante la sua formazione dai gesuiti, nell’ambito di un concorso scolastico di poesia, vinse il primo premio letterario mentre un secondo lo vinse in composizione. Ibidem p. 11.

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scrittore, il padre, ingegnere, e la madre, studiosa di museologia, spingono sin dall’inizio il primogenito verso una carriera scientifica che non corrisponde all’ideale di vita che Coelho prospetta per sé. Del ruolo determinante che la famiglia ha svolto nella sua vita, ne parla lui stesso nell’intervista rilasciata nel luglio del 1998 al giornalista Juan Arias: Mio padre era ingegnere e proveniva da una famiglia molto tradizionalista; mia madre aveva studiato museologia all’università. Mio padre è ancora vivo, ha una personalità dominante e ha avuto una profonda influenza su mia madre (….). La mia educazione è stata estremamente formale. Non so come siano visti adesso i gesuiti ma allora furono molto conservatori e severi (….). Per questo per ribellione nei confronti di quella formazione rigida e chiusa, appena uscito dal collegio (….) ho cercato i movimenti studenteschi più estremisti e non credenti (….). All’università ho studiato Diritto ma per obbligo. Non ho terminato gli studi. Fino alla fine delle scuole superiori, la mia forza di ribellione era totalmente controllata, oppressa dai miei genitori, dalla società, dall’ambiente in cui vivevo. Poi sono esploso in un modo tremendo.3

Nel 1965 i genitori di Paulo Coelho cercano di reprimere le sue tendenze artistiche, che considerano troppo fuori dal comune e, lo fanno ricoverare in una clinica psichiatrica: la «Casa da Saúde» del «Doutor Erias», a Rio de Janeiro. L’esperienza dell’internamento non fa che aggravare il conflitto con la famiglia, i genitori, infatti, continuano a non accettare il suo stile di vita e a quel primo internamento, sempre nello stesso anno, ne fanno seguire ben presto un secondo. Paulo Coelho durante la sua permanenza in manicomio è sottoposto oltre che a terapie farmacologiche anche a varie sedute di elettroshock, ma

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Arias, Juan, Paulo Coelho: las confesiones del peregrino, Barcelona, Editorial Planeta, 1999, (tr. it. di Claudio M. Valentinetti, Paulo Coelho: le confessioni di un pellegrino, Milano, Bompiani, 2000, p. 164).

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nessuno di questi metodi riesce a piegare la sua volontà. Nel 1967 Coelho si unisce ad un gruppo di teatranti e comincia a lavorare come giornalista. Agli occhi della borghesia perbenista e benestante del tempo, il teatro rappresentava un focolaio di immoralità e nonostante le promesse fatte in passato, i genitori lo fecero internare nuovamente. La degenza in manicomio influì notevolmente nel carattere di Coelho e lo rese 4

confuso e prigioniero del suo mondo interiore . Negli anni Sessanta e Settanta il mondo intero assisteva all’esplosione del movimento hippy. Questo movimento giovanile aveva come obiettivo quello di sradicare le basi della società tradizionale. La protesta era un misto di rivoluzione e ribellione e i giovani cercavano di conoscere loro stessi vivendo borderline, emarginandosi. Erano gli anni in cui i Beatles e i Rolling Stones imperversavano, sconvolgendo corpi e coscienze, ma era anche il periodo durante il quale si

rivelarono nuovi pensatori e filosofi, come il famoso

antropologo Carlos Castañeda5, precursore del movimento New Age, che ebbe una profonda influenza sulla generazione del 1968 che, si opponeva soprattutto

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Nel 1998 con il libro Veronika decide morrer, Paulo Coelho attraverso la storia di una donna infelice che, dopo aver tentato il suicidio viene internata in una clinica psichiatrica, racconta la sua drammatica esperienza in manicomio. 5 Carlos, Castañeda, (Cajamarca, Perù 1925 – Westwood 1998), antropologo e scrittore statunitense di origine peruviana. Nel 1951 si trasferì negli Stati Uniti dove studiò parapsicologia e antropolgia presso la University of California di Los Angeles. Nel corso degli anni Sessanta effettuò diversi soggiorni in Messico dove ebbe modo di entrare in rapporto con gli indiani Yaqui, e soprattutto con lo stregone don Juan Matus che lo iniziò al mondo della conoscenza magica attraverso l’uso di piante sacre per gli indios quali il peyote e la datura. Al ritorno dal primo soggiorno messicano Castaneda scrisse A scuola dallo stregone. Una via yaqui alla conoscenza (1968), basato sulle esperienze del suo apprendistato presso il maestro yaqui, cui seguirono negli anni successivi: Una realtà separata. Nuovi incontri con don Juan (1971) e Viaggio a Ixlatan. Lezioni di don Juan (1972), grazie ai quali Castaneda raggiunse la celebrità. Le opere di Castaneda, tra cui si ricordano anche Il secondo anello del potere (1977) e Il dono dell’aquila (1981), sono scritti di carattere etnografico in cui vengono narrate le esperienze cognitive sperimentate dall’autore attraverso l’uso di allucinogeni naturali che, provocando alterazioni sensoriali, favoriscono un ampliamento della percezione della realtà. Cfr. AA. VV., Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Milano, Edizione Mondolibri, 1993.

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allo stile di vita dei genitori e, Coelho tra loro, lontano dalla casa paterna, trovò nel movimento hippy una nuova famiglia6.

I.2. Cultura e politica in Brasile. Nell’America Latina il periodo del movimento hippy coincide con l’avvento al potere di governi dittatoriali. Nel 1964 si installa in Brasile la dittatura militare, la maggioranza dei brasiliani assiste passivamente al cambio di governo: dal populista Goulart al generale Castello Branco7. Dopo la vittoria, i militari mostrano subito un forte atteggiamento repressivo, le conseguenze furono: interventi e terrore nei sindacati, terrore nelle campagne, diminuzione dei salari, indagini militari nelle Università, invasione delle chiese, abolizione dei movimenti studenteschi, censura. Nonostante la dittatura militare, bisogna segnalare un’incredibile egemonia culturale da parte della sinistra. Questa che a prima vista, potrebbe sembrare una contraddizione, era tangibile nelle librerie di São Paulo e di Rio de Janeiro invase da testi di evidente natura marxista. Una tendenza che si può rilevare anche nelle opere teatrali e che nei movimenti studenteschi. Un’anomalia che dura fino a quando la dittatura non stabilisce pene pesantissime a chi propaga il socialismo. Una cultura di sinistra e di qualità che domina soprattutto nei gruppi 6

Coelho, Paulo, op. cit. pp. 11 – 22. Dittatura militare: Il 31 marzo del 1964 con un colpo di stato guidato dal generale Humberto de Alencar Castello Branco viene deposto il presidente João Belchoir Marques Goulart. In Brasile si instaura un regime militare che rimarrà al potere fino al 1984. Cfr. Couto, Ronaldo Costa, Historia indiscreta da ditadura e da abertura, Brasil 1964-1984, Rio de Janeiro, Editora Record, 1999, pp. 39 – 104. 7

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direttamente legati alla produzione ideologica come: – gli studenti, gli artisti, i giornalisti, alcuni sociologi ed economisti, una parte del clero – e che rivoluziona soprattutto la produzione teatrale, musicale e cinematografica8. All’inizio degli anni Sessanta, legato «all’União Nacional dos Estudantes» (UNE), sorge a Rio de Janeiro il primo «Centro Popular de Cultura» che si proponeva di costruire una cultura «nazionale, popolare e democratica». I CPC attraendo i giovani intellettuali, cercavano di sviluppare insieme alla classe popolare un’attività che poté smuovere le coscienze, lavorando a stretto contatto con il popolo9, inscenavano opere teatrali fuori le fabbriche, le favelas e i sindacati, pubblicavano libricini di poesia a prezzi molto bassi, iniziarono a realizzare dei film autofinanziati e promossero corsi di teatro, cinema, arti visive e filosofia, esprimendo attraverso le arti un atteggiamento propositivo e rivoluzionario, stroncato dal golpe dei militari. Dai CPC si passo ad una «cultura della protesta semiclandestina» che sembrava interpretare il sentimento di tutta una generazione di intellettuali e che, immersa in un clima di crescente dibattito, muoveva alla sensibilizzazione politica dei suoi membri e lasciava intravedere la formazione di una massa politica che conoscerà il suo momento d'auge negli anni ’67 – ’6810. A partire dal 1968 iniziarono anche gli anni più duri della dittatura 8

Cfr. Schwarz, Roberto, Cultura e Política, São Paulo, Paz e Terra, 1978, pp. 7 – 9. Il periodo del governo ’60 – ’64 di João Goulart: permise lo sviluppo di una generazione estremamente sensibile alle questioni dell’emancipazione sociale nazionale, nel 1964 s’interrompe questo movimento progressista ma le elite colte resteranno fortemente marcate da questa posizione. Nei CPC, l’alleanza dell’artista con il popolo concepito come la fonte “autentica della cultura”, indicava un forte nazionalismo e un chiaro accento populista che, non svanì con la dittatura militare. Cfr. Hollanda, Heloísa Buarque de e Marcos, Augusto Gonçalves, Cultura e participação nos anos 60, São Paulo, Editora Brasiliense, 1982, pp. 8 – 26. 10 Ibidem, pp. 8 – 26. 9

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militare che raggiunse il suo culmine con l’Atto Istituzionale n°5 del 13 dicembre del 1968, quando il potere si concentrò brutalmente nelle mani dell’Esecutivo e si procedette ad una durissima repressione11. L’Atto Istituzionale n°5 del 13 dicembre del 1968 fu percepito come una dichiarazione di guerra nei confronti degli studenti e del popolo, il movimento studentesco e il partito comunista si spaccarono sul tipo di risposte da dare e alcune frangie optarono per la «lotta armata». L’opposizione armata allo stato autoritario e antinazionalista determinò i movimenti di guerriglia, la speranza dei guerriglieri era che le masse popolari entrassero nelle fila del movimento, ma la repressione fu talmente brutale che la lotta armata, carente di sostegno da parte del popolo, s’incamminò verso l’olocausto12. Migliaia di persone, militanti o semplici simpatizzanti, vennero sequestrate, torturate, scomparirono, morirono. Per più di venti anni il governo dittatoriale ridusse o peggio, rese nulli i diritti costituzionali col dominio arbitrario del Potere Esecutivo coadiuvato al controllo massiccio della polizia e della censura sulla stampa13. La censura imposta dal controllo politico non soffocò la produzione culturale ma, anzi, si ricercarono nuove «alternative», una di queste proposte fu la cosiddetta iniziativa «marginal» che interessò la stampa, la letteratura e un certo tipo di teatro, mentre nel campo del linguaggio si fece ricorso all’uso della «retorica» attraverso l’uso di allusioni e della metafora, uno stratagemma

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Couto, Ronaldo Costa, op. cit., pp. 16 – 35. Cfr. Hollanda, Heloísa Buarque de e Marcos Augusto Gonçalves, op. cit., p. 80. 13 Cfr. Couto, Ronaldo Costa, op. cit., pp. 39 – 104. 12

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che venne utilizzato soprattutto nel campo della musica popolare, ma anche nella produzione artigianale di libri e riviste14.

I.3. I suoi inizi come paroliere. Nel 1973, nel periodo della «Literatura Marginal», Paulo Coelho sempre inquieto ed eternamente alla ricerca di nuove sfide fonda la rivista 2001, un periodico alternativo che rivendicava i simboli della cultura pop dell’epoca e che intendeva modellare l’esperienza hippy attraverso le parole dei suoi stessi protagonisti. Nonostante i buoni propositi, uscirono soltanto due numeri. Tuttavia la rivista attirò l’attenzione di Raul Seixas15, un musicista brasiliano che si proponeva di rivoluzionare il rock & roll brasiliano. Lo spirito 14

Cfr. Hollanda, Heloísa Buarque de e Marcos Augusto Gonçalves op. cit., pp. 95 – 97.

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Raul, Seixas (1944 Salvador – 1989 São Paulo), cantante rock brasiliano. Nel giugno del 1959, fonda l’Elvis Rock Club. Nel 1962, forma i “Relâmpagos do Rock” il suo primo gruppo musicale. Nell’anno seguente, il nome del gruppo cambia per The Panters. Nel 1964, diventerà il gruppo più famoso del Salvador. Facendo show in varie città, sarà anche conosciuto a Bahia e, Jerry Adriani lo invita ad accompagnarlo nella sua tourneé nel Nord del paese. Nel 1968 lancia il suo primo LP, Raulzito e Os Panteras. Il suo secondo LP, Sociedade do Grã-Ordem Kavernista Apresenta Sessão das Dez, é prodotto e lanciato nel 1971, senza autorizzazione. Il disco viene ritirato dal mercato e Raul é espulso dalla CBS. Nel 1973, conosce Paulo Coelho, con cui nascerà una delle maggiori coppie del rock brasiliano. Responsabili del successo di Gita, Sociedade Alternativa, Como vovó já dizia. Con Gita, nel 1974, vince il disco d’oro e lancia il primo musical a colori a TV Globo. I successi si succedono con gli LP Novo Aeon e Há dez mil anos atrás, entrambi nel 1975, quando finisce la collaborazione con Paulo Coelho. Poi arrivano O dia em que a Terra parou (1977), Mata virgem (1978), Por quem os sinos dobram (1979) e Abre-te Sésamo (1979), quest’ultimo con la censurata Rock das Aranhas. Fino al 1987, il lancio dei successivi dischi sarà contrassegnato dai problemi di salute e dalla difficoltà a mantenere alto il valore della sua produzione, quando finalmente esce l’LP Uah-Bap-Lu-Bap-Lah-Béin-Bum! E, vince il suo terzo disco d’oro. Nello stesso anno incomincia la collaborazione con Marcelo Nova, i due producono l’LP A Panela do Diabo e fanno più di 50 show per il paese. L’LP viene lanciato il 19 agosto del 1989 ma dieci giorni dopo, Seixas muore a São Paulo. http:www.raulseixas.com.br/frame_historia.htm, Biografia. (ultima data di accesso: febbraio 2006).

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di 2001 coincideva con le sue idee e volle conoscerne il fondatore. Un’esperienza decisiva che influì sul futuro del giovane Coelho che, con la collaborazione con Seixas inaugurò una nuova fase della sua vita della musica brasiliana. Seixas, compositore e produttore della casa discografica CBS, chiese a Coelho di scrivere i testi delle sue canzoni che riflettevano i temi mistici assai in voga tra le comunità hippy. Questa collaborazione segnò l’inizio di una carriera ricca di successi, infatti, Coelho scrisse i testi di sessantacinque canzoni, formando con Seixas una coppia formidabile e affiatata che cambiò il panorama del rock brasiliano. Gita, il secondo disco che realizzarono insieme, ottenne un successo strepitoso e vendette più di mezzo milione di copie, aggiudicandosi anche il disco d’oro. Con i diritti d’autore percepiti per la sua attività di paroliere, Coelho che aveva rinunciato all’aiuto paterno e aveva conosciuto i disagi della povertà, si lasciò finalmente alle spalle le ristrettezze economiche16. Nonostante il successo, Coelho continuava a mostrare un atteggiamento di rifiuto e di opposizione al regime, fece uso di droghe e si avvicinò alle filosofie orientali e ai dettami della tradizione alchemica, un metodo di conoscenza che Coelho ha studiato per oltre dieci anni. In verità, ciò che attirava Paulo Coelho era il mondo della spiritualità e lo cercava nelle esperienze più lontane, poiché non aveva trovato alcun convincimento nella formazione religiosa imposta, si rivolse a tutto quello che

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Cfr. Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit. pp. 11 – 26.

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riguardava la spiritualità orientale. Con l’influenza della mitologia indiana, Coelho iniziò a vivere esperienze diverse, frequentò vari maestri, numerose sette, molte filosofie, finché arrivò un momento in cui il suo carattere estremista lo portò a cercare qualcosa di più forte. Gli parlarono di una certa setta segreta che aveva un grande «mentore»: Aleister Crowley17. Coelho incominciò a frequentare questa setta con Raúl Seixas, come si può apprendere dall’intervista rilasciata nel luglio del 1998 al giornalista Juan Arias: Io vedevo tutto ciò senza crederci totalmente, o forse vedevo soltanto il lato positivo. A quella epoca ero una persona molto influenzabile e avvertivo i grandi cambiamenti che accadevano nella mia vita e in quella degli altri membri della setta. Solo più tardi ho incominciato ad accorgermi che la linea di separazione tra magia bianca e magia nera è molto sottile, ma è anche qualcosa di molto concreto: nel caso della magia nera è il potere di interferire nel destino degli altri. 18

La setta era molto antireligiosa, in quel momento anche lui era anticattolico e aveva abbandonato la fede dei padri, ma dentro di sé non aveva rinunciato ad alcune cose di essa e incominciò a rendersi conto che, in qualche modo, quella setta incarnava il Male e, dopo un’esperienza priva di gravi conseguenze, ma che lo spaventò terribilmente, decise di abbandonare per sempre la setta segreta e la pratica della magia nera.

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Aleister, Crowley, (Leamington, 1875 – Hastings, 1943). Nacque nel Warwickshire, da una famiglia di origine celtica. Crowley, nel fornire un intenso contributo alla rivalutazione delle correnti occulte che permettono un immediato approccio alla Realtà intangibile, trascendendo tutti i precedenti sistemi di realizzazione mistica, ha rappresentato con le sue opere quella particolare tradizione esoterica che sta alla base dell’attuale rinnovato interesse per la Magia, tanto da essere definito uno dei grandi cultori della Scienza dello Spirito. http:xoomer.virgilio.it/gnscol/index.htm: Jerace, Giuseppe, Aleister Crowley: Trattato di astrologia magica, ECIG, Genova,1993. (ultima data di accesso: dicembre del 2004). 18 Cfr. Arias, Juan, op. cit., pp. 127 – 128.

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Nella metà degli anni Settanta, in Brasile la dittatura era arrivata alla sua fase conclusiva, ma proprio per questo stava imponendo al paese i momenti di repressione più feroce. In quel contesto Coelho e Seixas intrapresero la pubblicazione di Kring-ha, una serie di fumetti di ispirazione libertaria. Al regime, naturalmente, le vignette non piacquero, anzi, vennero reputate una minaccia e così, per la prima volta, Paulo Coelho fu arrestato e finì in galera. In piena dittatura militare, il carcere fu per il giovane scrittore un’esperienza ancora più dura dell’internamento negli ospedali psichiatrici. La brutta esperienza lo cambiò in modo radicale, nel 1976 trovò lavoro a Londra presso la casa discografica Polygram, dove conobbe la donna che sarebbe diventata la sua terza moglie. Nel 1977 al ritorno nel paese d’origine, Coelho cominciò a lavorare presso un’altra etichetta musicale, la CBS che lasciò dopo tre mesi separandosi anche dalla moglie; evidentemente, qualcosa non aveva mai smesso di agitarsi e finché non avesse trovato il modo di sfogarsi non sarebbe riuscito a raggiungere l’equilibrio che cercava19.

I.4. Il cammino di Paulo Coelho come scrittore. Nel 1979, inizia una nuova fase nella vita di Coelho che dopo aver rivisto una sua vecchia amica, la pittrice Christina Oiticica, la sposa due anni dopo. Christina è la donna che ha dato un impulso vitale alla sua carriera di 19

Ibidem, pp. 20 – 31.

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scrittore, accompagnandolo e sostenendolo sempre. A questo punto della sua vita, intraprende un viaggio in Europa, un viaggio decisivo per la loro vita, visitando diversi paesi dell’Europa occidentale e dell’ex blocco comunista, che si rileverà decisivo per la sua vita e carriera. In questo viaggio Coelho conosce un uomo di cui non ha mai voluto rivelare l’identità, che gli consigliò di riavvicinarsi al Cattolicesimo e gli suggerì di compiere un pellegrinaggio: il Cammino di Santiago20. Nella primavera del 1986, Coelho riuscì ad intraprendere il Cammino di Santiago, un’esperienza che lo fece riavvicinare al Cattolicesimo e fece svanire in lui ogni idea preconcetta sulla religione cattolica. Alla fine di un lungo viaggio lo scrittore ritrovò se stesso, il Cammino di Santiago lo riavvicinò alla gente comune e lo riconciliò con le cose semplici della vita. Durante quel pellegrinaggio, Coelho apprese tre nozioni fondamentali, che da allora hanno segnato la sua vita: avere un obiettivo, uno scopo, tralasciare il superfluo e prestare attenzione agli altri, perché si può imparare molto dalla gente. Smise di pensare che la ricerca e i misteri della spiritualità fossero riservati a pochi eletti, cioè, a coloro che spendono i propri giorni ad accumulare nozioni sul rapporto tra sacro e profano21. Al ritorno dal pellegrinaggio, Paulo Coelho visse per alcuni mesi a Madrid, e per lo scrittore ebbe inizio un’epoca felice, sentì che in qualche

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Cammino di Santiago: Santiago de Compostela è una città della Spagna nordoccidentale, capoluogo della regione autonoma di Galizia, nella provincia di La Coruña. Importante meta di pellegrinaggio dei fedeli cattolici dal IX secolo, quando nelle vicinanze furono rinvenuti i resti dell'apostolo Giacomo, Santiago vanta numerosi edifici medievali, tra cui la bella cattedrale romanica (1128), che contiene il sepolcro del santo. 21 Cfr, Coelho Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., pp. 35 – 36.

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modo era incominciata una nuova fase della sua vita, ma soprattutto si rese conto del valore fondamentale della semplicità nell’esistenza, fu allora che decise di scrivere un libro sulla straordinaria saggezza che si trova nelle persone comuni, nella storia personale di ciascuno di noi22.

I.4.1. Il suo primo romanzo: O Diário de Um Mago. Il Cammino di Santiago provoca un cambiamento radicale nella vita di Paulo Coelho. L’esperienza del Cammino lo spinse a scrivere, nel 1987, il suo primo testo letterario: O diário de um mago, in cui raccontò le vicende del proprio viaggio lungo i settecento chilometri che separavano la cittadina francese di Saint-Jean-Pied-de-Port, il luogo sul versante francese dei Pirenei, dove iniziò il percorso fino alla cattedrale di Santiago de Compostela. Il protagonista di questo cammino è Paulo che intraprende il pellegrinaggio in compagnia di uno strano personaggio: il misterioso Petrus, la sua guida spirituale. Il pellegrino Paulo intraprende questo viaggio per ritrovare la spada che lo farà diventare un «Guerriero della Luce». Affronta una serie di ostacoli che mettono alla prova la sua perseveranza e la sua fede e, grazie a Petrus, apprende gli esercizi basilari volti a fortificare l’animo e a sfuggire ai pericoli e le tentazioni. In questo Cammino, una sorta di viaggio interiore, Paulo impara a riconoscere i propri demoni interiori e ad affrontarli, fino a riuscire a sconfiggerli. Il cammino provoca dei mutamenti in colui che lo compie, come dice 22

Ibidem, p. 37.

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Petrus: “Quando si viaggia si sperimentano i mutamenti, che ci rendono più flessibili e recettivi di fronte a segni e suggestioni, purché si viaggi da persona consapevole, senza l’ansia di arrivare”23. Un viaggio che quindi non è solo in senso reale, ma anche viaggio di conoscenza interiore e di risveglio spirituale; la morale di tutto sta nel capire come è necessario che ognuno cerchi la propria strada nella vita e soprattutto che nella propria esistenza, come nel viaggio, non è tanto importante la meta quanto il cammino stesso. La sua guida gli rivela che la chiave del successo sta nell’impegno e nella capacità di ingaggiare un «Buon Combattimento». Il «Buon Combattimento», gli spiega Petrus: “è quello che viene intrapreso perché il nostro cuore lo chiede”24. La sincerità con cui Coelho racconta il suo pellegrinaggio

e gli

avvenimenti del viaggio è totale. Pubblicato da una piccola casa editrice brasiliana, O diário de um mago ebbe scarsa risonanza sia di critica che di pubblico, tuttavia la poca fortuna non scoraggiò Paulo Coelho che ormai non nutriva più dubbi sulla propria vocazione di scrittore25. Da quel momento incominciò una nuova fase nella vita di Coelho, ormai riconciliatosi con la fede cattolica. Cinque anni dopo, nel 2002, scrivendo la prefazione ad una nuova edizione del Cammino di Santiago, l’autore racconterà che aveva intrapreso il Cammino di Santiago su invito dello

23

Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1987 (tr. it. a cura di Rita Desti, Il Cammino di Santiago, Milano, Bompiani, 2001, p.41). 24 Ibidem. 25 Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., pp. 32 – 37.

25

sconosciuto incontrato ad Amsterdam che apparteneva all’ordine RAM26, e che fu da allora che iniziò ad interessarsi a quella antica regola cattolica e ad apprendere il linguaggio simbolico che non è l’esoterismo cristiano, ma lo studio cristiano dei simboli, attraverso una tradizione orale. L’ordine RAM ha riconciliato Coelho al cattolicesimo, che dopo il Cammino è stato nominato Maestro dell’Ordine27.

I.5. Paulo Coelho e i suoi romanzi. Nonostante il fallimento editoriale di O Diário de Um Mago, Coelho rimase fermamente deciso a continuare la carriera di scrittore. Oggi, Paulo Coelho è diventato uno scrittore famoso e, attualmente, il più venduto al mondo e si può facilmente ipotizzare che tutto quel che accadde negli anni decisivi della sua formazione avesse come unico scopo la realizzazione di questo sogno28. Paulo Coelho è un’artista della parola che ha saputo incantare l’animo di milioni di lettori in tutto il mondo, un viaggiatore instancabile, un uomo desideroso di nuove conoscenze e anche profondamente impegnato nella realtà. I suoi romanzi, tradotti in 56 lingue, non hanno solamente raggiunto la vetta delle classifiche dei libri più venduti, ma sono materia di dibattito sociale

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RAM: Rigore Amore Misericordia, è l’ordine spagnolo del Regnum Agnus Mundi, delle parole latine che possono essere tradotte per Regno dell’Agnello del Mondo, un ordine minore della Chiesa cattolica, che ha più di cinquecento anni, gli adepti cercano di interpretare il linguaggio segreto dell’universo, attraverso dei rituali magici o “esercizi” che permettono di raggiungere il sapere e, tra i doveri degli iniziati c’è quello di percorrere il Cammino di Santiago. Cfr. Carro, Cristina Berdnt, A obra de Paulo Coelho através da mídia, Tese Pósgraduação, Centro de Ciências Sociais, Universidade Gama Filho, Rio de Janeiro, A.A. 19931994, p. 8. 27 Cfr. Arias, Juan, op. cit., p. 156 – 157. 28 Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., p. 7.

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e culturale. Le idee, la filosofia e i temi trattati nei suoi libri sono diventati un punto di riferimento per molte persone in cerca della propria strada e di nuovi modi per comprendere il mondo.

I.5.1. O Alquimista. Nel 1988, Paulo Coelho scrive il suo secondo romanzo: O Alquimista29, un testo profondamente diverso dal precedente O Diário de Um Mago, mentre il primo era soprattutto un’opera di testimonianza, il secondo è un romanzo altamente simbolico. A meno di dieci anni dalla pubblicazione è diventato un best seller indiscusso, tradotto in 28 lingue, venduto in 58 paesi, reclamizzata come opera rivelatrice e d'alto livello letterario. In Italia in meno di un anno ( agosto 1995 – maggio 1996) ha avuto undici edizioni, e ha vinto il superpremio per la narrativa straniera della XV edizione del Premio Grinzane Cavour. L’Alchimista ha rappresentato la consacrazione letteraria di Paulo Coelho. E’ il suo libro più famoso, quello che ha fatto di lui un autore di cult in tutto il mondo30. L’Alchimista racconta la storia di Santiago, un giovane pastore Andaluso che ha abbandonato il seminario, preferendo la vita più irrequieta e vagabonda del pastore itinerante che gli consente di girare l’Andalusia. Sulla costa, a Tarifa, incontra prima una zingara, poi il re Melchisedek che gli 29

Coelho, Paulo, O Alquimista, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1988 (tr. it. a cura di Desti, Rita, L’Alchimista, Milano, Bompiani, 1995). 30 Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., p. 39.

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consegna i leggendari Urim e Tumim, le pietre che indicano il cammino. La zingara e il re, gli, conferma che un suo sogno – secondo cui in Egitto, presso le Piramidi, troverà un tesoro – è in realtà la sua «Leggenda Personale» che ogni uomo è chiamato a realizzare. Così Santiago vende le sue pecore e intraprende un lungo viaggio attraverso il deserto, la sua meta è l’Egitto dove spera di trovare un tesoro. Il ragazzo affronterà il cammino affidandosi agli insegnamenti dell’Alchimista, un maestro della Grande Tradizione, che possiede il segreto della pietra filosofale. Il Maestro aiuterà il discepolo a raggiungere il suo sogno e a vivere la sua «Leggenda Personale»31. Le vicende del giovane protagonista del libro sono la traduzione delle progressive scoperte legate all’Alchimia compiute dall’autore che dagli inizi degli anni Settanta si è appassionato alla materia32. La vicenda narrata è piuttosto semplice, lo schema narrativo è quello classico del «viaggio» che sul piano dei significati si mantiene su un duplice livello: uno che possiamo definire «esterno» e consapevole, che muove il protagonista verso il raggiungimento e il possesso di un tesoro, di cui ha avuto visione in un sogno; l’altro, «profondo» e inconsapevole, che si configura come un itinerario spirituale di tipo iniziatico e di natura alchemica, lo stesso titolo del libro indica in questa direzione l’attenzione e l’interesse del narratore. La categoria narrativa è quella della «favola»: “quasi tutto nel racconto è favolistica: il sogno in una chiesa abbandonata che rivela a Santiago un 31 32

Coelho, Paulo, O Alquimista, op. cit.. Lenta, Carlo, “L’Alchimista di Paulo Coelho”, Fedeltà, n°7, febbraio 1996.

28

tesoro nascosto, la zingara, il vecchio re che gli dà due pietre, l’incontro con l’Alchimista”33. Il tempo del narrato è astorico con nessun riferimento a nessuna epoca o ad un tempo attuale. I personaggi di questa storia non sono molti e fanno parte di un meccanismo semplice: il protagonista ed eroe della vicenda, Santiago, Fatima, tipica ragazza delle tribù sahariane che il giovane incontra nel deserto e di cui s'innamora, un inglese che viaggia nella sua stessa carovana, l’Alchimista, personaggio centrale che guiderà il giovane fino a farlo diventare alchimista a sua volta; una vecchia zingara e un vecchio re, i quali, insieme con altre figure minori, svolgono la funzione di «aiutanti» per il giovane, affinché realizzi la sua Leggenda Personale. I temi principali: il «sogno», il «destino», la «leggenda personale», la «magia», «l’iniziazione», il «linguaggio universale» e «l’alchimia», tema centrale che dà il titolo al racconto. Un chiaro gioco di simboli e di segni che accompagna il cammino esistenziale di Santiago in cui si indicano scelte, pericoli, mutamenti: il «coraggio» che rende possibile l’osabile, il «cuore» che è l’essere profondo o l’inconscio o forse l’anima, «l’amore» energia che attraversa tutto l’universo, il «desiderio» il motore per la realizzazione della «leggenda personale», «Maktub» che è una parola araba che tradotta suonerebbe «com’è scritto». Tutti questi elementi di contenuto compongono una struttura tematica

33

Cfr. Galeota, Vito, O Alquimista di Paulo Coelho in Orillas, studi in onore di G. Battista De Cesare, volume secondo, Salerno, Edizioni Paguro, 2001, pp. 151 – 159.

29

reticolare nel quale il protagonista, i personaggi e le altre figure azionali agiscono come se si trattasse di un comune vissuto quotidiano, per questo il lettore è immerso in un mondo straordinario e segue l’avventura di Santiago senza difficoltà o disagio, conscio di trovarsi in una situazione fittizia. La scrittura di Coelho consiste in un’architettura combinata di componenti tematiche trattate con uno stile semplice, immediato, diretto, una scrittura attuale, il testo O Alquimista è dettato dalla spontaneità creativa dell’autore e per questa ragione affascina il lettore e in questo trova una delle ragioni del suo successo34.

I.5.2. Brida. Brida è un romanzo che non è stato ancora pubblicato in Italia, è stato scritto in seguito al «Cammino di Roma», un’esperienza in cui il pellegrino ha l’obbligo di esercitare la meditazione e la compassione e che ha ispirato l’autore a scrivere e pubblicare nel 1990, Brida35. Una storia straordinaria che racconta le avventure della giovane irlandese Brida O’Fern, un’apprendista maga, una ragazza di ventuno anni che, un giorno, conosce un mago e gli chiede di iniziarla alle sue arti e alla sua saggezza. Brida crede di possedere un dono e di doverlo sviluppare, anche il mago è convinto di ciò, e così le propone di abbracciare i rituali della «Tradizione del Sole», strettamente correlati con le «leggi dello Spazio». Brida però avverte 34 35

Ibidem. Cfr. Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., pp. 68 – 69.

30

una maggiore inclinazione verso i «Rituali della Luna», le cui leggi dominano la sfera del «Tempo»36. Per sviluppare le sue doti, la ragazza incontra Wicca, la Maestra e, accanto a lei, vive un periodo intenso e diventa maestra della «Tradizione della Luna», convinta che con la conoscenza delle pratiche magiche può trovare le risposte alle domande della sua vita e conoscere i poteri dell’occulto e viaggiare nel passato e nel futuro. In questo cammino d’iniziazione come «maga», fa una riflessione sulla propria esistenza e nella sua vita entra Lorens, la persona che le farà conoscere un’altra strada e le insegnerà la saggezza dell’Amore37. Per Coelho, Brida rappresenta la sua parte femminile, Coelho sostiene che in tutti gli uomini esiste un lato femminile e, muovendo da questa convinzione ha elaborato l’idea che la componente femminile può essere considerata come una forza istintiva e creatrice del mondo e una qualità che reca compassione. Chi disprezza i valori femminili, rifiuta una parte fondamentale dell’essenza umana ma, tuttavia non trascura che anche la donna può esercitare il potere in modo non meno dispotico dell’uomo38.

36

Coelho, Paulo, Brida, Cascais, Pergaminho, 1991 (Edição portuguesa baseada na edição brasileira de Brida, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1990). 37 Cfr. Veiga, Iara da Brida um rito de passagem: a história da busca de identidade sexual de uma mulher, Tese Pós-graduação, Instituto de Psicologia, Pontíficia Universidade Católica do Rio Grande do Sul, Porto Alegre, A.A. 1990-1991. 38 Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., pp. 67 – 68.

31

I.5.3. As Valquírias. As Valquírias è la storia di un uomo e di una donna che conducono un viaggio che li conduce verso il deserto e senza ricorrere a nessun artifizio decidono di mettersi in contatto con il proprio Angelo Custode. Con uno stile semplice e diretto, Paulo Coelho per la prima volta ci mostra l’uomo che si cela dietro il mago. Lo stesso Coelho afferma nel prologo del libro la sua difficoltà nello scrivere questo libro, soprattutto per gli argomenti di cui tratta che esigono una certa sensibilità per essere accettati ed inoltre perché avendo raccontato più volte questa storia a molte persone temeva di aver perso la capacità di raccontarla per iscritto e come sostiene egli stesso: “este temor acompanhoume da primeira à última página do livro, mas – graças a Deus – foi apenas um susto”39. In questo libro Coelho rende pubblica una parte molto delicata della sua sfera privata, il matrimonio e le relazioni con le altre persone. L’autore ha sofferto dei momenti di fatica e d’imbarazzo, poiché entrando in diversi particolari della sua vita personale ha mostrato le proprie debolezze e la fragile distanza che lo separano dalla «Tradizione Magica», a cui sente di appartenere come uomo. Come si è potuto notare nel Diário de um Mago, Coelho sostiene che il «cammino della Magia» è «il cammino delle persone comuni» e afferma: Um homem pode ter um mestre, seguir uma Tradição esotérica, possuir a

39

Cfr. Coelho, Paulo, As Valquírias, Cascais, Editora Pergaminho, 1993, p. 1. (Edição portuguesa baseada na edição brasileira de As Valquírias Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1992).

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disciplina necessária para realizar rituais; mas a Busca Espiritual è feita de constantes começos (daí a palavra «Iniciado», aquile que está sempre a iniciar algo), e a única coisa que conta – sempre – é a vontade de seguir em frente.40

As Valquírias è un romanzo che mostra l’uomo che sta dietro il mago e questo potrebbe deludere alcuni che stanno cercando d’essere perfetto, perché sono svelate delle verità definitive rispetto il tutto ma, i veri ricercatori sanno che indipendentemente dai nostri sbagli, il cammino spirituale è più forte. Dio è Amore, generosità e perdono, se crediamo in questo mai permetteremo alle nostre debolezze che ci paralizzino.

I.5.4. Maktub. Il successo ottenuto con i suoi romanzi non ha impedito a Paulo Coelho di dedicarsi ad una sua vecchia passione: il giornalismo, Coelho, infatti, ha scritto un gran numero d’articoli e saggi per importanti media, sia brasiliani che stranieri. Uno dei suoi libri Maktub, nasce proprio da questa sua passione giornalistica, pubblicato nel 1994, Maktub è frutto della collaborazione di Coelho al quotidiano Folha de São Paulo, su questa testata, tra giugno del 1993 e il giugno del 1994, lo scrittore ha pubblicato una serie di messaggi, pensieri e frasi che sono stati successivamente raccolti in forma di volume. Utilizzando le parole dello stesso Coelho: “Maktub, antica parola araba che significa «tutto è scritto», non è un libro di consigli ma uno scambio

40

Ibidem, p.1.

33

d’esperienze”41, un’eccellente occasione per riflettere e incontrasi con se stessi. Maktub è costituito da storie udite dal suo maestro spirituale, altri sono racconti ascoltati da varie persone, oppure semplicemente letti nel corso degli anni, in taluni casi s’ispirano a leggende e tradizioni.

I.5.5. Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei. Con il romanzo Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei, Paulo Coelho inizia una trilogia che si completerà con Veronika decide morrer e O Demónio e a Senhorita Prym. Questi libri hanno un elemento comune: in tutti e tre lo scrittore racconta una settimana della vita di persone normali che si trovano ad affrontare una grande sfida. Coelho sostiene che i grandi cambiamenti – sia personali che sociali – avvengono in periodi molto brevi e una settimana è un periodo sufficiente per decidere se accettare o no il proprio destino42. In questo romanzo lo scrittore ci propone un itinerario, prevalentemente spirituale, che si snoda tra Spagna e Francia con lo scontro dell’amore umano e quello divino, i due protagonisti del libro sono un uomo e una donna che si ritrovano undici anni più tardi, dopo essersi conosciuti e innamorati da adolescenti. La vita li ha condotti lungo strade diverse: lui è diventato un prestigioso seminarista, è molto famoso per le conferenze sul «volto femminile di Dio» e 41

Cfr. Coelho, Paulo, Maktub, Barcelona, Editorial Planeta, 2002, p. 7 (Publicado de acuerdo con Sant Jordi Asociados, por la traducción de Ana Belén Costas). 42 Cfr. Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., p. 70.

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gli sono attribuiti miracoli e guarigioni, lei è una donna chiusa e dura. La vicenda del romanzo ruota attorno al cammino di Pilar, che è diretto alla scoperta del grande amore e della luce della fede in un’esistenza che si trascina priva di grandi ideali. Pilar, la protagonista, è una donna che ha paura di rivivere i propri sentimenti, tuttavia durante l’incontro con la persona amata nell’adolescenza dentro di lei si scatenano varie emozioni che apriranno il suo cuore all’amore e all’esperienza religiosa ma, anche il suo innamorato dovrà affrontare una scelta: adesso è un uomo diviso tra la tenerezza che prova per Pilar e la responsabilità di utilizzare il dono di guarire. Si può rilevare che, inizialmente, l’incontro tra i due ex innamorati, fa emergere i rancori e le colpe del passato che riaffiorano continuamente nelle loro conversazioni ma, giunti sulle sponde del fiume Piedra, nei pressi di un paesino dei Pirenei, i due scoprono il modo per affrontare i grandi temi che hanno lasciato in sospeso. Il viaggio che Pilar percorre dalla Spagna alla Francia con il vecchio amico d’infanzia e un itinerario anche spirituale, perché ha luogo principalmente nei sentieri dei sentimenti contrastanti della protagonista che vive la lotta tra il proprio cuore che si sta innamorando e la ragione che teme gli ostacoli e le sofferenze, logica conseguenza dell’abbandono. Questo cammino di crescita interiore porterà a scoprire che nonostante si rischi di soffrire, amare una persona non é mai inutile, perché solo attraverso questa esperienza è possibile ritrovare dentro di sé la vera fede in Dio, quella stessa fede che anche Pilar aveva smarrito nel corso degli anni43.

43

Cfr. Bolzoni, Ottavia, “Una favola di fede e speranza «firmata» da Paulo Coelho”, La

35

In questo romanzo Coelho ci presenta figure e pagine significative su molti argomenti, ma sono accostati anche altri argomenti meno felici e precisi, soprattutto quando lungo tutto il libro parla della Vergine Maria chiamandola ripetutamente «Dea»44, in cui Maria è vista come il «volto femminile di Dio»45. In seguito alla lettura di alcuni articoli della stampa italiana, si è potuto rilevare che Coelho con queste considerazioni ha scatenato un notevole allarmismo, soprattutto nelle fila del mondo cattolico, il Padre Ferdinando Castelli S.J., critico letterario della Civiltà Cattolica, sostiene che l’autore dichiarandosi “cattolico praticante”, possa indurre in qualche lettore sprovveduto a ritenere cattolico un libro religioso sì, ma vergato all’insegna del sincretismo, dell’ambiguità teologica e del relativismo etico, il Padre Castelli nel suo articolo afferma che: In realtà, la vicenda di Pilar e del suo amante si snoda su sfondi che di cristiano non hanno quasi nulla. Questi sfondi sono dominati dal sincretismo religioso che Coelho legittima con questo assioma: «La verità è sempre là dove esiste la fede»46, qualunque fede: quella che si fonda sul concetto di una Divinità che si manifesta (o s’incarna) in forme diverse, per esempio, nella «Dea»; che assume un modello di religione antirazionalistica e misticheggiante, ispirato a riti primordiali, che accetta il relativismo etico quindi la norma dell’agire e dell’ascolto e l’obbedienza al proprio cuore. Il cristianesimo del romanzo si riduce a nomi, a qualche formula di preghiera e a talune sporadiche affermazioni, talvolta anche accettabili. Di redenzione, sacramenti, Rivelazione, nulla.47

Sembra opportuno aprire una breve riflessione sull’interesse dell’autore

Repubblica, luglio1996. 44 Coelho, Paulo, Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1994 (tr. it. a cura di Rita Desti, Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto, Milano, Bompiani, 1996, p. 75). 45 Ibidem, p. 74. 46 Ibidem, p. 96. 47 Castelli, Ferdinando, “Dal «new age» a un cristianesimo «rinnovato». L’ultimo romanzo di Paulo Coelho”, La Civiltà Cattolica, marzo 1997, n.3521, pp. 444 – 452.

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verso il culto di «Maria» e, superando il fastidio cha ad alcuni può dare la sua interpretazione della figura mariana, si segnala il parere che questa attenzione nei confronti della Vergine può essere portatrice di bisogni più ampi e si rimanda ad altri un’analisi più approfondita di questa tematica.

I.5.6. O Monte Cinco. Questo romanzo racconta la storia del profeta Elia al quale Dio ordina di abbandonare Israele. In un’intervista rilasciata al «Café Letterario»48 che, qui si riassume in breve, l’autore stesso sostiene che l’ispirazione a questo romanzo è partita dalla storia della Fenicia più che dalla storia del personaggio in sè. Una città che da anni viveva nella pace, che credeva di avere tutto sotto controllo e, all’improvviso si trova invece di fronte all’ineluttabile e la stessa cosa stava capitando ad un uomo e, dato che la storia di un uomo è anche la storia del mondo, Coelho ha deciso di raccontare la vita di Elia. Si riporta qui sotto una parte del prologo e dell’introduzione di O Monte Cinco, una premessa che si ritiene fondamentale per spiegare il contenuto del romanzo:

All’inizio dell’anno 870 A. C. una nazione conosciuta come Fenicia, che gli Israeliti chiamavano Libano, celebrava quasi tre secoli di pace. I suoi abitanti potevano ben essere orgogliosi delle proprie imprese: poiché non erano politicamente forti, erano stati costretti a sviluppare un'invidiabile capacità di commerciare, unica maniera per garantirsi la

48

http://www.librialice.it/cafeletterario/interviste/coelho.html, Paulo Coelho, le radici e le ali. (ultima data di accesso: febbraio 2005).

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sopravvivenza in un mondo devastato da continue guerre. Un’ alleanza stipulata intorno all’anno 1.000 a.C. Con il re Salomone d'Israele, aveva loro consentito di modernizzare la flotta mercantile e di espandere il commercio. Da allora la Fenicia non aveva smesso di crescere. I suoi navigatori erano giunti in luoghi distanti quali la Spagna e l’Oceano Atlantico e, secondo alcune teorie, tuttavia non ancora confermate, avrebbero lasciato delle iscrizioni nel nord-est e nel sud del Brasile. Trasportavano vetro, cedro, armi, ferro e avorio. Gli abitanti delle grandi città come Sidone, Tiro e Biblo conoscevano i numeri, i calcoli astronomici, l’uso del vino e, usavano, da quasi duecento anni, un insieme di caratteri per scrivere cui i greci avevano dato il nome alfabeto. All’inizio dell’anno 870 A., una principessa della Fenicia, Gezabele si sposa con il re giudeo Acab e il paese incomincia a adorare i dei fenici, fu così che Dio invia il profeta Elia dal re Acab per annunciargli “che non avrebbe piovuto finché Baal fosse stato adorato in Israele”, il re non obbedisce alla parola del Signore e Elia viene esiliato. All’inizio dell’anno 870 A., in un luogo lontano chiamato Ninive, era riunito un consiglio di guerra. Un gruppo di generali assiri aveva deciso di inviare i propri eserciti a conquistare le nazioni situate lungo la costa, sul mare Mediterraneo. La Fenicia era stata scelta come il primo paese da invadere.49

Un tema centrale del libro è quello della scrittura, la grande eredità che è trasmessa di generazione in generazione, un’arma di cui l’uomo può disporre, un concetto valido ancora ai nostri giorni, perché l’informazione dà molto potere all’uomo e come afferma lo stesso Coelho al Café Letterario: “nella misura in cui si divide l’informazione, l’uomo diventa più democratico e tutta la cultura e tutte le scelte diventano libere”.50 La maggior parte dei personaggi è rappresentata dagli abitanti di Akbar, una delle città più fiorenti della Fenicia è che sarà il luogo in cui sarà ambientata la storia del racconto, la trama del romanzo ruota attorno alle figure del comandante, del sacerdote e del governatore che sembrano simboli di modi di essere, dei personaggi che racchiudono dei sentimenti negativi.

49

Coelho, Paulo, O Monte Cinco, Rio de Janeiro, Editora Objetiva, 1996 (tr. it. a cura di Rita Desti, Monte cinque, Milano, Bompiani, 2000, pp. 15 – 16). 50 Cfr. http://www.librialice.it/cafeletterario/interviste/coelho.html, Paulo Coelho, le radici e le ali. (ultima data di accesso: febbraio 2005).

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Il comandante è una persona che pensa sempre alla guerra, il sacerdote è un reazionario, ma la natura del governatore rappresenta l’indecisione, nonostante sappia che la Fenicia sarà attaccata dall’esercito assiro, non prende decisioni e si lascia controllare dai fatti. Il gran simbolo positivo del libro è il bambino che impara attraverso la tragedia e ricostruisce se stesso. Alla fine del libro saranno i bambini e i vecchi che ricostruiscono la città distrutta. Un altro tema importante del libro è quello dello straniero, Elia è guardato a lungo con sospetto dagli abitanti di Akbar perché è uno straniero. Accolto senza entusiasmi, è considerato portatore di sventura perché straniero e, ostile alla bella Gezabele, la moglie libanese del re d’Israele, Acab, che ha imposto ai sudditi la religione pagana del suo paese. Un tema molto moderno nella società multietnica attuale, le persone continueranno a mantenere la propria cultura e le proprie radici ma, avrà la benedizione di poter condividere le culture altrui. Elia è soprattutto l’uomo scelto da Dio e, nell’accogliere il messaggio di Dio, testimonia con la sua vicenda umana, la volontà a compiere il dovere che Dio gli ha assegnato. Elia sa di avere una funzione da assolvere che non conosce e di cui si sgomenta, ma percorre fino in fondo la propria strada. Il profeta decide di vivere il proprio destino senza rassegnazione, il Signore ha ordinato tremende prove per lui, con l’anima tesa ad ascoltare la voce dell’Angelo, la voce di Dio che spesso disorienta e spinge ad affrontare decisioni difficili, Elia conosce la paura e la sofferenza, la solitudine e l’amore. Numerose sono le insidie che attraversano il suo cammino. Per sfuggire

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alla persecuzione della regina Gezabele, Elia è costretto a lasciare Israele. Giunto nella città di Akbar, la vedrà presa d’assalto dall’esercito assiro e assisterà impotente alle conseguenze della guerra che non ha mai voluto e deve soffrire per la morte dell’unica donna che ha amato, proteggerne il figlio e affrontare l’ira ingiusta della popolazione. L’autore in una breve nota iniziale al libro dice che l’inevitabile ha sfiorato la vita di ogni essere umano su questa terra, alcuni si sono ripresi altri hanno ceduto, la vicenda di Elia diventa una splendida lezione di coraggio e di speranza. In un mondo dominato da superstizioni, conflitti religiosi e tradizioni profondamente radicate, la volontà del profeta che assume il colore della sfida, lo spingerà a superare ostacoli, paure e rimpianti che lo porteranno all’incontro finale con il Creatore, lungo le pendici del Monte Cinco51.

I.5.7. O Manual do Guerreiro da Luz. Nel 1997 Coelho pubblica O Manual do Guerreiro da Luz, una raccolta di pensieri che è diventata un’opera di riferimento per milioni di lettori. Il Manuale è in realtà una raccolta di articoli che Coelho scrisse per un quotidiano brasiliano in una rubrica settimanale, come afferma lo stesso scrittore nell’intervista di Mario Baudino al quotidiano La Stampa: “ho immaginato un personaggio in carne ed ossa, il «guerriero della luce» e parlo

51

Cfr. Coelho, Paulo, O Monte Cinco, op. cit..

40

delle sue contraddizioni, delle sue debolezze, della sua vita”.52 Il «guerriero della luce» è una persona capace di autonomia, una persona che sceglie il proprio cammino e che, nonostante le difficoltà, si batte per realizzare i suoi sogni. Nella prefazione del libro l’autore presenta se stesso e la bella donna, serena e dal capo coperto, che gli suggerisce amorevolmente la strada del guerriero della luce, il lungo cammino quotidiano che porta verso la serenità, dettandogli le regole raccolte nel piccolo volume. La metafora è molto evidente e sono chiare le basi etiche e morali di questo breve compendio di saggezza, Coelho non si ferma agli insegnamenti cristiani, spaziando tra la sapienza di tutti i popoli e di tutte le culture. Pagina dopo pagina l’autore crea un percorso verso la fortificazione interiore e ci insegna che la forza di ogni uomo è dentro se stesso e che bisogna dosare le proprie energie, scegliere i nemici contro i quali lottare, senza aggredire i più deboli. Il guerriero della luce impara a vivere insieme con gli altri, perché non vi è nessuna gioia finale se si giunge alla meta da soli, bisogna saper scegliere però i propri compagni di viaggio, senza farsi traviare o abbattere dai maligni. Il vero guerriero è un uomo come tutti, anche lui sbaglia molte volte, ma sa meditare sulle proprie sconfitte e sugli errori, senza lasciarsi andare ad un pericoloso sconforto. Per giungere alla metà, suggerisce l’autore, l’importante è agire e non perdere mai di vista il traguardo finale, quale è questo traguardo ognuno di noi 52

Cfr. Baudino, Mario, “Un alchimista tra i Fenici”, La Stampa, 17.10.1997, p. 23.

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lo può intuire: la serenità, la forza di accettare le vicissitudini, la capacità di gioire per le cose semplici ma vere. Il percorso che ogni guerriero deve compiere è disseminato di lusinghe e tentazioni e molte volte si sbaglierà, il guerriero sa che i fini non giustificano i mezzi. Perché i fini non esistono: ci sono solo i mezzi e l’errore più pericoloso sarà l’incapacità di vivere l’attimo persi in una meta sempre troppo lontana, il suo insegnamento è assaporare ogni frazione di piacere e ogni piccola conquista quotidiana. Un insieme di riflessioni filosofiche che Paulo Coelho ritiene essenziali per il miglioramento di ogni essere umano. In ciascun individuo, ci dice, alberga un guerriero che ogni giorno ingaggia una sua battaglia personale e in questa opera c’invita a cercare il guerriero della luce che è dentro di ciascuno di noi53.

I.5.8. Paulo Coelho: las confesiones del peregrino. Nel 1998 il giornalista e scrittore spagnolo Juan Arias incontra Coelho nella sua casa, a Copacabana, in un’intervista che ha richiesto alcuni giorni, lo scrittore accetta di parlare di sé e di mettere a nudo alcuni episodi molto dolorosi e discussi della sua vita. In questa conversazione con Juan Arias, Coelho ha aperto la sua anima e ha svelato per la prima volta, alcuni momenti dolorosi del suo passato, come

53

Coelho, Paulo, Manual do Guerreiro da Luz, Rio de Janeiro, Editora Objetiva, 1997 (tr. it. a cura di Rita Desti, Manuale del guerriero della luce, Milano, Bompiani, 1997).

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l’attraversamento della droga, della magia nera e satanica, il manicomio, il carcere e la tortura. Nel libro Paulo Coelho: las confesiones del peregrino, vediamo come lo scrittore dimostrando molto coraggio, decide di esporsi e di non nascondere nulla della sua vita attraversata da battaglie e gioie e che continua a mostrarci i segni di un’esistenza singolare54.

I.5.9. Veronika decide morrer. Romanzo di grande profondità psicologica è ispirato ad un drammatico evento della vita dell’autore, quando tra i 18 e i 22 anni per ben tre volte fu rinchiuso in una clinica per malati di mente, dove subì anche lo shock insulinico, qui applicato ad uno dei personaggi in alcune delle pagine più «spirituali» dell’intero volume ambientato in Slovenia. Nel manicomio lo scrittore finì per decisione dei genitori, probabilmente disorientati dalla stravaganza della sua gioventù, un’esperienza dolorosa che lo scrittore aveva promesso di raccontare solo dopo la morte dei genitori. La madre è morta nel 1993, il padre è ancora vivo e per questo Coelho ha usato il personaggio di Veronika per descrivere quello che conosceva intimamente: i trattamenti, i rapporti tra medici e pazienti, il conforto e l’angoscia di trovarsi in un ospedale psichiatrico. La protagonista di questo romanzo, Veronika, ha apparentemente una vita normale: 54

Cfr. Arias, Juan, op. cit..

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Nella sua vita, tutto appariva identico; e passata la gioventù, ecco la decadenza: la vecchiaia cominciava a lasciare segni irreversibili, arrivavano le malattie, gli amici se ne andavano… Insomma, continuare a vivere non aggiungeva nulla: anzi, aumentavano considerevolmente le occasioni di sofferenza. Leggeva i giornali, guardava la televisione ed era informato di quanto succedeva nel mondo. Era tutto sbagliato, ma lei non aveva alcun modo di contrastare quella situazione e, questo le dava una sensazione di totale inutilità.55

Veronika è profondamente infelice e, forse proprio per questo, decide di farla finita e ingerisce una grossa quantità di sonniferi, ma il tentativo fallisce. Salvata in extremis è internata in una clinica psichiatrica dove si scontra con una realtà di cui ignorava l’esistenza e, che servirà a ridimensionare la propria ingiustificata infelicità. Nel romanzo Coelho ci presenta il manicomio come un luogo di gran libertà nel quale proprio perché si può fare tutto quello che si vuole, senza dover accettare mediazioni, è difficile uscire. Veronika lo farà, anche se aggrappata all’inganno inventato da un medico per farle riacquistare fiducia nella vita dopo il suo tentativo di suicidio 56. Veronika decide morrer è un libro che si presenta come un viaggio spirituale nell’anima di chi non è in grado o non vuole affrontare il quotidiano nella sua ripetitiva banalità, la vita mette alla prova la nostra volontà di cambiamento e il nostro coraggio e ci mette di fronte a delle sfide e, fingere che non stia accadendo nulla o che non si è in grado di affrontare le situazioni più difficili non serve, a Veronika l’unica prospettiva pareva la morte ma scampando ad essa deciderà di accettare i nuovi orizzonti che la vita gli 55

Coelho, Paulo, Veronika decide morrer, Rio de Janeiro, Editora Objetiva, 1998 (tr. it. a cura di Rita Desti, Veronika decide di morire, Milano, Bompiani, 1999), p. 14. 56 Cfr. Stefanelli, Elisabetta, “La follia secondo Paulo Coelho”, Gazzetta del Sud, 4.9.1999, p. 17.

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presenta. Il libro offre anche lo spunto alla meravigliosa riflessione sul tema della normalità e della diversità, trasformando il dramma dell’infelicità nella pienezza e accettazione della vita e della sua bellezza. Come afferma lui stesso nel Corriere della Sera: “Tra la normalità e la follia – che in fondo sono la stessa cosa – esiste uno stadio intermedio: si chiama «essere diversi». Le persone hanno sempre più paura di «essere diverse»”.57 Veronika decide morrer è uscito in Brasile nell’agosto del 1998 a settembre l’autore ha ricevuto più di 1200 tra e-mail e lettere, in cui gli erano raccontate esperienze simili ma, l’episodio più rilevante è che nell’ottobre dello stesso anno, alcuni dei temi affrontati nel libro – la depressione, la sindrome da panico, il suicidio, etc. – come riferisce lo stesso autore nel Corriere della Sera, sono stati trattati in un congresso in Brasile che ha avuto ripercussioni nazionali. Il 22 gennaio del 1999, il senatore Eduardo Suplicy, leggendo alcuni brani del libro durante una seduta parlamentare, è riuscito a far approvare una legge – in discussione da ben dieci anni – che vieta i ricoveri coatti58.

I.5.10. O Demónio e a Senhorita Prym. Questo romanzo è ambientato nel villaggio di Viscos, nel sud della Francia, e si presenta come un’emozionante allegoria dell’eterna lotta tra il 57

Cfr. Coelho, Paulo, “Quei giorni che ho passato in manicomio”, Corriere della Sera, 21.8.1999 (tr. it. a cura di Rita Desti,). 58 Ibidem.

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Bene e il Male, raccontata attraverso le vicende di un piccolo paese e dei suoi abitanti. La vecchia Berta da quindici anni suole sedersi tutti i giorni davanti alla porta della sua casa e una sera vede arrivare uno straniero, la sua esperienza del mondo, le fa riconoscere nel nuovo venuto un uomo abitato dal demonio. Lo straniero, un tempo era un’onesta persona ma per aver riposto fiducia nella legge e a sentirsi protetto da lei, aveva perduto moglie e figlia, ormai sfiduciato sulla natura dell’animo umano, vuole vedere se gli abitanti di un piccolo paese sono disposti a commettere un delitto in cambio della ricchezza. Lo strano personaggio, che è la personificazione del Male, è prigioniero dei legami che lo tengono avvinto al passato, non può spezzare questi lacci e vorrebbe poter avvolgere tutti con loro. A questo scopo utilizzando una giovane donna impiegata nell’hotel del paese: la Signorina Prym, fa una proposta perversa, offre alla comunità alcuni lingotti d’oro in cambio della vita di un innocente. Se accetteranno la sua offerta, entro il termine di una settimana, gli abitanti del piccolo paese dovranno scegliere una vittima e ucciderla. L’arrivo dello straniero mette in subbuglio il villaggio, pone fine alla monotonia che regna incontrastata e costringe ogni paesano ad affrontare il lato oscuro di se stesso, il forestiero incarna la coesistenza del lato buono e di quello cattivo, della luce e della tenebra, non solo nella società, ma anche in ciascuno di noi. La tentazione diventa protagonista del cambiamento che avvelena sogni

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e morale del paese, l’uomo con una proposta così terribile vuole vedere che tipo di decisione gli abitanti prenderanno: se si faranno tentare dalla brama di denaro o decideranno di rinunciare all’esecuzione di uno dei cittadini. Il Male e il Bene si affrontano e gli abitanti dovranno reagire a questa lotta con una scelta e, come afferma lo straniero in un passo del romanzo:

La storia di un uomo è la storia di tutta l’umanità. Se la compassione esiste, allora saprò che il destino è stato crudele con me, ma che talvolta può essere benigno con altri. Questo non cambierà affatto ciò che sento, non mi restituirà la mia famiglia, ma almeno allontanerà il demonio che mi accompagna e che mi toglie la speranza. 59

All’unanimità, i 281 abitanti del paese sentenzieranno di uccidere la vecchia Berta, ma alla fine, bloccati solo dalla paura, desisteranno e la Signorina Prym riceverà l’intero tesoro dallo straniero. In questa sfida tra le Tenebre e la Luce, vincerà il bene, anche se c’è da segnalare che nel libro gli abitanti abbandoneranno il loro disegno malvagio non per rimorso o presa di coscienza, ma perché mossi dalla paura e Coelho conclude il libro mettendo in evidenza la natura maligna dell’uomo che solo per timore di Dio desiste dal proprio intento. Con questo libro, Coelho conclude la trilogia di cui fanno parte Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei e Veronika decide morrer, filo conduttore della trilogia è la sfida che i protagonisti si trovano ad affrontare improvvisamente con l’amore, la morte e il potere e, tutto ciò avviene nell’arco di una settimana della loro vita.

59

Coelho, Paulo, O Demónio e a Senhorita Prym, Rio de Janeiro, Editora Objetiva, 2000 (tr. it. a cura di Rita Desti, Il Diavolo e la Signorina Prym, Milano, Bompiani, 2000, p. 69).

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Coelho descrive un arco di tempo così breve nella vita dei personaggi perché le trasformazioni profonde che caratterizzano gli esseri umani e la società in generale, avvengono in periodi di tempo molto ridotti: Ho sempre creduto che le trasformazioni profonde, sia nell’essere umano che nella società, avvengano in periodi di tempo estremamente ridotti. Quando meno ce lo aspettiamo, la vita ci pone davanti una sfida, per provare il nostro coraggio e la nostra volontà di cambiamento. In quel momento, non serve fingere che non stia accadendo nulla, o scusarci dicendo che non siamo ancora pronti. La sfida non attende. La vita non guarda indietro. Una settimana è un periodo di tempo più che sufficiente per decidere se vogliamo accettare o no il nostro destino.60

I.5.11. Onze Minutos. Onze Minutos è scritto da Paulo Coelho ma «dettato» da Maria, giovane protagonista del libro che, dopo aver incontrato un impresario teatrale a Copacabana, si lascia abbagliare dal miraggio di una vita diversa, lasciato il Brasile, seguendo la prospettiva seducente di un modo di vivere più facile, si trasferisce da Rio de Janeiro in Europa. Arrivata a Ginevra, dopo il tentativo di intraprendere una carriera come modella e di lavorare come ballerina di samba, si ritrova immersa nel mondo della prostituzione. Maria utilizza il suo corpo, con il solo obiettivo di guadagnare quanto le basti per tornare da vincente al suo paese e con quei soldi acquistare un’azienda agricola. No all’amore in questa parentesi di vita perché nulla, una volta tornata ad essere quella di prima la deve legare al suo presente da prostituta. 60

Ibidem, p.11.

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Gli undici minuti del «programma d’amore», questo il limitato arco di tempo dedicato da Maria per ogni incontro con i clienti, le permetterà di entrare in contatto con l’anima degli sconosciuti che incontra e di sviluppare la sua particolare conoscenza del mondo. E sarà proprio uno di questi uomini, il pittore Ralph Hart, ad aprirle le porte di una nuova consapevolezza. Nel suo nuovo romanzo Onze Minutos, Paulo Coelho continua la sua meditazione sulla vita, sull’animo umano e sulla spiritualità che è da sempre al centro dei suoi libri. Questa volta le sue riflessioni ruotano attorno al tema della sessualità, considerata uno strumento di conoscenza ed esplorazione di sé. Il sesso come mezzo di crescita che consente a Maria di conoscere il mondo e l’anima delle persone per comprendere il vero amore. Lo scrittore brasiliano affronta senza reticenze il tema del sesso in tutti i suoi risvolti, nella storia di Maria ci racconta come il sesso può diventare un cammino di conoscenza, infatti, nel libro la sua ricerca nelle passioni con tanti uomini le permetterà di incontrare un uomo che la aiuterà a trovare una nuova coscienza e percezione di sé61.

I.5.12. O Zahir. O Zahir è una parola araba che indica le nostre passioni profonde ma è anche il titolo dell’ultimo romanzo dell’autore brasiliano, in cui affronta il tema

61

Coelho, Paulo, Onze Minutos, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 2003 (tr. it. Desti, Rita, Undici Minuti, Milano, Bompiani, 2003).

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della crisi di coppia. O Zahir continua a spiegarci lo scrittore in un’intervista rilasciata al giornalista di Oggi:

E’ una parola araba non facilmente traducibile. Vuol dire «visibile, presente, incapacità di passare inosservato». Qualcosa o qualcuno che finisce per occupare a poco a poco la nostra mente, fino al punto che non riusciamo più a concentrarci su altro. O Zahir è un pensiero che all’inizio ti sfiora appena, poi finisce per essere la sola cosa che hai in testa.62

Nel romanzo, O Zahir dello scrittore è la moglie Esther con cui è sposato da dieci anni, Esther è una giornalista, una corrispondente di guerra che scrive articoli sui conflitti etnici, politici e religiosi che riguardano il mondo, tutto andava bene tra loro, fino a quando lei sparisce senza lasciare tracce, dando inizio all’intreccio della storia. La polizia vagliando le ipotesi di un sequestro, di un ricatto, di un rapimento seguito da un’uccisione avvia un’indagine, ma il marito conosce la risposta: Esther lo ha semplicemente abbandonato senza salutarlo, è uscita dalla sua vita e finisce con l’occupare la sua mente, i suoi interrogativi non lo lasciano in pace e finiscono per guidarlo in un viaggio alla ricerca di sua moglie scomparsa e di se stesso alla ricerca delle risposte e spiegazioni per capire quali sono gli errori che ha commesso nel suo matrimonio. La forza dell’amore, la ricerca del senso profondo della vita, la crescita personale, la scoperta della spiritualità: tutti questi temi tornano insieme nel nuovo libro dello scrittore brasiliano Paulo Coelho, pubblicato in anteprima mondiale nel nostro Paese. 62

Cfr. Sansonetti, Vincenzo, “Christina amore mio, per me sei il mio Zahir”, Oggi, aprile 2005, pp. 82 – 86.

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Come nei precedenti romanzi che gli hanno valso il successo internazionale, dall’Alquimista al più recente Onze minutos, l’autore ci conduce negli sconfinati territori dell’interiorità e del sentimento e, allo stesso tempo, ci racconta una storia di forte impatto emotivo con ambientazioni e personaggi di gran fascino e realismo. Ciò che colpisce sin dalle prime pagine è l’ispirazione autobiografica che caratterizza fortemente questa narrazione, il protagonista è infatti uno scrittore, mai chiamato per nome, che ha lasciato il suo paese d’origine e vive tra la Spagna e Parigi esercitando con successo la sua arte. La sua esistenza, anche se a volte piuttosto inquieta e movimentata dalle molte amanti, è ravvivata dal forte rapporto che lo lega alla moglie Esther, un amore burrascoso, ma intenso, giunto dopo tre matrimoni falliti. Nel viaggio che lo scrittore intraprende alla ricerca della moglie scomparsa, scopre che dietro la sua sparizione si cela la presenza di Mikhail, un giovane misterioso originario di un paese tanto lontano quanto sconosciuto: il Kazakistan. Spinto da un sentimento potente e ambiguo, che riunisce passione e risentimento, amara rassegnazione e desiderio di rivalsa, lo scrittore, aiutato dal destino che non smette di tessere le sue trame imperscrutabili, incontra Mikhail e con il suo aiuto, e con quello della nuova compagna Marie, intraprende un viaggio impegnativo fuori e dentro se stesso. Al termine di questo itinerario di crescita, che lo porterà fino alle immense steppe dell’Asia centrale, raggiungerà una nuova consapevolezza di sé e del mondo che lo circonda e scoprirà che la verità può essere anche diversa da quella che sembra. Paulo Coelho anche in questo romanzo attingendo dalle antiche

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tradizioni, proverbi leggende e miti, arricchisce e rende affascinante il contenuto di questo racconto, un libro caratterizzato da intense note di spiritualità, una storia di ricerca, riflessione e conquista interiore, in cui la finzione narrativa e l’esperienza personale e autobiografica dell’autore si confondono. O Zahir è anche il racconto di un amore travolgente, il cui titolo poetico è ispirato dalla passione totalizzante che guida ogni mossa del protagonista, il quale afferma: “Lo Zahir è un pensiero che all’inizio ti sfiora appena e finisce per essere la sola cosa a cui riesci a pensare. Il mio Zahir ha un nome e il suo nome è Esther”.63

63

Coelho, Paulo, O Zahir, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 2005 (tr. it. Desti, Rita, Lo Zahir, Milano, Bompiani, 2005).

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Capitolo II L’INFLUENZA DELLA PEDAGOGIA IGNAZIANA NELLA FORMAZIONE DI PAULO COELHO.

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Capitolo II L’INFLUENZA DELLA PEDAGOGIA IGNAZIANA NELLA FORMAZIONE DI PAULO COELHO.

II.1. Il progetto educativo di San Ignazio. La decisione di fondare un Ordine religioso non era stata da sempre nella mente di S. Ignazio di Loyola64. Con il piccolo gruppo dei suoi compagni, San Ignazio aveva deciso di servire Dio e il prossimo. La loro idea iniziale era di passare la propria vita prestando assistenza ai pellegrini cristiani, nell’ambiente ostile della Terra Santa. Quando questo piano si dimostrò impraticabile, nel 1537 il gruppo si

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Ignazio di Loyola: (Azpeitia, 1491 – Roma, 1556). Nato nel 1491 ad Azpeitia, la nobiltà della nascita lo aveva destinato alla carriera delle corti e delle armi. Il suo destino mutò in seguito alle gravi ferite riportate durante la difesa di Pamplona assediata dai francesi, che lo costrinsero alla resa e al trasporto immediato nel castello paterno a Loyola. Durante la convalescenza, dalla lettura di vite di santi, ebbe inizio il processo di riflessione che lo portò alla conversione. Nel 1522 inizia il suo lungo pellegrinaggio che lo porta da Aránzazu a Montserrat, qui depone le sue vesti cavalleresche e si reca a Manresa, dove per un anno conduce una vita di preghiera e penitenza, lì incomincia a scrivere il nucleo fondamentale degli Esercizi Spirituali. Nel 1523 senza mutare la sua condizione da pellegrino e di mendico, arriva a Barcellona per raggiungere Gerusalemme. In questa città egli sarebbe voluto rimanere, ma le autorità religiose del luogo lo costrinsero a rientrare a Venezia e, da Venezia si sarebbe recato nuovamente a Barcellona. Nella città spagnola cominciò a raccogliere un primo gruppo di compagni e ad impegnarsi negli studi umanistici, proseguiti poi nelle Università di Alcalá e di Salamanca, dove per la pratica degli Esercizi, di cui si faceva intanto promotore e diffusore, fu più volte sottoposto a interrogatori e processi da parte di vari inquisitori. Nel 1528, decise di trasferirsi a Parigi e si trattenne fino al 1535 e conseguì tutti i gradi del cursus accademico in filosofia fino al titolo di «magister in artibus». Il soggiorno parigino fu molto importante, perché fu proprio in questo periodo che intorno a San Ignazio si raccolsero e si formarono i compagni che avrebbero costituito il primo nucleo della futura Compagnia di Gesù. Cfr. Tellechea Idígoras, José Ignacio, Ignacio de Loyola solo a pie, Madrid, Ediciones Cristiandad, 1986, (tr. it. a cura di Maria Iris Gramazio, Ignazio di Loyola solo e a piedi, Roma, Edizioni Borla, 1990).

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presentò al Papa mettendosi al servizio del popolo di Dio per ogni necessità. Fu allora che presero la decisione di fondare un Istituto religioso. Nel 1538 il Papa Paolo III accetta la loro offerta e fu così che iniziò l’attività apostolica65. Dalla fondazione di case di studio per la formazione dei propri membri, il nuovo Ordine passò gradualmente all’ammissione di «non-gesuiti» alle lezioni. Di qui, il passo per arrivare all’istituzione di una scuola secondaria a Messina, nel 1547, e di altre scuole in seguito, fu breve66. La compagnia sorta sotto l’egida «No estudios», a sette anni dal riconoscimento pontificio cambiando rotta dimostrò la flessibilità di Ignazio e dei suoi primi collaboratori, essi avevano inteso come fosse importante una retta istruzione nel clero e nei laici poiché da essa poteva dipendere l’orientamento di molte anime67. Contemporaneamente

all’istituzione

dei

collegi,

era

necessario

provvedere all’ordinamento degli studi. Le Costituzioni68 della Compagnia di

65

L’approvazione della formula del nuovo Istituto della Compagnia di Gesù avviene definitivamente nel 1540 con la Bolla «Regimini Militantis Ecclesiae» del Papa Paolo III. Nel 1541 San Ignazio fu eletto all’unanimità, Preposito Generale della Compagnia e nel 1544 lavora alla redazione delle Costituzioni della Compagnia di Gesù, la stesura delle stesse verrà completata nel 1550, ma San Ignazio continuerà a correggerle fino alla morte, che arrivò il 31 luglio del 1556. Cfr. Ibidem. 66 Durante gli ultimi dieci anni della sua vita, Ignazio approvò personalmente l’apertura di 39 scuole. Di queste, 35 erano già in funzione prima della sua morte, avvenuta nel 1556. Cfr. Hans Kolvenbach S. J., Peter, Linee di pedagogia della Compagnia di Gesù, in Atti del Convegno Internazionale Messina 14-16/11/1991. Messina, ESUR Ignatianum, 1992, pp. 74 – 75. 67 Cfr. Papàsogli, Giorgio, Sant’Ignazio di Loyola, Roma, Edizioni Paoline, 1955, pp. 381–385. 68 Le Costituzioni: Capolavoro di organizzazione, detta in dieci parti, le norme della Compagnia secondo i seguenti argomenti: La prima parte tratta della scelta accurata dei candidati all’ammissione nella Compagnia, secondo «l’esame generale». La seconda del modo come dimettere con prudenza e carità, quelli che non si fossero dimostrati adatti alla Compagnia. La terza tratta del noviziato e della formazione spirituale dei novizi. La quarta descrive la formazione intellettuale e l’apostolato nel campo degli studi. La quinta parte presenta l’architettura interna dell’Ordine e le varie categorie dei gesuiti ammessi

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Gesù, elaborate da San Ignazio tra il 1541 e il 1556, dettavano in dieci parti le norme della Compagnia, secondo diversi argomenti. Nella parte IV si tracciavano a grandi linee i criteri per l’istruzione degli scolastici, rinviando per le determinazioni particolari ad un successivo trattato69, ma insieme concedendo ampia libertà di adattamento alle situazioni locali70.

II.1.1. La parte IV delle Costituzioni. La parte IV delle Costituzioni71 è distinta in diciassette capitoli e

definitivamente. La sesta dichiara le obbligazioni dei voti religiosi. La settima espone la pronta sottomissione al Papa e ai superiori, le opere apostoliche in bene delle anime e le missioni. L’ottava tratta del Governo della Compagnia e dell’unione dei singoli membri fra loro e con i superiori, l’obbedienza come vincolo unitivo. La nona parte è dedicata al Preposito Generale. La decima tratta dei mezzi da seguire per conservare ed accrescere la Compagnia. Cfr. Barbera, Mario, La Ratio Studiorum, con la Parte quarta delle Costituzioni della Compagnia di Gesù, Padova, Casa editrice Dott. Antonio Milani, 1942, pp. 8 – 9. 69 La redazione definitiva del Metodo e Ordinamento nei collegi della Compagnia di Gesù si ebbe con la Ratio Studiorum del 1599. Ibidem, pp. 35 – 46. 70 Cfr. Raffo, Giuliano, La Ratio Studiorum, Milano, Garzanti, 1989, p. 5. 71 La parte IV delle Costituzioni: è distinta in 17 capitoli: Cap. I. – Determina le prestazioni onorifiche, in segno di gratitudine, ai benefattori Fondatori dei Collegi ed ai loro eredi. Cap. II. – Tratta dell’amministrazione dei beni temporali dei collegi. Cap. III. – Tratta degli scolastici religiosi da istruire nei collegi, dopo il noviziato ed emessi i primi voti. Si possono ammettere studenti esterni, purché abbiano buone qualità morali e religiose con particolare riguardo alle condizioni economiche sfavorevoli degli studenti poveri. Cap. IV. – Tratta della cura della salute e delle pratiche spirituali degli scolastici religiosi. Cap. V. – Espone schematicamente gli studi dei corsi: umanistico, filosofico e teologico. Cap. VI. – Tratta del modo come far profittare negli studi: la retta intenzione alla gloria di Dio; rimozione degli impedimenti e distrazioni, moderando le devozioni e mortificazioni; ordine graduale negli studi; biblioteca; esercitazioni, dispute e saggi privati e pubblici; obbligo di parlare in latino; vigilanza del Rettore sugli studi avvalendosi di un censore. Cap. VII. – Tratta delle scuole pubbliche nelle quali si ammettono studenti esterni. Cap. VIII. – Si indicano i modi come avviare, esercitare e preparare i destinati al Sacerdozio ai ministeri: celebrazione della Messa, predicazione, amministrazione dei Sacramenti, direzione degli Esercizi Spirituali, insegnamento della dottrina cristiana. Cap. IX. – Tratta del tempo e circostanza in cui è necessario o conveniente togliere dal collegio o mandare altrove gli scolastici, che avviene terminati tutti i tre corsi. Cap. X. – Tratta del governo dei collegi. Cap. XI. – Espone le condizioni, secondo le quali la Compagnia può ammettere le fondazioni di Università con potere di conferire gradi accademici. Cap. XII. – Tratta delle scienze da insegnare in questa Università : la teologia con le scienze e lingue ausiliari rispettive; la filosofia e le scienze naturali, le lettere umane latine e greche. Cap. XIII. – Tratta del modo o metodo d’insegnamento e di studio nelle facoltà dell’Università. Cap. XIV. – Tratta dei libri di testo. Cap. XVI. – Indica, per gli studenti esterni che frequentano l’Università della Compagnia, i

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riguarda principalmente la formazione letteraria e scientifica degli studenti della Compagnia in ordine al ministero sacerdotale, ed in secondo luogo, degli studenti esterni ammessi alle scuole insieme con i religiosi dell’Ordine. La parte IV delle Costituzioni non è un codice completo e sistematico di pedagogia, ma è semplicemente il frutto dell’esperienza personale e accademica di San Ignazio, raccogliendo le sue osservazioni e riflessioni. La parte IV delle Costituzioni ignaziane sono come una legge organica dell’insegnamento nella Compagnia, dove sono stabiliti i capisaldi della formazione degli studenti, dell’ordinamento degli studi e del governo dei Collegi e di una Università, a somiglianza specialmente dell’Università di Parigi, nei tre corsi: umanistico, di arti o filosofico e teologico72. San Ignazio ebbe un alto concetto della cultura umanistica e dello studio del latino, per il suo valore formativo e come fondamento a tutti gli altri studi e ad una solida cultura, il «modo Parisiense», da San Ignazio, per propria esperienza, ritenuto il migliore e, perciò da lui raccomandato ad altri, consisteva principalmente in due caratteristiche metodiche. La prima: la distinzione graduale delle classi e dei corsi, per cui gli alunni attendevano ad una cosa alla volta, progredendo ordinatamente. La seconda: i professori prendevano cura particolare degli alunni con molteplici e assidue esercitazioni. San Ignazio, nel capo XIII della quarta parte delle Costituzioni, stabilì punti principali riguardanti: le pratiche religiose, i buoni costumi e la disciplina. Cap. XVII. – San Ignazio tratta degli officiali delle Università della Compagnia, nelle quali ammette tre facoltà: di Lingue, di Arti e di Teologia. Gli officiali sono: il Rettore, il Cancelliere, il Segretario, il Notaio, i Decani delle tre facoltà, quattro Consiglieri o Assistenti, il Collaterale ed il Censore, tutti della Compagnia, due bidelli, persone esterne alla Compagnia. Cfr. Barbera, Mario, op. cit., pp. 16 – 21. 72 Ibidem, p. 16.

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che vi fossero maestri per ciascuna classe, «secondo le capacità e il numero degli uditori, i quali procurino in modo speciale il profitto di ciascuno degli scolastici, chiedano conto delle lezioni e se le facciano ripetere», e li esercitino in tutti i modi73. Le esercitazioni sulle quali insiste San Ignazio in tutta la parte VI della quarta parte delle Costituzioni sono descritte in modo tale da far rilevare che esse servono non solo ad imprimere bene nella memoria la lezione ma a far intendere all’esercitante che «deve lavorare per ottener quello che desidera»74. Le difficoltà che San Ignazio incontrò nei suoi studi gli avevano dimostrato che l’entusiasmo non era sufficiente per ottenere successo nello studio. I fattori importanti sono il modo in cui uno studente viene indirizzato e il metodo di insegnamento. L’intuizione ignaziana della «cura personalis» è il fondamento della pedagogia dei gesuiti, che intese avviare l’apprendimento e l’insegnamento delle materie umanistiche parallelamente alla formazione del carattere. Il piano degli studi come indicato nel capo XV della quarta parte delle Costituzioni, era incentrato sulla persona piuttosto che sugli argomenti da trasmettere. Ogni studente, inoltre, era messo in condizione di sviluppare e realizzare gli obiettivi proposti ad un ritmo proporzionato alle sue capacità personali e alle caratteristiche della sua personalità75. La «cura personalis» è un avere a «cuore» la realtà della persona, è un

73

Ibidem, p. 51. Ibidem, p. 24. 75 Cfr. Carmagnani, Rossana, Cura personalis e leadership di servizio: fondamento e progetto della pedagogia ignaziana, in Atti del Convegno Internazionale Messina 14-16/11/1991. Messina, ESUR Ignatianum, 1992, pp. 503 – 508. 74

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atteggiamento di ascolto e di accoglienza verso la persona, dei suoi bisogni più profondi e inespressi, nei quali abitano le sue debolezze e povertà, ma anche le sue speranze di riscatto e di crescita. San Ignazio aveva inteso l’importanza dei maestri nelle scuole, che dovevano essere preparati nei metodi di istruzione e nell’arte di educare, si preoccupava di formare uomini istruiti per lavorare al miglioramento di altri, ma intese che la cultura non era sufficiente a conseguire questo obiettivo se non fosse accompagnata a una buona formazione cristiana76. Il fine apostolico–religioso che San Ignazio aspirava dall’insegnamento era quello di portare l’uomo alla conoscenza e amore di Dio, sperando che gli alunni formati alla cultura e all’educazione arrivassero a essere nella vita professionale e sociale influenti leader al servizio della società, trasmettendo lo spirito che avevano ricevuto agli altri. Tutto l’insegnamento doveva essere ordinato al bene delle anime e quindi alla formazione morale e religiosa degli alunni, i principi dell’educazione cristiana erano chiari e ammessi secondo l’insegnamento e la tradizione della chiesa, dove tutto doveva essere ordinato alla gloria di Dio. Nella parte IV delle Costituzioni e nella Ratio Studiorum poi si ricorda sempre nelle regole dei Superiori, professori ed alunni lo stesso scopo: “promuovere la conoscenza e l’amore di Dio e delle virtù a Dio gradite e di dirigere a questo scopo tutti i loro studi”77. San Ignazio senza essere né un dotto né un pedagogista, fu un educatore di genio, poiché nelle Costituzioni, stabilì le norme della perfetta formazione 76 77

Cfr. Hans Kolvenbach S. J., Peter, op.cit., pp. 76 – 77. Cfr. Barbera, op. cit., p. 63.

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umanistica e di alta cultura per i membri della Compagnia, ed insieme con esse, in germe e di riflesso, i capisaldi della retta formazione cristiana, letteraria e scientifica della gioventù78.

II.1.2. La Ratio Studiorum. Nel 1599 si ebbe con la Ratio Studiorum79 la redazione definitiva del Metodo e Ordinamento nei collegi della Compagnia di Gesù. La Ratio Studiorum fu il primo documento pedagogico approvato e pubblicato dall’allora superiore generale Claudio Acquaviva, seguendo il desiderio espresso da Ignazio di Loyola l’ispiratore fondamentale del progetto. Nel cap. XIII. 2.A della parte IV delle Costituzioni, lo stesso San Ignazio accenna ad un trattato che dovrà comporsi sull’ordinamento particolareggiato degli studi: Questa costituzione ci rimette ad un ordinamento, approvato dal 78

Ibidem, p. 5. Il processo di elaborazione della Ratio Studiorum fu lento e sono numerosi i tentativi di raccogliere in un regolamento comune le norme per gli studi. Nel 1569 sotto il governo del P. Generale Francesco Borgia fu compiuto un primo trattato degli studi, la Ratio Borgiana, limitatamente agli studi umanistici o studi inferiori. Finalmente nel 1583, per mandato della congregazione Generale 4ª, il P. Generale Claudio Acquaviva istituì una commissione di sei padri provenienti da diverse province, che tenendo conto dei precedenti regolamenti particolari, elaborassero un piano degli studi comune, per garantire l’uniformità sia della dottrina sia del metodo di insegnamento. Il documento, dopo essere stato sottoposto alla revisione dei professori del Collegio Romano, fu stampato nel 1586 con il titolo Ratio atque institutio studiorum, “Metodo e ordinamento degli studi”, si compose di una serie di trattati che regolano gli insegnamenti superiori e quelli inferiori. La Ratio del 1586 è detta intermedia, perché doveva servire unicamente come base per la redazione di una Ratio definitiva, costituita, non più da trattati sulle singole discipline, ma da una raccolta di regole per i diversi uffici. Gli stessi padri che avevano redatto la Ratio 1586/B, composero il nuovo testo in forma di regole, Regulae officiorum, fra il 1589 e il 1590. La redazione definitiva della Ratio del 1599 è il risultato di una elaborazione che parte da quattro successive redazioni: le prime due hanno la forma di trattati sugli studi superiori e inferiori, mentre le altre due sono raccolte di regole pratiche per i diversi uffici. Cfr. Raffo, op. cit., pp. 6 – 9. 79

60

Preposito Generale, nel quale si tratterà a parte e nei singoli particolari delle ore, dell’ordine e del metodo delle lezioni e degli esercizi, tanto di composizioni (che devono essere corrette dai Maestri) quanto delle dispute in tutte le facoltà, e della recita di discorsi e di poesie; avvertendo soltanto che devono queste cose adattarsi ai luoghi, tempi ed alle persone; benché convenga avvicinarsi, in quanto si potrà, a quello ordinamento.80

Tutta la parte IV delle Costituzioni dà la base allo svolgimento ed alle applicazioni particolari, il passo citato dà le mosse alla compilazione della Ratio Studiorum. La Ratio Studiorum non è un trattato pedagogico e neanche un trattato didattico, per quanto sia tutta ordinata all’insegnamento ed alla scuola. E’ una raccolta di norme pratiche in forma di codice, in trenta capitoli di regole, per i Superiori, per i professori e per gli alunni. A capo stanno le regole del Provinciale, da cui dipendono i collegi della sua provincia e quelle del Rettore di ciascun collegio, ambedue responsabili di tutto l’andamento degli studi. In secondo luogo vengono le regole del Prefetto degli studi superiori, cioè del corso teologico e del corso filosofico e, quelle del Prefetto degli studi inferiori cioè del corso umanistico, i quali sovrintendono immediatamente sulle rispettive scuole. In terzo luogo, le regole dei Professori, prima quelle comuni a tutti, poi quelle proprie dei singoli per ciascuna classe. In queste regole dei professori è esposto l’orario, il programma e le esercitazioni per ciascuna classe. In quarto luogo sono stabilite le leggi per gli Esami finali e per le Gare

80

Cfr. Barbera, op. cit., p.104.

61

e Premiazioni. In quinto luogo stanno le regole per gli Scolastici della Compagnia e quelle per gli Alunni esterni. In sesto luogo, le regole dei Biennisti, cioè di quelli che compito il quadriennio teologico, attendono per un biennio a ripetere la teologia privatamente ed a perfezionarsi, quindi le regole dell’Assistente al maestro, detto Bidello, per ciascuna classe. Infine le regole per le Accademie. Il curricolo degli studi è così ordinato: Un collegio completo comprende tre corsi: l’umanistico di cinque anni, il filosofico di tre, il teologico di quattro. Il primo è detto di «studi inferiori», gli altri due di «studi superiori», diretti dai rispettivi Prefetti degli studi81. Il corso umanistico, comprendeva cinque anni ed aveva per scopo la formazione letteraria, il programma da svolgere era distinto in cinque classi: tre di grammatica, una di umanità ed una di retorica, che costituivano l’insieme degli studi elementari e medi. Nel corso umanistico, sempre gradualmente, dopo aver posto saldo fondamento nella grammatica latina, durante il triennio rispettivo, si passava nell’anno di umanità, al perfezionamento nell’uso della lingua latina, con proprietà, copia ed eleganza e, quindi, nell’anno di retorica, alla composizione oratoria e poetica, cioè alla perfetta eloquenza, dalla retorica lo studente poteva passare alle materie universitarie che erano la teologia e la filosofia. Il corso filosofico era svolto sul testo di Aristotele, secondo la mente di S. Tommaso, per tre anni. Nel primo: logica e introduzione alla fisica; nel secondo: fisica, la matematica su Euclide. Nel terzo: psicologia, metafisica e

81

Ibidem, p.52.

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filosofia morale. Il corso teologico durava quattro anni, per tutti e quattro gli anni, due professori insegnavano la teologia scolastica sul testo della Somma Teologica di S. Tommaso; due professori la teologia morale per due anni; un professore la S. Scrittura per due anni, un professore l’ebraico per un anno. Dal programma sopra accennato si rileva subito che tutta la formazione umanistica era fondata sulle lingue e gli autori classici, latini e greci, di queste lingue doveva acquistarsi la padronanza, non solo quanto alla correttezza grammaticale, ma altresì quanto alla proprietà, copia ed eleganza ed allo stile, sui modelli principali: Cicerone per la prosa e eloquenza, Virgilio ed Orazio per la poetica, in modo da poter scrivere e parlare bene in latino e, quanto al greco almeno da poter intendere e gustare gli autori.82 Questa formazione classica era comune nello spirito e nell’uso del tempo in cui fu compilata la Ratio, lo scopo della formazione era quello di conservare e tramandare l’eredità della cultura e, questa era in latino ed informata alla classicità. I gesuiti seguivano il sano principio pedagogico – didattico dell’unità dell’insegnamento formativo su una materia principale ed eccellente, quale era la lingua latina e, ad essa subordinare le discipline secondarie. Sull’efficacia pratica formativa di questo principio unitario, che dettava di non occupare la mente dei discenti in troppe cose, ma di applicarla ad una disciplina fondamentale, gli antichi maestri intuirono quello che è ora dimostrato dalla scienza moderna. Gli esperimenti e le osservazioni sulla

82

Ibidem, pp. 53 – 60.

63

«formazione spirituale», o «cultura formativa», dimostrano che l’istruzione metodica in una sola materia fondamentale, particolarmente il latino, svolge e perfeziona le facoltà umane da renderle più adatte allo studio delle altre materie, con grande profitto83. I gesuiti non crearono di sana pianta il loro metodo di formazione scolastica, ma scelsero il più ed il meglio dei metodi contemporanei e lo composero ed attuarono in sistema organico nelle loro scuole, benché accettassero francamente ed usassero quello che essi trovavano di buono negli altri, furono originali nel retto senso di questa troppo abusata parola. Essi non abbracciarono senza discernimento quello che avevano accolto, ma lo assimilarono e maneggiarono da maestri e da questa pratica attuazione che fiorì la Ratio Studiorum84.

II.2. La Compagnia del Gesù in Brasile. Scoperto per caso nel 1500 da Pedro Alvarez Cabral, il Brasile fu per lungo tempo una conquista di cui i portoghesi ignorarono l’enorme ricchezza. La Spagna e il Portogallo, Stati che governavano ed orientavano realmente la Chiesa, identificando il Cristianesimo con la Civiltà, fecero delle loro conquiste politiche altrettante conquiste religiose, costituendo quello che è considerato il continente più cattolico del mondo85. Spagna e Portogallo appoggiarono sempre efficacemente con denaro ed 83

Ibidem. Ibidem, pp. 49 – 65. 85 Cfr. Iori, Vanna, Chiesa, struttura politica e lotte sociali in Brasile, Milano, Jaca Book, 1972. pp. 33 – 34. 84

64

anche con la loro potenza le missioni nei territori coloniali, anche perché l’evangelizzazione, procedendo di pari passo con la civilizzazione, era un ottimo strumento per consolidare sempre più l’assoggettamento politico ed economico di queste popolazioni. L’evangelizzazione fu assunta come titolo fondamentale e giuridico per la colonizzazione e sempre più da questa stretta fusione tra Stato e Chiesa doveva nascere, anche per debolezza della Sede Romana, una completa sottomissione dell’opera religiosa ai fini amministrativi ed economici86. I missionari venivano inviati numerosi, su decisione del re di Portogallo, soltanto nei periodi economicamente felici per la colonia, in quanto servivano per procurare indigeni «convertiti», cioè mano d’opera per lo sfruttamento agricolo o minerario. Il movimento di catechizzazione, iniziato assai modestamente dai francescani e dal clero secolare crebbe di proporzione grazie alle spedizioni di Gesuiti iniziate nel 1549 con i padri Manuel Nóbrega, Anchieta, Navarro ed altri ordini che accanto a loro lavoravano efficacemente, come i Benedettini, i Carmelitani e i Cappuccini. Essi si occuparono dell’alfabetizzazione, costruirono scuole e collegi, strade e Chiese ed inoltre indussero gli indigeni a riconoscere la sovranità del re di Portogallo. In tal modo ne protrassero la libertà contro la cupidigia dei coloni, conquistatori avidi e duri che sfruttavano spesso senza ritegno gli indigeni riducendoli in schiavitù. Il sistema della «encomienda», col quale si mettevano gli Indios al

86

Ibidem, p. 34.

65

servizio dei Portoghesi come mano d’opera, imponeva a questi, precise norme per il trattamento umano, ma i conquistadores, attenti solo allo sfruttamento delle loro nuove terre, distruggevano spesso quanto i missionari avevano costruito. In questa lotta contro lo schiavismo si distinse l’eccellente figura del gesuita Padre Vieira, difensore degli Indios, che prese a cuore la loro libertà. I coloni, mal adattandosi alla libertà degli Indios, entrarono ben presto in conflitto con Padre Vieira e successivamente continuarono a cospirare contro i Gesuiti. Il permanente conflitto tra i missionari ed i coloni sul modo di trattare gli indigeni causarono anche l’intervento di Papa Paolo III87, ma gli abusi dei conquistadores continuarono. Fin dall’inizio i Gesuiti ed altri ordini svolsero la loro opera con spirito veramente evangelico, aprendo la via ad un'autentica liberazione dell’uomo. Alle rivolte degli schiavi negri e degli Indios vi parteciparono numerosi sacerdoti, spesso ne furono gli animatori, ma tali sommosse furono sempre represse in modo molto crudele dall’amministrazione portoghese88. Nel 1759 voluta dal Marchese di Pombal, avvenne l’espulsione89 dei

87

Papa Paolo III con la bolla “Unigenitus” del 1715 dichiarò gli Indios uomini capaci di vivere liberamente e di possedere, proibì sotto pena di scomunica la schiavitù, ma gli abusi continuarono ancora poiché i conquistadores non temevano affatto la scomunica papale, inoltre ritenevano gli Indios incapaci di elevarsi spontaneamente alla fede ed alla libertà. Ibidem, p. 36. 88 Ibidem, p. 38. 89 La soppressione della Compagnia di Gesù venne decretata dal Papa Clemente IV nel 1773, ma negli anni precedenti a questa data, i Gesuiti furono osteggiati e allontanati nel 1759 dal Portogallo e Colonie, nel 1762 dalla Francia e infine nel 1767 dalla Spagna e dal Regno di Napoli e delle Due Sicilie. In seguito a queste misure, infatti, i nemici della Compagnia mirarono ad influire con forza sempre maggiore sul Papa fino a costringerlo a sopprimere definitivamente nel 1773 la Compagnia in tutto il mondo. I diplomatici portoghesi e le corti borboniche formarono un unico fronte contro il papato. In seguito vennero coinvolte tutte le

66

gesuiti, la chiesa brasiliana fu definitivamente prostrata, la vita religiosa ristagnò, gli Indios si videro privati dei loro difensori ed apostoli, riprese vita lo schiavismo e furono chiuse centinaia di scuole.

II.2.1. Le prime scuole: un’iniziativa dei Gesuiti. Come già si disse, le prime scuole in Brasile furono create dai Gesuiti. Già nel 1549 padre Nóbrega arrivò a formulare, nelle sue linee generali, un possibile sistema educativo che partiva dalla scuola, in cui si insegnava a leggere e a scrivere, fino agli studi filosofici e teologici90. All’inizio, però, la preoccupazione educativa fu, soprattutto, legata a quella catechetica, per cui le prime scuole elementari in Brasile furono organizzate per servire come mezzo di catechesi dei bambini Indios e in seguito esse passarono a servire anche bianchi e mulatti91. La scuola nacque così totalmente aperta dal punto di vista sociale. I padri gesuiti, però, incontrarono moltissime resistenze da parte dei forze cattoliche con azioni più decise, come nel caso della Spagna, della Francia e di Napoli, che richiesero esplicitamente l’estinzione della Compagnia, o con interventi più blandi, come nel caso dell’Austria, che si limitò ad acconsentire tacitamente. Il Papa Clemente IV esortò i diplomatici alla pazienza e chiese tempo. Egli si rese conto di essere il Papa non solo dei regni borbonici, ma anche delle terre in cui la Compagnia era popolare ed amata, perciò comprese l’enormità di quanto si voleva compiere, si trattava di demolire, improvvisamente, un’organizzazione tanto strenuamente difesa dal suo predecessore, ma tuttavia non poteva continuare a rimandare per sempre la soppressione. Il Vaticano temeva che il Portogallo, la Spagna e la Francia potessero prendere la via percorsa da Enrico VIII di Inghilterra, perciò il sacrificio della Compagnia aiutò a mantenere vicine alla Santa Sede nazioni importanti, ma i Gesuiti, nonostante tutto, continuarono ad essere fedeli alla loro vocazione di servire la Chiesa persino nel momento della loro morte. Cfr. Bangert, William E., A History of the Society of Jesus, St. Louis, The Institute of Jesuit Sources, 1986 (tr. it. a cura di Caruso Rocca, Marilena, Storia della Compagnia di Gesù, Genova, Marietti Editore, 1990, pp. 418 – 425). 90 Nóbrega, Manuel da, Cartas do Brasil, Itatia-Ed. Univ. de São Paulo, Belo Horizonte-São Paulo, 1935. 91 Cfr. Acerboni, Lidia, La filosofia contemporanea in Brasile, Milano, Casa editrice Vita e Pensiero, 1968, p. 28.

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colonizzatori in questa loro opera educativa, perciò orientarono i loro sforzi verso l’insegnamento secondario, vedendo in esso la possibilità di formare i leader civili o laici del cattolicesimo, oltre chierici o preti. Nacquero così i collegi «per l’insegnamento delle lettere e delle arti liberali»: essi “furono praticamente, gli unici fulcri di cultura intellettuale che il Brasile possedette durante i tre secoli di vita coloniale e rappresentarono la base di formazione delle prime elite brasiliane nei primi decenni di costituzione della nazione”.92 I

Francescani,

dal

canto

loro,

continuarono

a

preoccuparsi

dell’educazione di base, arrivando fino ad aprire, con l’aiuto di congregazioni femminili, scuole di economia domestica. A metà del secolo XVIII i Gesuiti avevano in Brasile 17 Collegi e Seminari: fra questi i più importanti furono quelli di Rio de Janeiro e di Bahia, in quanto possedevano corsi completi di «umanidades», filosofia, teologia e scienze religiose. I

Gesuiti

monopolizzarono

l’insegnamento

per

molto

tempo,

preservandolo dalle innovazioni scientifiche e dalla comprensione della realtà coloniale, basandosi sulle Costituzioni del 1552 e sulla Ratio et Institutio Studiorum Societatis Jesu del 1586-91, mirarono a produrre un sapere teorico e medievale d’accordo con le linee del Concilio di Trento93, come si può rilevare

92

Ibidem, p. 28. Concilio di Trento: Il 13 dicembre 1545 si aprì a Trento il XIX concilio ecumenico, convocato dal pontefice Paolo III per discutere dei dogmi della Chiesa e della Riforma. Oltre a risolvere questioni dottrinali e disciplinari di grande rilievo per i cattolici, il concilio diede alle autorità ecclesiastiche la percezione di una coesione e di una prospettiva unitaria essenziali per la nuova vitalità della Chiesa, che durante la Controriforma ottenne gli strumenti efficaci per dar vita a un reale rinnovamento. Il papa incoraggiò la formazione e l’azione di ordini nuovi, come ad esempio i teatini, i cappuccini, le orsoline e specialmente i gesuiti che, con il loro 93

68

nella seguente: Segundo Baeta Neves, nas escolas jesuíticas, o latim era a língua do saber e do sagrado, sacralizava a palavra, dava autoridade ao saber. O português era permitido nos recreios e feriados. Aos sábados, havia disputas intelectuais entre os estudantes e ganhava quem mostava mais verbo, mais oratória. Era importante ouvir o professor e acumular conhecimento. A repetição era o modo usual de aprender. A disciplina era rigorosa, mas a aplicação do castigo não era tarefa do jesuíta e sim de um corretor. A sabatina era um momento tenso, cenarizado, ritualizado. Com efeito, foi no proselitismo missionário que a rigidez da educação jesuítica cedeu em favor de uma flexibilidade que a “práxis” fez necessária. Resumindo, o colégio jesuítico era um local de saber e intimidação (ou do saber enquanto intimidação), portanto, de autoridade e repressão.94

L’espulsione della Compagnia di Gesù nel 1759 ad opera del marchese di Pombal, ebbe alcune conseguenze: Criou-se a Diretoria Geral dos Estudos (antepassado pré-histórico do Ministério da Educação) e o “subsídio literário”, imposto recolhido pelas Câmaras Municipais para financiar as Aulas Régiais. Além disso, outras ordens religiosas entraram no ensino e criaram escolas (como os lazarista, que instituíram em Minas Gerais, em 1820, o célebre Colégio do Caraça). Ocorreu também uma diversificação a nível das disciplinas, incluindo algumas não contempladas pelo currícolo jesuítico, como a Língua Hebraica. O fato dos jesuítas terem perdido o terreno na ação pedagógica ideológica levou Delgado de Carvalho a lamentar – não questionando evidentemente a que servia semelhante programa.95

Pombal formulò un piano educativo, in cui si ridava valore alla scuola di tipo primario e si tentava una riforma della scuola di tipo secondario: egli pensò dapprima di realizzare il suo piano servendosi esclusivamente di laici, ma “quel che si dovette fare, perché il piano non si trasformasse in un completo

impulso al rinnovamento dell’educazione e il fervore catechetico dell’opera missionaria, conferirono nuovo vigore alla trasmissione della dottrina cristiana e all’apostolato. Cfr. Brancati, Antonio, Civiltà nei secoli 1, Firenze, La Nuova Italia, 1989. 94 Cfr. Lopez, Luiz Roberto, Cultura Brasileira das origens a 1808, Porto Alegre, Revista da Faculdade de Filosofia. Univ. Federal do Rio Grande do Sul, 1988, pp. 33 – 34. 95 Ibidem, p. 34.

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fallimento, fu restituire il compito educativo alla Chiesa”.96 Dal 1774 i frati Francescani, in accordo con la Riforma, aprirono vari corsi in Brasile, il paesaggio scolastico acquistò, così, maggior varietà di aspetti attraverso le scuole con corsi graduati e sistematici, che i Francescani organizzarono. Ma quanto all’aspetto dell’universalità dell’insegnamento, cioè dell’educazione per tutti, il piano di Pombal non riuscì a fare di più dei Gesuiti97.

II.2.2. L’influenza dei Gesuiti nella cultura brasiliana. E’ necessario riflettere su alcuni aspetti dell’azione gesuitica per comprendere il Brasile di oggi, perché i padri della Compagnia di Gesù scatenarono dei processi che contribuirono in maniera determinante alla formazione culturale del Brasile. Dell’influenza culturale dei Gesuiti, c’è ne parla abbondantemente Sílvio Castro nella sua História da literatura brasileira, che comprende una serie di riflessioni sull’azione dei gesuiti: Dentro da perspectiva da história literária, alguns aspectos significativos da ação jesuítica podem ser ressaltados, porque é inegável que os padres da Companhia de Jesus contribuíram de forma importante para a formação do Brasil, inclusive porque no litoral, onde também estiveram, ministraram o ensino aos bem-nascidos da colônia. Subsiste, naturalmente, a dúvida sobre o tempo em que tal ação cultural pode se ter 96 97

Cfr. Acerboni, Lidia, op. cit., p. 29. Ibidem, p. 29.

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processado, se ainda restam vestígios dela ou se é um fato que se restringe praticamente à época colonial. Dentro dessa preliminar, cumpre desde já assinalar que praticamente tudo que aconteceu no Brasil colonial até 1822, de uma maneira ou de outra, ainda é encontrável no Brasil de hoje, pois o ocorrido nesse período foi tão essencial à história do país, que seria precipitado dizer que, após a independencia, a mudança teria sido tão grande que os vestígios da fase anterior teriam todos desaparecido (...). Se estes problemas ainda estão aí, isso significa que o Brasil de tantos séculos ainda está presente no Brasil de hoje e que o tema da ação cultural dos jesuítas deve ser investigado.98

Molto interessante è la posizione di Manuel Diegues Júnior, che in Etnias e Culturas no Brasil, sostiene come i portoghesi ed i gesuiti influirono notevolmente nella cultura della nazione indigena dei “tupinambá” e pone in evidenza quali furono gli effetti di questo contatto: tipo de construção, gêneros de alimentação, processos de caça e pesca, de agricoltura, de tecelagem, de fabbrico de cestas, de instrumentos de música, mitos, lendas, práticas religiosas e magícas, receitas, atividades recreativas, música, palavras de linguagem corrente.99

Riguardo all’adattamento e compatibilità dei portoghesi e dei gesuiti con i neri e gli indigeni, che rese il Brasile un prolungamento della patria europea, è interessante la posizione di Sérgio Buarque de Hollanda: Il popolo portoghese entrò in intimo e assiduo contatto con la popolazione di colore. Più di ogni altro popolo europeo si adattava docilmente al prestigio comunicativo dei costumi, della lingua e delle sette degli indigeni e dei negri. Si americanizzava o si africanizzava a seconda del bisogno. “Divenne negro”, secondo una espressione consacrata della costa d’Africa. La stessa lingua portoghese (…) sembra sia stata accolta con particolare simpatia da parte di molti di questi uomini rudi (…) Il portoghese risultava familiare a molti di loro. L’esperienza evidenziò alla fine che la sua utilizzazione in sermoni e prediche dava risultati ben soddisfacenti (…) I Gesuiti si servivano della

98

Castro, Sílvio, História da literatura brasileira, Lisboa, Publicações Alfa, 1999, pp. 116 – 117. 99 Ibidem, p. 117 in Diegues Junior Manuel, Etnias e Culturas no Brasil, Biblioteca do Exército, Rio de Janeiro, 1980, p. 68.

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língua geral100 per catechizzare gli indigeni, compresi i tapuias.101

A quanto detto sopra si aggiunge, a favore dei portoghesi, l’assenza in loro di un qualsiasi orgoglio di razza, come risultato di tutto ciò, il meticciato rappresentò certamente un elemento significativo della stabilizzazione nell’ambiente tropicale. Fu, in parte grazie a questo processo che i portoghesi poterono, senza sforzo sovrumano, costruire una nuova patria lontano dalla loro; anche i Gesuiti servendosi della língua geral seppero adattarsi molto bene all’ambiente tropicale e nell’addottrinamento religioso riuscirono ad ottenere degli ottimi risultati, sia tra i nativi, prima, che tra gli africani, dopo102. La riflessione che alcuni antropologi hanno aperto riguardo il contatto che i Gesuiti e i portoghesi hanno avuto con le popolazioni di colore e la popolazione locale fa discutere in che modo questa azione abbia trasmesso elementi culturali nascosti o impliciti e in che modo questi si siano installati permanentemente in Brasile. Chiarificante è il lavoro dell’antropologo Thales de Azevedo Cultura e Situação Racial no Brasil: Tendo em mente as recentes revisões dos conceitos utilizados na análise do processo de mudança de cultura resultante do contato entre sociedades con culturas diferentes, valeria a pena reexaminar o método da conquista espiritual a começar pelos princípios seus inspiradores. As fontes do método de catequese adotado no Brasil colonial pelas ordens e congregações religiosas na diversas fases em que atuaram e em face dos grupos culturais com os quais se ocuparam são um dos temas que estão a pedir exame, tanto por seu interesse histórico quanto pela natureza dos 100

Si tratta della lingua tupi-guarani, detta anche “lingua generale del Brasile”. Cfr. Hollanda, Sérgio Buarque de, Radici del Brasile, José Olimpio, 1956 (tr. it. Avella, Aniello Angelo, Firenze, Giunti, 2000, p. 76). 101 Ibidem, pp. 75 – 76. 102 Ibidem, p.77.

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processos de dinâmica cultural que desencadearam.103

Per comprendere l’influenza dell’azione culturale dei padri della Compagnia di Gesù, soprattutto nella cultura risultante dal contrasto interetnico del periodo coloniale, è necessario sollevare le motivazioni ideologiche del loro metodo di attuazione, senza che si possano oggettivamente identificare gli elementi della cultura che possono aver determinato104. Se si analizza l’azione di catechizzazione, i Gesuiti furono un prodotto della Contro-Riforma, questo nuovo ordine religioso sorge, entro l’orizzonte confuso e fumoso del Cinquecento, tra i bagliori burrascosi del protestantesimo e le luci della Controriforma cattolica. I Gesuiti ci appaiono come una poderosa transenna atta a difendere le antiche glorie della Chiesa Romana dalle fiamme che la minacciavano, essi facendo voto d’obbedienza al Papa105 partirono verso ogni parte del mondo che questi comandava, per predicare il vangelo, apportando un’azione di restauro e di rinnovamento di cui la Chiesa in quel momento aveva bisogno, una strategia corrispondente a necessità che prima non esistevano. Ciò spiega il successo che la Compagnia ottenne nella seconda metà del

103

Cfr. Castro, Sílvio, op. cit., p. 118 in Azevedo, Thales de, Cultura e Situação Racial no Brasil, Civilização Brasileira, Rio de Janeiro, 1966, p. 141. 104 Ibidem, p. 118. 105 Ignazio di Loyola volle fondare un Ordine con caratteristiche militari, sia nella forma sia nella disciplina richiesta agli aderenti a questa “Societas Jesu”, che non vive isolata in conventi ma milita nelle attività sociali: il primo requisito era l’obbedienza che doveva essere cieca e assoluta proprio come quella di un soldato in battaglia. Questa vera e propria milizia ecclesiastica costituiva una sorta di guardia del corpo della Verità divina in terra e quindi era posta al servizio del Papa. Altri Ordini ecclesiastici furono fondati in quegli anni con lo stesso scopo di riserrare le file cattoliche contro la minaccia luterana, alcuni anche con finalità educative e scolastiche, come i Somaschi e i Barnabiti, nessuno ebbe però l’originalità d’impianto dei Gesuiti. Cfr. Santoni Rugiu, Antonio, Storia sociale dell’educazione, Milano, Principato Editore, 1987, p. 224.

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Cinquecento e durante tutto il Seicento, ciò spiega anche l’accanimento degli avversari e l’asprezza delle persecuzioni. Fu un sommo merito per San Ignazio aver saputo interpretare le esigenze più vitali dei suoi fratelli di secolo, ed aver creato un vivo e meraviglioso organismo, dall’articolazione potente e pronta, dedito al servizio e alla «maggior gloria» di Cristo106. Nel nuovo mondo appena scoperto, i Gesuiti riuscirono a realizzare la sfida della conversione

dei popoli infedeli applicando la visione del

Vangelo107. Tra i Gesuiti, come già detto precedentemente, troviamo due figure di spicco: Manuel de Nóbrega e José de Anchieta l’attività dei Gesuiti aveva un duplice campo di azione: le città sulla costa e le foreste interne. Anchieta rese piacevole tale trasformazione ideando gradevolissime rappresentazioni religiose e inni vivaci, espressivi e pieni di colore. Gli indios impararono a raccontare, a recitare e a suonare il flauto. Essi cantavano in chiesa il loro modo di essere. Anchieta senza averne una piena coscienza pose così le basi di una letteratura nazionale, mentre modellava il carattere spirituale dell’antico Brasile108. Altro aspetto rilevante delle missioni dei gesuiti, si può notare nelle prime «reducciones», la mentalità degli indios era troppo semplice per comprendere la complessa dottrina cristiana, arricchita dall’eredità Patristica e Scolastica, così essi afferrarono soltanto gli aspetti esteriori, formali e vi

106

Cfr. Papàsogli, Giorgio, op. cit., pp. 335 – 336. Cfr. Castro, Sílvio, op. cit., p. 119. 108 Cfr. Bangert, William E., op. cit., pp. 106 – 107. 107

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costruirono attorno tutta una serie di riti superstiziosi. Ancora oggi la maggioranza della popolazione cattolica fonda la sua religiosità sulle regole esteriori, sulle norme, sulle processioni, le Messe, le devozioni ai Santi109. Un aspetto molto importante questo della religiosità brasiliana che si ferma all’aspetto formale che la caratterizza tuttora e che è sfociato nel sincretismo110. Interessante la riflessione di Domingos Maurício Gomes do Souto, sull’azione culturale dei Gesuiti, che è trattata nel senso della formazione di altre persone e la colloca in una prospettiva che ha come preoccupazione la realtà di contatto culturale tra i Gesuiti e gli Indios. Domingos Maurício Gomes do Souto nel suo lavoro Balanço cultural dos jesuítas no Brasil, apre una riflessione sull’antichissima prospettiva in cui la “cultus animi” che significa “cultura dello spirito”, per estensione l’educazione umana come cultura spirituale, è la risultante della formazione pedagogica e scientifica delle persone che fecero parte della Compagnia di Gesù nel Brasile111.

109

Cfr. Iori, Vanna, op. cit., p. 39. Il fenomeno del sincretismo in Brasile è molto importante perché rispetto alle regioni ispano americane, il processo di sincretizzazione ha avuto un corso molto particolare, la diversità nasce dal complesso contesto culturale che si era venuto a creare con l’arrivo degli europei: il primo dato parte dalle culture aborigene, il secondo elemento parte dalla politica di evangelizzazione, l’importazione di schiavi neri per salvaguardare la libertà degli indigeni favorirono la continuazione dello sfruttamento degli schiavi e la supremazia delle credenze religiose importate dall’Africa. La realtà variegata di questa regione comportò perciò l’incontro non fra due, ma bensì fra tre culture, sebbene oggi la maggior parte della popolazione nera in Brasile abbia finito per accettare il Dio cristiano, i culti sorti dall’incontro tra cristianesimo e religioni tradizionali – macumba, umbanda e cadomblé – sono tutte manifestazioni di questo fenomeno sincretistico che non solo non sono accettate dalla Chiesa Cattolica ma sono anche combattute. Cfr. Albertazzi, Silvia, Vecchi, Roberto, (a cura di), Abbecedario postcoloniale, Macerata, Quodlibet, 2001, pp. 125 – 139. 111 Cfr. Castro, Sílvio, op. cit., pp. 114 – 116. 110

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Tuttavia la tematica dell’azione culturale dei Gesuiti è una questione ancora oggi non sufficientemente approfondita nella lunga storia degli studi sui padri della Compagnia di Gesù nel Brasile coloniale, ma da ciò che è stato detto finora è evidente come la formazione pedagogica fu determinante per la storia letteraria del paese, perché ciò che scatenarono i Gesuiti con la loro azione culturale si incontra ancora nella letteratura del Brasile di oggi112.

II.3. L’adattamento della Compagnia di Gesù al nuovo mondo politico.

L’attività educativa della Compagnia di Gesù dalla prima scuola di Messina del 1547, fino ad arrivare alle scuole gesuitiche di oggi, si

è

sviluppata in diverse parti del mondo, le linee pedagogiche hanno di fatto trovato applicazione in diversi contesti culturali e i Gesuiti nel corso del tempo hanno dovuto adattare le loro scuole agli ordinamenti, ormai molto diversi, nelle varie nazioni. Un adattamento del resto, previsto dalla prudenza dello stesso fondatore della Compagnia, il quale nella quarta parte delle Costituzioni stabiliva: “Nei particolari bisognerà che vi sia molta varietà, secondo le circostanze dei luoghi e delle persone”113. Tale principio dell’aggiornamento, lo ritroviamo anche nella rinata Compagnia – ristabilita da Pio VII nel 1814 – in cui si sentì il bisogno di introdurre nella Ratio alcune modificazioni, richieste dai tempi moderni e se ne 112 113

Ibidem, pp. 113 – 115. Cfr. Barbera, op. cit., p. 47, in Quarta parte delle Costituzioni: Capitolo 7, numero 2.

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approvò la proposta nella XX Congregazione Generale del 1820 mentre nella XXI Congregazione del 1829 fu compiuto l’adattamento che sfociò nella Ratio del 1832, che apre la via ad accogliere i programmi dei corsi umanistici moderni nelle varie nazioni. Le trasformazioni tecniche insieme agli studi metodologici del XX secolo, lo sviluppo culturale politico e sociale attuale, le necessità e aspirazioni intellettuali e vitali dei giovani e l’implicazione degli Stati in materia di educazione hanno stimolato, negli ultimi anni, azioni specifiche che sono state l’origine di riflessioni e lavori diversi in vari paesi, spingendo la Compagnia e i padri generali ad affrontare questi cambiamenti con decisioni dense di implicazioni spirituali e morali114. La risposta dei Gesuiti a misurarsi con le problematiche moderne fu generosa

ed intelligente e molto tempo prima che papa Giovanni XXIII

«aprisse le finestre», i Gesuiti avevano messo insieme un immenso deposito di ricerche e riflessioni che esprimevano lo spirito di aggiornamento, aiutando in tal modo a creare quel clima teologico e spirituale che avrebbe permesso al Concilio Vaticano II115 di assumersi difficili responsabilità116.

114

Cfr. AA. VV., El sistema educativo de la compañia de Jesus, la Ratio Studiorum, Madrid, UPCO, 1992, p. 46. 115 Concilio Vaticano II: 21° Concilio ecumenico della Chiesa cattolica, divenuto simbolo dell’apertura della Chiesa al mondo, fu convocato da papa Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959 e si concluse l’8 dicembre 1965 con il suo successore papa Paolo VI. Gli argomenti da trattare vertevano sui moderni mezzi di comunicazione, sulle relazioni tra cristiani ed ebrei, sulla libertà religiosa, sul compito dei laici nella Chiesa, sulla liturgia, sulle relazioni con gli altri cristiani e non-cristiani, credenti e atei, sui compiti del clero e sulla formazione sacerdotale. In un clima spirituale e di rinnovamento e di adattamento alle esigenze del mondo moderno, manifestando notevole senso storico e la consapevolezza che l’uomo del ventesimo secolo ha acquisito una doppia coscienza, personale e politica, i membri della Compagnia, secondo una ben fondata tradizione, derivante da San Ignazio e conservata nei secoli grazie alle lettere dei padri generali e agli scritti dei maestri spirituali della Compagnia, fecero presente al gesuita moderno l’obbligo fondamentale di essere un uomo di preghiera in intima unione con Dio. Nel 1965 si riunì la XXXI congregazione generale per l’elezione del padre generale e per dirigere la Compagnia verso gli orizzonti aperti dal Concilio. L’uomo scelto dalla congregazione il 22

77

Ciò che rimane però immutato nel tempo è lo spirito ed il metodo dei gesuiti, i principi generali e fondamentali della pedagogia ignaziana sono tutti, o quasi tutti, desunti dagli Esercizi Spirituali117, il testo che ha lo scopo dichiarato di portare a vivere nella volontà di Dio e a fare tutto per la sua maggiore gloria. Lo stesso San Ignazio scrive che essi: “sono tutto il meglio che io in questa vita possa pensare, sentire e comprendere sia per il progresso personale di un uomo, sia per il frutto, l’aiuto e il profitto rispetto a molti altri”118. Come a dire che gli Esercizi Spirituali sono opera pedagogica, che mira maggio 1965 fu Pedro Arrupe, egli si adattava perfettamente all’ideale di apertura e alle necessità universali della chiesa, in tutta la storia della Compagnia non vi era mai stato un padre generale capace di apportare al proprio compito l’ampiezza di esperienza e conoscenza del mondo come lui. Arrupe mise in evidenza che l’istruzione, come tutti gli altri ministeri della Compagnia dovesse essere studiata e organizzata in funzione dei problemi sociali e descrisse la formazione degli “uomini per il prossimo” come uno dei principali obiettivi dell’opera educativa della Compagnia. Il Concilio e la XXXI congregazione generale avevano messo in evidenza la necessità di un impegno ecumenico più attivo e questo spirito si diffuse in molti Paesi. Nel 1966 a Loyola 44 gesuiti si riunirono per dieci giorni in un congresso internazionale sugli Esercizi Spirituali, obiettivo principale era lo studio degli Esercizi alla luce degli insegnamenti del Concilio. Nel 1967 i Gesuiti indiani diedero vita al più grande coinvolgimento della Compagnia all’ecumenismo, essi unirono protestanti e cattolici per collaborare nel campo dell’educazione cristiana. Negli Stati Uniti nel 1968 i dieci provinciali fondarono il seminario dell’Assistenza americana sulla spiritualità gesuita. Dopo l’elezione di padre Arrupe, in America Latina la Compagnia furono aperte tre nuove università, portandone il numero totale a 23. In Spagna nel 1968 i Gesuiti fondarono una speciale organizzazione: Fe y Secularidad, risposta al mandato di Paolo VI alla Compagnia di occuparsi dell’ateismo contemporaneo. Cfr. Bangert, William E., op. cit., pp. 527 – 539. 116 Ibidem, pp. 526 – 527. 117 Esercizi Spirituali: Sotto il nome degli Esercizi spirituali è indicato sia il libretto scritto da San Ignazio sia l’esperienza che lo ha generato o che esso guida a fare. Storicamente il piccolo volume presuppone come matrice l’iter di conversione che il santo basco percorse dal letto della convalescenza di Loyola al pellegrinaggio che da Aránzazu e Montserrat lo condusse a Manresa, dove per un anno condusse una vita di preghiera e penitenza e lì incominciò a scrivere il nucleo fondamentale degli Esercizi Spirituali. Il testo approvato dalla Chiesa fin dal 1548, mantiene la sua attualità in quanto rimane legato alle realtà e ai valori più essenziali dell’uomo nel mistero del suo destino soprannaturale e terreno. Gli esercizi non sono un libro comune e non sono stati scritti per esser letti. Sono delle esperienze e, quindi solo vivendoli potremo sapere quel che veramente sono e quel che vogliono, si tratta di farli. L’itinerario degli esercizi è articolato in quattro settimane, ogni tappa è strettamente connessa con la precedente e la seguente, la logica degli Esercizi è forte, indicano una via da seguire, hanno un punto di partenza e un punto di arrivo e il fine ultimo è quello di cercare di conoscere e di fare la volontà di Dio. Cfr. Loyola, S. Ignazio, Esercizi Spirituali, Roma, Stella Matutina Editrice, 1975 (tr. it. a cura di Insolera, P. Vincenzo S. I.). 118 Schiavone, Pietro, Pedagogia e via ignaziana, in Atti del Convegno Internazionale Messina 14-16/11/1991. Messina, ESUR Ignatianum, 1992, p. 591.

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alla formazione di uomini e donne per gli altri, di persone adulte, capaci di porsi a servizio di Dio e del prossimo.

II.4. Coelho: il risultato della formazione ignaziana. Paulo Coelho frequentò il collegio gesuitico, di «São Inácio» a Rio de Janeiro e vi rimase fino al liceo, seguendo i rigorosi insegnamenti impartiti dai padri gesuiti119. Nel periodo in cui Coelho frequentò il Collegio (1954 – 1964), la Compagnia era stata testimone di avvenimenti storici di enorme portata che sconvolsero il mondo e scossero la sua stessa struttura. I padri generali Ledóchowski e Janssens120 indirizzarono i membri della Compagnia verso il lavoro faticoso e l’energico attivismo e fecero presente al gesuita moderno l’obbligo fondamentale di essere un uomo di preghiera in intima unione con Dio.

119

Cfr. Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., p. 11. Nei primi sette decenni del ventesimo secolo, i padri generali della Compagnia: Wlodzimierz Ledóchowski (1915-1942) e Jan Baptist Janssens (1916-1964) furono testimoni di avvenimenti storici che sconvolsero il mondo e scossero la struttura della Compagnia. Come tutto il continente, le Province in Europa subirono gravi ferite durante le due guerre mondiali e gli anni seguenti. Nel 1932 la repubblica spagnola interruppe l’apostolato pubblico della Compagnia nel Paese, non riconosciuta legalmente. Durante e dopo la seconda guerra mondiale la conquista da parte della Russia degli stati baltici e il dominio sull’Europa centrale mutilò ed eliminò, dieci tra Province, Viceprovince e missioni della Compagnia. Al di fuori dell’Europa la travolgente vittoria dei comunisti in Cina abbatté in un solo colpo il duro lavoro di un secolo. In Africa e in Asia le nuove nazioni, controllando l’istruzione, crearono delicati problemi per i missionari, che consideravano le scuole strumenti chiave per il loro apostolato. Entrambi i padri generali affrontarono con decisione i cambiamenti apportati nella società dalla rapida evoluzione della scienza, dell’industria e della tecnologia. Le loro direttive spinsero la Compagnia ad affrontare questi problemi mondiali densi di implicazioni spirituali e morali. Cfr. Bangert, William E., op. cit., pp. 525 – 526.

120

79

La risposta dei Gesuiti al volere dei superiori di misurarsi con le problematiche fu generosa ed intelligente, essi avevano messo insieme un immenso deposito di ricerche e riflessioni che esprimevano lo spirito di aggiornamento, ad affrontare questi problemi mondiali densi di implicazioni spirituali121. La situazione politica del Brasile nella prima metà del ventesimo secolo si presentava estremamente instabile, la realtà brasiliana – corrotta dal pesante carico della tradizione capitalistica che aveva dominato l’Occidente nei secoli passati –

si presentava con certi aspetti progressisti ma sostanzialmente

caratterizzata dal sottosviluppo, le forze dell’oligarchia agraria dominante erano allarmate da vari movimenti di cui facevano parte comunisti e persino cattolici. I vari presidenti122 che si avvicendarono cercarono sempre l’appoggio della Chiesa123, e fecero leva, nelle loro campagne elettorali, sui sentimenti

121

Ibidem, p. 527. Tra i vari presidenti che si avvicendarono in Brasile nella seconda metà del XX secolo spicca la figura di Getúlio Vargas (1930-1945 e 1950-1954). Al presidente Vargas succedette Juscelino Kubitscek (1955-1960), quest’ultimo venne sostituito da Jânio Quadros che perseguì una politica populistica e nazionalistica indipendente, stabilendo rapporti diplomatici e commerciali con i paesi socialisti per espandere i mercati di esportazione e diminuire la sua subordinazione agli interessi americani: trovandosi isolato fu costretto a dimettersi sette mesi dopo. Il successore di Quadros, Goulart (1961-1964), si trovò a fronteggiare una difficile situazione economica, conservatore di formazione, aveva stretto legami con le forze di sinistra, particolarmente nell’ambito sindacale: in lui il populismo di stampo “getulista” raggiunse la sua massima espansione. Già dal 1963 le forze dell’oligarchia dominante conservatrice avevano iniziato una campagna di cospirazione contro Goulart in difesa della loro egemonia. Per i primi anni appoggiò gli interessi più reazionari dell’oligarchia agraria e del capitale americano, ma in seguito, il 13 marzo 1964, in un comizio arrivò ad annunciare la confisca delle terre, la nazionalizzazione delle raffinerie del petrolio, il voto agli analfabeti, etc., sembrava aperta la strada verso le riforme, ma pochi giorni dopo, il 31 marzo del 1964 Goulart fu rovesciato dai militari che portarono alla presidenza Castelo Branco. In Brasile si instaura un regime militare che rimarrà al potere fino al 1984. Cfr. Trento Angelo, Il Brasile, una grande terra tra progresso e tradizione (1808 – 1990), Firenze, Giunti, 1992. 123 La Chiesa Cattolica iniziò lentamente a prendere coscienza delle trasformazioni che era necessario operare in Brasile per sottrarlo alla condizione di “sottosviluppato”. Nel 1930 nacque l’Azione Cattolica, frutto di altri movimenti cattolici, gli intellettuali cristiani uscirono dal loro isolamento per dare vita all’organizzazione di istituti, Università, riviste filosofiche e teologiche. In campo sociale la Confederazione latinoamericana dei sindacati cristiani era 122

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religiosi del popolo. Una certa parte della Chiesa era ben felice di poter concedere questo appoggio politico, paventando il «pericolo rosso», mentre chi soffriva per l’ingiustizia di tante situazioni sociali, molto spesso non sapeva o non poteva proporre nessuna alternativa124. I Gesuiti, dunque, si trovarono ad operare in questo clima di fermento sociale, che vedeva, da un lato, le forze della oligarchia dominante e conservatrice e del capitale statunitense, portatori di interessi capitalisti, dall’altra molti cattolici già da tempo impegnati nella costituzione di circoli operai cristiani e le forze comuniste, questi ultimi movimenti impegnati a fronteggiare le disuguaglianze del capitalismo. In questo contesto di tensione politica e economica che sfocerà nella repressione violenta della dittatura militare, i Gesuiti, ancora lontani dal clima di apertura che caratterizzò il Concilio Vaticano II, adottarono nella loro linea educativa una posizione conservatrice e una severa disciplina, infatti, lo stesso Coelho, ci confermerà che gli anni dello studio presso il collegio dei gesuiti furono determinanti per la formazione del suo pensiero e della sua coscienza: La mia educazione è stata estremamente formale. Non so come siano visti adesso i gesuiti, ma allora erano molto conservatori e severi (…) Allora, erano l’esercito di Cristo. Mi hanno fornito eccellenti basi disciplinari, ma hanno provocato in me anche un orrore verso la religione, dalla quale ho finito per allontanarmi. Per questo, per

molto organizzata e coordinava i movimenti operai di tutto il continente. Dopo la seconda guerra mondiale si sviluppò l’Azione Cattolica specializzata e nacquero i gruppi della JUC, la JEC e la ACO. La scelta della Chiesa brasiliana per le riforme e la promozione sociale dell’uomo e soprattutto del lavoratore ebbe inizio in un Congresso Eucaristico realizzato a Manàus nel 1942, lì fu esposta e dibattuta la questione della riforma agraria. Nel 1955 si ottenne a Rio de Janeiro una conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano, in cui si trattarono tutti i temi più urgenti e si posero le basi per una collaborazione più stretta tra la Chiesa di Roma e quelle del continente sudamericano e nacque la CAL (Pontificia Commissione per l’America Latina) e il CEIAL (Consiglio Episcopale Latinoamericano). Cfr. Iori, Vanna, op. cit., p. 46 – 50. 124 Ibidem, p. 49.

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ribellione nei confronti di quella formazione rigida e chiusa, appena uscito dal collegio, dove i miei genitori mi avevano mandato perché andavo male negli studi, ho cercato i movimenti studenteschi più estremisti, non credenti. E ho iniziato a familiarizzare con gli scritti di Marx, Engels, Hegel, etc.125

Come possiamo rilevare da queste dichiarazioni rilasciate dallo stesso Coelho, i valori e principi dell’educazione ignaziana hanno influito notevolmente nella personalità e formazione dello scrittore e siamo dell’idea che la pedagogia dei Gesuiti abbia toccato dei punti sensibili nel suo animo. In realtà qualcosa dentro lo agitava, il suo atteggiamento di rifiuto e opposizione alla religione, nascondeva ben altro, in verità ciò che attirava Coelho era il mondo della spiritualità e lo cercava nelle esperienze più lontane perché non aveva trovato alcun convincimento nella formazione religiosa imposta: Ho incominciato a sperimentare altre religioni e sette, in particolare modo quelle orientali. Le ho provate tutte: Hare-Krishna, buddismo, filosofia zen, yoga, tutto. Ho ripreso ad andare regolarmente a messa soltanto dopo aver fatto il cammino di Santiago.126

Coelho quando terminò gli studi presso il Collegio, aveva l’età di 17 anni, la formazione rigida e chiusa ricevuta nel collegio gesuitico, dove i genitori lo avevano mandato perché andava male negli studi, lo portarono al rifiuto e all’allontanamento dal mondo cattolico ma il suo atteggiamento di rifiuto e opposizione fu dovuto anche all’età evolutiva in corso. La mia formazione era gesuitica, una formazione che dà un certo concetto di Dio (…). Cercare di importi una fede è il migliore per portarti alla ribellione (…). Per me ribellarmi a quell’educazione religiosa voleva 125 126

Cfr. Arias, Juan, op. cit., pp. 48 – 49. Ibidem, p. 50.

82

dire passare al marxismo.127

Come si può notare da quanto detto sopra, Coelho si rivolse ad altre correnti filosofiche e di pensiero, incominciò a frequentare vari maestri, numerose sette, molte filosofie fino ai dettami della tradizione alchemica, che Coelho ha studiato per oltre dieci anni, convinto che le risposte ai suoi dubbi si trovassero nei libri e chi aveva la conoscenza poteva capire il mistero dell’esistenza. L’atteggiamento che mostra Coelho nella sua ricerca spirituale è quello di riporre in una figura guida la sua fiducia e volontà, un riferimento che richiama

a

una

delle

particolarità

della

pedagogia

ignaziana

sia

nell’insegnamento che negli Esercizi Spirituali, racchiuse nelle rispettive figure del professore e del discente per quel che concerne la didattica e del direttore e dell’esercitante negli Esercizi Spirituali. Un parallelismo sottile che spiega come questa tendenza dello scrittore abbia le sue radici nella formazione ignaziana e, che si può rilevare soprattutto nel suo primo libro O diário de um mago: il romanzo altamente autobiografico è una sorta di viaggio iniziatico all’interno della coscienza di Coelho, aiutato da Petrus – che non è il maestro dei rituali segreti dell’Ordine esoterico di cui Coelho ha fatto parte, ma la guida spirituale di un vecchio ordine nato in seno alla Chiesa Cattolica chiamato RAM – intraprende il cammino di Santiago. Lungo il tragitto del cammino seguendo i rigorosi «esercizi» impartiti da Petrus, comprende che è la decisione dell’uomo di compiere il proprio destino che gli consente veramente di essere un uomo e non le teorie che si 127

Ibidem, p. 121.

83

elaborano intorno al mistero dell’esistenza, Petrus gli ripete che il cammino è delle «Persone Comuni», tutti siamo chiamati e non esistono i prescelti, una serie di riflessioni che lo cambieranno radicalmente, sconvolgeranno i suoi schemi mentali e lo riavvicineranno alla fede cattolica. Nella prefazione all’edizione italiana del Cammino di Santiago, Coelho fa riferimento al suo passato e alla sua ricerca spirituale e confesserà:

Dubito della mia sincerità nella ricerca spirituale, perché è molto faticoso cercare un Dio che non si mostra mai, pregare a orari stabiliti, percorrere cammini ignoti, obbedire a una disciplina, accettare ordini che mi sembrano assurdi.128

Il Collegio dei Gesuiti dovette risultare molto duro al giovane e inquieto Coelho, esso consisteva in un luogo dove gli allievi dovevano apprendere la disciplina, dopo si trattava della formazione degli studi e del modo di usarli, in modo che potessero giovare a meglio conoscere ed amare Dio Creatore e Signore nostro. L’educazione scolastica e collegiale dei Gesuiti si alimentava soprattutto dei momenti di vita comune regolata da norme puntuali, tipica dei loro collegi. La disciplina era un metodo che guidava e educava i giovani ora per ora e non solo l’orario di lezione, al quale pure si dedicava grande attenzione, ma i gesuiti furono i precursori di questo nuovo modo di intendere l’apprendimento come assetto e riassetto permanente della personalità129. Lo stesso Coelho nell’intervista rilasciata a Juan Arias afferma: “Amo

128 129

Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, op. cit., p. 2. Cfr. Santoni Rugiu, Antonio, op. cit., pp. 224 – 227.

84

l’anarchia, ma la preferisco in altri momenti: quando devo scrivere la disciplina è fondamentale. La disciplina è quanto di più positivo ho ricevuto dalla formazione presso il collegio dei Gesuiti”.130 In realtà i Gesuiti agivano principalmente per via psicologica, con efficacia stupefacente si prodigavano ad escogitare dei sottili mezzi per spegnere la volontà attraverso l’imposizione dell’obbedienza, fornendo allo stesso tempo alla personalità, modelli e strumenti formativi più originali dei loro stessi contenuti e metodi di insegnamento, per comunicare e stabilire con gli altri rapporti più efficaci e persuasivi. In altri termini, i Gesuiti ebbero il coraggio di introdurre nel loro «pacchetto» pedagogico, l’esercizio dell’immaginazione, dell’espressività, del gusto estetico, introdussero il teatro, la danza, i concerti, le feste per inviti, come forme di educazione e socializzazione131. La passione del teatro fu una delle velleità artistiche che caratterizzarono l’adolescenza di Coelho, come racconterà nell’intervista a Juan Arias: “Avevo moltissima voglia di fare teatro. E’ stato il primo sogno della mia vita, insieme a quello di essere scrittore”132, come possiamo anche rilevare nel suo libro O teatro na educação del 1974, che costituisce un appoggio didattico alle misure del Ministero dell’Educazione per rafforzare il ruolo della disciplina di Educazione Artistica nell’insegnamento scolastico e universitario133.

130

Cfr. Arias, Juan, op. cit., p. 166. Cfr. Santoni Rugiu, Antonio, op. cit., pp. 227 – 228. 132 Cfr. Arias, Juan, op. cit., p. 100. 133 Cfr. Romancini, Richard, Apropriações de Paulo Coelho por usuários de uma biblioteca pública: leitura «popular», leitura «popularizada», Tese Pós-graduação, Faculdade de 131

85

Tra le caratteristiche particolari dell’insegnamento dei Gesuiti, occupa un posto di rilievo la figura e la personalità del professore: “deve formare dei buoni cristiani, non dei claustrali. Inoltre deve mostrarsi uguale con tutti, affabile e cortese, alacre e di buon umore”.134 Per

mantenere

dell’insegnamento

l’ardore

gesuitico

nello

studio,

le

esercitazioni

sono

altra

caratteristica

scolastiche,

che

comprendono non solo il suscitare l’iniziativa personale infondendo la brama del sapere, il sentimento di segnalarsi, di voler eccellere in tutto. La scuola, intesa come una palestra giovanile di ingegni, vivace, attiva ed operosa, non doveva dare spazio a rilassatezza e noia. Altra caratteristica rilevante dell’esercitazione è la composizione scritta, nella scuola ed a casa, breve, ma quotidiana in latino, in prosa, in verso ed anche nella lingua nazionale, oltre i saggi scritti nella scuola per le gare. Come possiamo rilevare dalle parole dello stesso autore: Lo scrittore conserva tuttora un buon ricordo degli anni di scuola, perché in quelle severe aule ha imparato l’importanza della disciplina. Allorché vinse il primo premio in un concorso scolastico di poesia e un secondo premio in composizione scoprì la vocazione letteraria.135

La spinta principale di questa originale attività scolastica era racchiusa, quindi, nell’emulazione: gare innocenti, organizzate per promuovere il profitto scolastico e qualsiasi

altra opera umana, la brama di segnalarsi che non

escludono l’idea del dovere e gli altri fini morali e religiosi a cui è diretta la

Ciências da Comunicação, Escola de Comunicações e Artes da Universidade de São Paulo, São Paulo, A.A. 2001-2002, pp. 80 – 81. 134 Cfr. Barbera, Mario, op. cit., p. 67. 135 Cfr.Coelho, Paulo, Biografía de un narrador, op. cit., p. 11.

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pedagogia ignaziana136. Altra caratteristica fondamentale della pedagogia ignaziana è il «Magis», ossia in ogni cosa aver di mira il meglio che si può: l’eccellenza. Questa idea si trova da per tutto: negli Esercizi Spirituali, nelle Costituzioni e negli altri scritti e può dirsi il principio ed impulso generale che investe tutto l’organamento delle opere ignaziane: “in particolare nello studio, se non in ogni cosa almeno si procuri l’eccellenza da ciascuno”137, come diceva lo stesso San Ignazio. Questo aspetto lo possiamo rilevare nel successo letterario di Paulo Coelho; le sue opere pubblicate in più di centoquaranta paesi e tradotte in cinquantuno lingue lo hanno reso famoso in tutto il mondo, ma nonostante l’affermato successo lo scrittore non smette di scrivere ma mira sempre al meglio e al dare il meglio di se stesso ai suoi lettori. Il fine apostolico–religioso che San Ignazio aspirava dall’insegnamento era quello di portare l’uomo alla conoscenza e amore di Dio, sperando che gli alunni formati alla cultura e all’educazione arrivassero a essere nella vita professionale e sociale influenti leader al servizio della società, trasmettendo lo spirito che avevano ricevuto agli altri. Nell’insegnamento religioso i Gesuiti badarono allo spirito, coerenti anche in questo campo col principio che il primo fattore educativo consiste nella trasmissione di abiti mentali, essi preferivano fare acquisire disposizioni spirituali attraverso la consuetudine della preghiera privata e collettiva, oltre che con la messa, le confessioni e comunioni, piuttosto che con l’ossessiva 136 137

Cfr. Barbera, Mario, op. cit., p. 68. Ibidem, p. 25 in Quarta parte delle Costituzioni: IV, C. 5, N. 1, 2. C, D.

87

ripetizione di riti e di formule138. Lo stesso Coelho ci riferisce nell’intervista con Juan Arias di queste pratiche spirituali: “Ricordo che i miei mi obbligavano ad andare in chiesa tutte le domeniche. Negli ultimi anni di collegio, dai gesuiti, dovevo andarci anche tutti i venerdì”.139 Scopo dei Gesuiti era “promuovere la conoscenza e l’amore di Dio e delle virtù a Dio gradite e di dirigere a questo scopo tutti i loro studi”140. In particolare si indicavano i mezzi: la devozione alla SS. Vergine e l’Angelo Custode, la Messa, la dottrina cristiana e l’esortazione ogni settimana, la confessione almeno ogni mese e la Comunione, l’esame di coscienza, la fuga delle cattive compagnie e la pratica delle virtù cristiane. Un mezzo particolarmente efficace per promuovere la pietà cristiana fervente è la Congregazione Mariana141, soprattutto poi, l’ambiente e lo spirito dell’insegnamento è improntato a religiosità, non carica di troppe pratiche, ma sincera e serena142. L’influenza di questa pratica la possiamo rilevare in Paulo Coelho che è molto devoto alla Vergine, da qui la sua scelta di vivere a Tarbes vicino a Lourdes. Anche nel suo libro Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei, l’autore parla della Vergine Maria chiamandola ripetutamente «Dea»143, in cui

138

Cfr. Santoni Rugiu, Antonio, op. cit., p. 230. Cfr. Arias, Juan, op. cit., p. 48. 140 Cfr. Barbera, op. cit., p. 63, in Quarta parte delle Costituzioni: (Prov. 40, Com . Sup. 1, Com. inf. 1). 141 La congregazione mariana, quale associazione allo scopo di coltivare ed esercitare le virtù cristiane del proprio stato e le opere di carità e di apostolato sotto la protezione ed all’esempio della Beata Vergine Maria. Essa fu un frutto del rifiorimento della devozione alla Vergine ed insieme un movimento pedagogico fecondo di stimoli a promuovere la pietà e lo studio tra i giovani. Ibidem, p. 63. 142 Ibidem, p. 63. 143 Coelho, Paulo, Na margem do rio Piedra eu sentei e chorei, op. cit., p. 75. 139

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Maria è vista come il «volto femminile di Dio»144. Superando il fastidio che ad alcuni può dare la sua interpretazione della figura mariana, ci sembra evidente che questo suo interesse sia legato al tipo di educazione che ha ricevuto presso i Gesuiti. L’autore mostra un culto anche per l’Angelo Custode e lo si può notare nel libro: As Valkírias.

144

Ibidem, p. 74.

89

Capitolo III LE RADICI GESUITICHE NELLA SCRITTURA DI PAULO COELHO: IL CAMMINO DI SANTIAGO

90

Capitolo III LE RADICI GESUITICHE NELLA SCRITTURA DI PAULO COELHO: IL CAMMINO DI SANTIAGO.

III.1. Ignazio di Loyola: Ejercicios Espirituales. Gli Esercizi Spirituali frutto della conversione di San Ignazio, furono scritti a Manresa, dove per un anno il santo condusse una vita di preghiera e penitenza; lì incominciò a scrivere il nucleo fondamentale degli esercizi pensati per essere sorgente della sua vita di preghiera, guida nella lotta perseverante contro se stesso, forma di tutta la sua vita spirituale145. Il testo è stato approvato dalla Chiesa fin dal 1548146 e mantiene la sua attualità in quanto rimane legato alle realtà e ai valori più essenziali dell’uomo nel mistero del suo destino soprannaturale e terreno. Gli Esercizi spirituali si devono sempre collocare nel momento storico in cui vengono elaborati, essi nacquero nell’epoca della Riforma della Chiesa

145

Cfr. Guibert, Joseph, La spiritualité de la Compagnie de Jésus, Roma, Institutum Historicum Societatis Jesu, 1953 (tr. it. Valentinuzzi, Guido, La spiritualità della Compagnia di Gesù, Roma, Città Nuova Editrice, 1992, p. 366). 146 Il testo originale degli Esercizi Spirituali è stato scritto in spagnolo ed è conservato nel manoscritto comunemente dette Autografo, trascritto dal p. Bartolomeu Ferrão nel 1544, ma recante numerose correzioni di mano di San Ignazio. Di questo originale esistono tre traduzioni latine principali: due antiche e quella recente del p. Roothan. Delle due antiche, quella che comunemente viene chiamata vulgata e che in effetti è stata il testo usato abitualmente dopo l’approvazione di Papa Paolo III degli Esercizi nel 1548, fu redatta dal p. André des Freux tra la fine del 1546 e l’inizio del 1547. La seconda, chiamata versio prima, è anteriore poiché si trova in un manoscritto del 1541, e risale forse al periodo parigino di San Ignazio che potrebbe esserne stato proprio lui l’autore. Ambedue le versioni latine vennero sottoposte contemporaneamente all’esame dei censori designati da Paolo III, e ambedue approvate col Breve del 31 luglio 1548. Ibidem, pp. 79 – 80.

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Cattolica, in risposta allo scisma luterano ed erano impregnati da questo spirito riformista della vita dei cristiani; questo intento spirituale appare nello stesso titolo del libretto ignaziano [1-21], e ricorre lungo l’arco delle quattro settimane147. Gli esercizi si devono inserire nella situazione in cui si trovano l’uomo, la Chiesa e la società al momento in cui si fanno, per dare alla propria vita la dimensione richiesta dall’oggi di Dio. E’ preclusa la via ad ogni evasione e interpretazione arbitraria, gli Esercizi sono attuali per questo motivo: perché investono la nostra situazione presente, partono da essa e ad essa conducono. Nella vita cristiana, in qualsiasi epoca, tutto ciò che si chiama ritiro, preghiera, Parola, riveste un’importanza capitale e mai queste ore di raccoglimento rimangono senza risultato, gli Esercizi sono da collocarsi in questa dimensione, ma devono affrontare le radici nella realtà storica della vita. Le componenti degli Esercizi sono diverse ma noi ci limiteremo solo a quelle che costituiscono l’ossatura del metodo e sono indispensabili per garantirne l’autenticità148. Gli Esercizi Spirituali sono un manuale offerto a tutte le categorie di cristiani e interessa la vita spirituale di milioni di anime, mettendo in intimo e prolungato contatto col Vangelo149 e il suo messaggio, la saggezza degli Esercizi è infatti evangelica, sono un annuncio della Buona Novella, un incontro con il Maestro Divino. S. Ignazio raccomanda che il testo venga proposto con discernimento, 147

Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 15. Ibidem, pp. 16 – 17. 149 Il Vangelo è organicamente presentato per comunicare il messaggio della salvezza nei suoi elementi-chiave è la sintesi esistenziale della storia della salvezza, il cammino per giungere a un vero e forte amore di Dio e dei fratelli. Ibidem, p. 7. 148

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gli Esercizi non sono un libro comune. Non sono un sistema di teologia, anche se hanno un loro aspetto teologico: la scelta dei mezzi e della via per rendere il cristianesimo una realtà viva nella propria vita e porre Cristo al centro della storia della salvezza e della propria esistenza150. Gli Esercizi Spirituali non si presentano, neppure nella forma materiale, né come un trattato spirituale, né come una serie di esortazioni o di meditazioni. Sin dall’inizio, appare chiaro il carattere particolare del libro: un seguito di osservazioni pratiche, di metodi di esame di coscienza, di preghiera, di decisione o «elezione»151, schemi di «meditazioni»152 e «contemplazioni»153; un insieme di istruzioni varie destinate a dirigere concretamente un certo numero di esercizi interiori disposti in un ordine sistematico, si tratta insomma di un testo non da leggere ma da praticare154. Del resto nelle stesse intenzioni di S. Ignazio il libretto è destinato non all’esercitante, ma a colui che dà gli esercizi, cioè a colui che guida l’esercitante155. Gli Esercizi sono un manuale di ascetica, fondata sulla preghiera e sulla 150

Ibidem, pp. 7 – 8. [169] Elezione: “per fare una buona elezione, in quanto dipende da me, bisogna che la mia intenzione sia pura e indirizzata soltanto al fine per cui sono creato, cioè la lode di Dio nostro Signore e la salvezza della mia anima. Perciò, qualunque sia la mia scelta, deve essere tale da aiutarmi a raggiungere il fine per cui sono creato, non subordinando o piegando il fine al mezzo, ma il mezzo al fine”. Cfr. Loyola, Ignazio, Gli esercizi spirituali, Roma, Edizioni ADP, 1991 ( tr. it. di Raffo, Giuliano S. J., a cura dei Gesuiti di San Fedele a Milano, pp. 140 – 141). 152 MEDITACIÓN – meditazione: metodo di preghiera con cui si applicano su una verità di fede le tre potenze o facoltà dell’anima (memoria, intelletto, volontà). Ibidem, p. 322. 153 CONTEMPLACIÓN – contemplazione: metodo di preghiera che consiste nell’osservare con gli occhi dello spirito un mistero evangelico, come se fosse una scena viva a cui si partecipa personalmente. Ibidem, p. 319. 154 Cfr. Guibert, Joseph, op. cit., p. 78. 155 Cfr. Rendina S. I., Sergio, L’itinerario degli esercizi, Roma, Edizioni ADP, 1999, p. 10. 151

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guida spirituale, qualcosa da vivere e non da dire o da ascoltare soltanto. Sono un manuale o meglio degli esercizi, delle esperienze, e quindi, solo vivendoli potremo sapere quel che veramente sono e quel che vogliono. Sono un manuale per chi cerca di conoscere e di fare la volontà di Dio, la logica degli Esercizi è forte, indicano una via da seguire, hanno un punto di partenza e un punto di arrivo. Formule brevi, perentorie: in un castigliano incolto e arcaico, ricco di anacoluti familiari a coloro che pensano rapidamente e fortemente156. Perciò occorre un clima di silenzio e di raccoglimento, di preghiera e di revisione interiore, di disponibilità e di magnanimità. Come ci conferma nella sua premessa agli Esercizi Spirituali anche il Padre Vincenzo Insolera157:

Clima necessario alla scelta da fare e alla verifica della sua autenticità. La nostra libertà è finita e non riesce mai ad abbracciare la totalità della nostra vita. Ogni decisione lascia posto ad altre decisioni. Ogni anno troviamo nuovi campi di scelte, sempre più condizionate: nuove visuali che ne costituiscono un prolungamento graduale. Inoltre, si devono scoprire i nuovi detriti della vita quotidiana, per liberarcene. Un anno di vita impolvera. Vedere anche i difetti di carattere, gli avvenimenti vissuti, i sentimenti esperiti e non bene controllati che hanno il loro focolaio nella nostra natura incline al male. La nostra vita spirituale è esposta agli impulsi. L’«uomo vecchio» dev’essere sempre rigenerato nell’«uomo nuovo», «santificato nella verità». Si impone fin dall’inizio una vittoria su se stessi, la libertà forse si trova in un momento critico. E qui è Dio che deve parlarci. Le verità rivelate hanno bisogno di questa parola personale di Dio per noi. Gli Esercizi preparano e portano a Dio che deve parlarci. E se non ci parla? Vale sempre la pena di farli, perché dispongono a una nuova attesa. 158

Gli Esercizi, infatti, sono uno strumento, un metodo di introduzione e di esperienza del mistero cristiano eminentemente «personale-individuale», non nel senso di individualista, ma nel senso che essi mirano a far maturare la 156

Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 10. Ibidem, p. 9. 158 Ibidem, p. 9. 157

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singola persona verso atteggiamenti e decisioni, che da una parte sono suoi e non di altri, dall’altra sono il suo modo di inserirsi nel «piano universale di una storia e di una comunità di salvezza»159. Il Padre Rendina istruttore di terza probazione dei Padri Gesuiti, in appoggio a quanto detto sopra, nel Convegno annuale tenuto dalla FIES a Cagliari sostiene che: In relazione a questa caratteristica fondamentale degli Esercizi, pur sapendo che lo Spirito è in primo luogo inviato e attivamente presente nel corpo ecclesiale, la nostra attenzione si rivolgerà principalmente alla sua presenza in ciascuno di noi come principio dinamico della nostra nuova creazione in Cristo.160

Il padre Rendina tende a precisare che negli Esercizi, il problema principale in relazione alla «decisione da prendere» non è tanto di fare un po’ più di posto allo Spirito negli argomenti da meditare, di consacrargli qualche momento di riflessione speciale in più di quanto si è fatto finora. Gli Esercizi sono un «tempo forte» dello Spirito particolarmente rigoroso. Perciò il compito che gli spetta è essenziale e coestensivo a tutti gli Esercizi: è la guida interna che accompagna e promuove tutto l’itinerario di conversione dell’esercitante. E’ in questo modo che il Padre Rendina intende sviluppare il tema «Esercizi Spirituali ed esperienza dello Spirito»161. Lo scopo degli Esercizi è quello di mettere ordine162 nella propria vita,

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Cfr. P. Rendina S. J., Sergio, Esercizi spirituali ed esperienza dello spirito, in Convegno annuale della FIES Cagliari 27-29/12/1978, Cagliari, Il Torchio, 1979, p. 26. 160 Ibidem. 161 Ibidem, p. 30. 162 ORDENAR – ordinare: mettere ordine nelle intenzioni e nelle azioni, eliminando le affezioni disordinate e orientando tutta la vita verso il suo fine che è Dio. Cfr. Loyola, Ignazio,

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per raggiungere questa condizione è necessario decidere se schierarsi con Cristo o con Satana. Gli Esercizi sono validi o meno in rapporto a questo fondamento cristologico, che a sua volta è adatto a sollecitare una scelta di vita163.

III. 1.1. Struttura e analisi del testo: Ejercicios Espirituales. Gli Esercizi Spirituali nella sua struttura sono insieme norma e forza principale della vita interiore della Compagnia. Gli Esercizi sono il mezzo essenziale per sviluppare e conservare nella Compagnia lo spirito proprio che, nei secoli passati, le aveva fatto rendere tanti servizi alla Chiesa. In questi Esercizi, infatti, i Gesuiti trovano «metodi di preghiera molto facili ed efficaci», grazie ai quali possono consacrare con grande frutto ore intere alla preghiera, vi trovano anche i principali insegnamenti della vita spirituale ed i mezzi principali di vita interiore164. Nell’ analisi del testo non intendiamo analizzare gli Esercizi Spirituali in ogni sua parte, ma offrire una sintesi completa del suo contenuto e dedicare attenzione ai termini più importanti e significativi. Il testo ignaziano contiene un’introduzione, un nucleo centrale e indicazioni varie.

op. cit., p. 323. 163 Cfr. Rahner S.J., Hugo, Come sono nati gli esercizi, Roma, Edizioni ADP, 2004, pp. 62 – 63. 164 Cfr. Guibert, Joseph, op. cit., p. 419.

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L’introduzione si compone di “Anotaciones165 para tomar alguna inteligencia en los ejercicios espirituales que se siguen, y para ayudarse, así el que los ha de dar como el que los ha de recibir”, ossia “venti annotazioni”: direttorio conciso per chi dirige il corso, aiuto all’esercitante perché si assicuri il miglior profitto spirituale. Dopo le annotazioni, il titolo generale: [21] “Ejercicios espirituales para vencer a sí mismo166 y ordenar su vida, sin determinarse por affección167 alguna que desordenada sea”, ossia “Esercizi spirituali per vincere se stesso e ordinare la propria vita senza determinarsi per affezione alcuna che sia ordinata”. In seguito troviamo una nuova osservazione pratica per prevenire ogni interpretazione sfavorevole delle istruzioni date all’«esercitante»168. Si delinea così il nucleo centrale – dal «Principio y Fundamento»169 alla «contemplatio ad amorem»170 – che è la sostanza degli Esercizi: un itinerario da percorrere in quattro tappe, dette «semanas»171, di diversa durata. Le indicazioni varie

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ANOTACIONES – annotazioni: gli avvisi posti all’inizio del libro, come suggerimenti utili per ci deve proporre e per chi deve fare gli Esercizi. Cfr. Loyola, Ignazio, op. cit., p. 318. 166 VENCER A SÍ MISMO – vincere se stesso: dominare la propria parte sensitiva, sottomettendola all’intelletto e alla volontà; impegnarsi a seguire in tutto la volontà di Dio. Ibidem, p. 325. 167 AFECCIÓN – affezione: l’inclinazione verso una persona o una cosa, prodotta dall’amore che si ha per essa e che influisce sulle facoltà dell’anima (la memoria, l’intelletto, la volontà); può essere ordinata o disordinata: ordinare le affezioni disordinate è la base della trasformazione della persona. Ibidem, p. 317. 168 Ibidem. 169 [23] PRINCIPIO Y FUNDAMENTO – principio e fondamento: la considerazione iniziale, posta come punto di partenza e come premessa di tutto il discorso che si svolgerà negli Esercizi. Ibidem, p. 324. 170 [230-237] CONTEMPLATIO AD AMOREM – contemplazione per raggiungere l’amore: La “contemplatio ad amorem” si colloca alla fine della quarta settimana. Ibidem, pp. 193 – 197. 171 SEMANAS – settimana: ciascuna delle quattro parti, di durata variabile, in cui si dividono gli Esercizi. Ibidem, p. 324.

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raccolgono diversi modi di pregare, la serie dei «misteri»172 della vita di Cristo, norme pratiche per discernere le mozioni dello spirito, soccorrere i poveri, sentire nella Chiesa e così via. Sono aiuti integrativi della grande arteria di marcia degli Esercizi173. S. Ignazio raccomanda che il testo venga proposto con discernimento, gli Esercizi non sono un libro comune. In questa esperienza da vivere c’è un frutto generale e personale da percepire e da tenere sempre presente: viene espresso nella «oración preparatoria»174 e nei «préambulos»175, con una grande variazione di motivi che si possono riassumere in questa semplice frase del testo: [48]. «Lo que quiero y deseo»176. All’inizio degli Esercizi, S. Ignazio invita a: [1]. «Ejercicios espirituales para vencer a sí mismo y ordenar su vida, sin determinarse por affección alguna que desordenada sea». S. Ignazio chiede di non lasciarsi prendere da affetti scomposti, ma di cercare lealmente la volontà di Dio per trovarla e per trovare se stessi nell’ambito della propria vocazione. Non si tratta di fissare per tutti regole uniformi, metodi di preghiera e di ascesi ma di cercare quale è in questo momento la volontà di Dio su se stessi. Una vita in ordine non è affatto una vita statica e inerte ma impegnata e 172

MISTERIOS – misteri: episodi scelti della vita di Cristo, proposti alla contemplazione dell’esercitante, perché ne assimili progressivamente i sentimenti. Ibidem, p. 322. 173 Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 8. 174 ORACIÓN PREPARATORIA – preghiera preparatoria: la preghiera che si premette come preparazione immediata ad ogni esercizio. Cfr. Loyola, Ignazio, op. cit., p. 323. 175 PRÉAMBULOS – preludi: le parti introduttive della meditazione (due o tre), che servono a creare le disposizioni più adatte per la sua buona riuscita. Ibidem, p. 324. 176 “Chiedere a Dio nostro Signore ciò che voglio e desidero”. Ibidem, p. 61 in Prima settimana: [48].

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dinamica. L’ordine che Dio mette nel mondo, quello che Cristo pone nella sua Chiesa non è la disciplina brutale e meccanica di una truppa che compie esercizi apparentemente senza uno scopo, ma è un ordine vivo di interessi e di mète da raggiungere177. Per «semana» Ignazio non intende in primo luogo una durata cronologica, ma piuttosto una tappa ben caratterizzata all’interno di trenta giorni circa – sia per la «materia» proposta alla meditazione, sia soprattutto per il «frutto» che l’esercitante dovrebbe cavarne. Ogni tappa è strettamente connessa con la precedente e la seguente, secondo una logica più esistenzialepsicologica che concettuale178. La durata di questa prima settimana, come pure delle altre, non è necessariamente di sette giorni, ma all’incirca. Può essere prolungata o accorciata a seconda del frutto, che le è proprio, è stato più o meno soddisfacentemente conseguito. La versio Vulgata179 degli Esercizi Spirituali180 che è la versione a cui ci atteniamo, colloca la «Primera Semana» prima del «Principio y Fundamento» e prima delle istruzioni sul «examen particular», sul «examen general de conciencia», sulla «confesión» e «comunión». La «primera semana»181 comprende:

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Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 10 – 11. Cfr. Rendina S. I., Sergio, op. cit., pp. 43 – 44. 179 Versio vulgata: così viene chiamata la traduzione latina degli Esercizi Spirituali, opera del francese de Freux, testo approvato ufficialmente da Paolo III il 31 luglio del 1548. Cfr. Guibert, Joseph, op. cit., pp. 79 – 80. 180 Cfr. Loyola, Ignazio, op. cit.. 181 La «primera semana» [23-90]. Ibidem, pp. 39 – 89. 178

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Il «principio y fundamento»182 [23]; – prima delle meditazioni: «examen particular y cotidiano. Contiene en sí tres tiempos y dos veces examinarse»183 [24-31]; «Examen general de conciencia para limpiarse y para mejor se confesar»184 [32-43]; avvisi per la «Confesión general con la «Comunión»185 [44]. – dopo le meditazioni [45-72], le cosiddette: «adiciones»,186 che sono come

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[23] La funzione principale del «Principio y Fundamento» è di introdurre gli Esercizi, concentrando fin dall’inizio l’attenzione e l’impegno dell’esercitante sulla necessità di certe disposizioni, che si devono possedere o almeno desiderare vivamente prima di addentrarsi nel corso. Il discorso si snoda in due parti collegate e attraversate da un medesimo movimento, caratterizzato da uno spostamento di accento per gradi successivi: - Nella prima parte si parla della creazione dell’uomo e delle creature e si pone l’accento sul fine su cui l’uno e le altre sono destinati. - Nella seconda parte si rimarca il fine e le «conseguenze pratiche»: su cui si concentra tutto il vigore del testo: la norma del «tanto quanto», la necessità della «indifferenza» e la spinta verso il «magis» (= il più). La prima parte del testo è proposta per far prendere coscienza all’esercitante, che il fine dell’uomo e di tutte le creature messe a sua disposizione è che: «l’uomo è fatto per Dio e tutto il resto gli deve servire per questo scopo», questa è una premessa di fede, che di per sé si suppone già acquisita dall’esercitante e si tratta di farne sentire profonda persuasione. Nella seconda parte ci limitiamo ad approfondire il cosiddetto «magis»: «solamente deseando y eligiendo lo que más nos conduce para el fín que somos criados». Con il «magis» si tratta di suscitare in anticipo la preferenza per quelle cose, che ordinariamente – secondo la logica evangelica – si prevedono esser più confacenti e conformi al Regno di Dio. L’energia di fondo che può muovere al «magis» è l’amore. Nel «Principio y Fundamento» è solo una specie di provocazione alla generosità, che necessariamente resta sulle generali: è solo lo sviluppo degli Esercizi che farà identificare d’ordinario i mezzi «migliori» per il servizio del Regno nella sequela del Cristo pasquale. Cfr. Rendina S. J., Sergio, op. cit., pp. 21 – 39. 183 [24] L’«Examen particular y cotidiano» è diviso in tre tempi, con due esami. E’ un esercizio spirituale che concentra metodicamente il combattimento ascetico su un punto determinato: secondo S. Ignazio, che vi dà molta importanza, un peccato o un difetto da evitare. E’ un mezzo ordinato al fine generale degli Esercizi: «vincere se stesso e ordinare la propria vita»[21]. L’«esame particolare» con la continuità e la vigilanza che comporta richiede una tenacia notevole e compie una efficace educazione della volontà. Cfr. Loyola, Ignazio, op. cit., pp. 40 – 45. 184 Nella mente di S. Ignazio, l’«esame di coscienza» è una maniera di pregare [43], una possibilità di conversazione con Dio, in cui l’aspetto della collaborazione con la grazia riveste una parte importante. Questa forma di preghiera è anche una versione o controllo, che purifica l’anima e la sollecita ad un continuo progresso nelle vie di Dio. L’«esame di coscienza» lo troviamo in tutta la letteratura ed ascetica cristiana, fino ad oggi. Ma prende un bel volto ben definito negli Esercizi di S. Ignazio, dove riceve una formulazione nuova, destinata ad una grande e permanente diffusione. Oggi è preferito il termine «revisione di vita». E’ un modo di conoscersi, di discernere il clima della giornata, di parlare al Padre «nel segreto». Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 51 – 55. 185 Cfr. Loyola , Ignazio, op. cit., p. 57. 186 ADICIONES – addizioni: serie di consigli pratici, «aggiunti» dopo l’esame particolare e dopo la prima settimana, per aiutare l’esercitante a ricavare maggior frutto dai singoli esercizi. Cfr. Ibidem, p. 317.

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delle note aggiuntive, suggerimenti pratici «per fare meglio gli esercizi e trovare meglio ciò che si desidera» [73-90]; – nel mezzo: gli esercizi o meditazioni proprie della «primera semana»; se si sta al testo ne troviamo solo cinque, distribuiti lungo l’arco della giornata: - «Primero ejercicio es meditación con las tres potencias sobre el primero segundo y tercer pecado. Contiene en sí, después de una oración preparatoria y dos preámbulos, tres puntos principales y un coloquio»187 [4554], è una meditazione sui «tre peccati» commessi rispettivamente dagli angeli [50], dai nostri progenitori Adamo ed Eva [51], da una persona qualsiasi condannata all’inferno per un solo peccato mortale [52]. - «Segundo ejercicio es meditación de los pecados, y contiene en sí, después de la oración preparatoria y dos preámbulos, cincos puntos y un coloquio»188 [55-61], è una meditazione sui «peccati propri personali». - «Tercero ejercicio es repetición del primero y segundo ejercicio, haciendo tres coloquios»189 [62-63], è una ripetizione delle due precedenti meditazioni. - «Cuarto ejercicio es resumiendo este mismo tercero»190 [64], è un riassunto del terzo esercizio. - «Quinto ejercicio es meditación del infierno. Contiene en sí, después de la oración preparatoria y dos preámbulos, cinco puntos y un coloquio»191 [65-72], è una mediazione sull’inferno. - «Adiciones para mejor hacer los ejercicios y para mejor hallar lo que 187

Ibidem, pp. 60 – 69. Ibidem, pp. 69 – 73. 189 Ibidem, pp. 73 – 75. 190 Ibidem, p. 75. 191 Ibidem, pp. 76 – 79. 188

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desea»192 [73-90], sono avvertenze complementari per meglio fare gli Esercizi e ottenere più sicuramente i frutti che si desiderano. Tali avvertenze riguardano la preghiera [73-81], la penitenza [82-89] e l’esame[89]. La «primera Semana» si conclude con una meditazione sulla «riconciliazione» o «misericordia divina», che viene a dare conforto dopo le «dure» verità meditate e dispone al lavoro della «segunda Semana». Gli Esercizi non propongono un tema di misericordia, ma esso deriva e si amplia dal colloquio posto alla fine della considerazione sull’inferno [71]. Dio è venuto splendidamente in aiuto mediante il Figlio: Gesù salvatore si presenta, nella «segunda Semana», come Capo per rifare il mondo secondo la volontà del Padre193. La «segunda semana»194 [91-189] ha lo scopo di far decidere l’esercitante a seguire nostro Signore come retta via alla vera vita, ruota attorno al «El llamamiento del rey temporal ayuda a contemplar la vida del rey eternal» [91-100], ossia la «contemplazione del regno»195 e la contemplazione dei «misteri»196 di Cristo [101-131].

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Ibidem, pp. 81 – 89. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 77. 194 La «segunda semana» [91-189 ]. Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 91 – 155. 195 La «contemplazione del Regno» si considera, a ragione, come il fondamento della seconda, terza e quarta Settimana. E’ una visione panoramica del programma di nostro Signore, desunto dal Vangelo. Attraverso la varietà delle formule – non esser sordo [91], lottare contro ogni amore disordinato [97], imitarlo in tutto [98], conoscerlo intimamente per amarlo e seguirlo [104], rinunciare all’amore di sé, alla propria volontà, ai propri interessi [189] etc., – l’intento è uno solo: compenetrarsi di Cristo, unire la propria volontà alla volontà del padre. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 81 – 85. 196 S. Ignazio suscita gradatamente la disposizione per il più perfetto mediante l’assimilazione del modo di essere e di vivere in Cristo. A contatto con lui, l’anima attinge forza e slancio per percorrere la strada che indicherà. E’ una agilità spirituale che viene dalla familiarità con la mentalità di Gesù. Gli Esercizi propongono un nuovo metodo di orazione: la «contemplazione evengelica». Vedere, ascoltare, valutare le azioni e agire – un metodo oggi molto adoperato per inserirsi nella realtà della vita con lo spirito del Vangelo. La distinzione – persone, parole, azioni – non dev’essere rigida o costringente, ma semplice e solo di aiuto per rendere presenti i misteri e conformarvi la vita. «Contemplare» è far scorrere dinanzi agli occhi dello spirito – 193

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La «segunda semana» di introduce gradualmente nel cuore stesso della pedagogia ignaziana, laddove si cerca di impostare l’elezione e di far maturare le disposizioni ad essa necessarie. Preannunciata già in quel inizio che è insieme nucleo germinale degli Esercizi, cioè il «Principio y Fundamento», l’elezione esige di essere accompagnata da due atteggiamenti di fondo: la «libertà di cuore» dalle affezioni disordinate, che gli Esercizi chiamano «indifferenza»; la «generosità», che – andando oltre la stessa indifferenza – inclina a preferire quel che più (magis197) conviene allo sviluppo del «Regno», prima ancora di sapere dove questo «più» si concretizzerà198. L’esperienza purificatrice della «primera semana» è l’adesione alla persona e al sentire di Cristo, a cui provocano in termini globali la «contemplazione del Re» e in modo più dettagliato le «contemplazioni dei misteri». A un certo momento della «segunda semana», si tratta di esplicitare in pieno le suddette disposizioni e di promuoverle con la massima decisione, inducendo l’esercitante a chiedersi a che punto di fatto si trovi nei loro riguardi. E’ necessario però – in vista dell’elezione – associare ai due atteggiamenti appena ricordati, anche il «discernimento», nel quale l’esercitante è stato introdotto mediante la «contemplazione del Regno»:

con l’aiuto del Vangelo e della grazia – i fatti della vita di nostro Signore, penetrandoli lentamente, serenamente, senza ansietà, senza stanchezza. Bisogna conoscere e capire per amare e imitare, per raggiungere l’intimità con nostro Signore. Questa intimità è la grazia che gli Esercizi fanno chiedere sino alla loro conclusione, mediante il contatto prolungato con il Vangelo, dall’Incarnazione alla Gloria. Intimità esistenziale di preghiera, di lavoro, di combattimento spirituale. E’ confidenza, simpatia, affetto, possesso. Metodo essenzialmente cristologico, fondato sull’impegno personale, in un clima di generosità e di amicizia. Ibidem, pp. 85 – 87. 197 MAGIS – il più: il «meglio» a cui tendere, impegnandosi a progredire continuamente in ogni perfezione. S. Ignazio indica con questa parola l’amore che non è mai contento, che vuole sempre di più, un amore, che per principio è illimitato, amore che è disponibilità al servizio di Dio e volontà di assimilarsi sempre di più a Cristo. Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 322. 198 Cfr. Rendina S.J., Sergio, op. cit., p. 119.

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introduzione che va sviluppata e completata dalle istruzioni del direttore sulle «regole del discernimento» e sui «tempi e modi» di fare «una sana elezione». Richiamate tutte queste premesse e collocandoci ormai nel centro della seconda settimana, studieremo nel presente capitolo come Ignazio opera l’ultima messa a punto dell’esercitante prima di incamminarlo decisamente sulla via di una scelta cristiana. A tale intento contribuiscono tre «esercizi» particolari, reciprocamente ben connessi e caratterizzanti, che non a torto ci permettiamo di chiamare la «triade» ignaziana della «segunda semana»: cioè – la «Meditación de dos Banderas, la una de Cristo, sumo capitán y Señor nuestro, la otra de Lucifer, mortal enemigo de nuestra humana natura»199 [136-148], cioè la meditazione dei «Due Vessilli» che, indirizzata soprattutto all’intelligenza, puntualizza il discernimento; - la «Meditación de los tres binarios de hombres, para abrazar el mejor»200 [149-156], la meditazione delle «Tre categorie di persone» che

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Questa meditazione prepara all’elezione (o alla riforma) nella luce della missione di Cristo e della sua lotta contro Satana. Il bene e il male, come il grano e la zizzania, sono mescolati sulla terra, in ogni opera e in ogni coscienza. All’inizio del suo ritorno a Dio, S. Ignazio fu scosso dalla scoperta degli Spiriti, la cui lotta dirige segretamente tutta la storia e divide il mondo tra Cristo e Satana. Questo dramma, che si scatena nel mondo, si estende nel più intimo di noi stessi. E’ l’ora del reclutamento per la lotta interiore contro l’amore disordinato [97] e gli inganni sull’orientamento della vita, per giungere alla perfezione evangelica, «pronti e diligenti» nel compiere ciò che più piace a Dio, in qualunque stato di vita, pronti a fare offerte di maggior valore e importanza [97]. La meditazione propone i veri criteri dell’elezione, cioè quelli di Gesù (povertà, semplicità di vita e amore), contro quelli «falsi» di Satana (ricchezza, godimento mondano e orgoglio); descrive una gradualità nell’inganno come nell’imitazione di Cristo; il suo fondo è ispirato al Vangelo, perché esamina tutto il comportamento di Cristo e ne esprime felicemente l’essenziale. Le allegorie guerriere presenti in questo esercizio sono di tradizione nella letteratura ascetica da S. Paolo in poi e S. Ignazio vi attinge: la spiritualità degli Esercizi è combattiva. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 97 – 100. 200 Dopo la conoscenza del programma evangelico della perfezione – povertà o libertà del cuore, semplicità di vita e umiltà o amore totale a Dio –, l’esercitante deve mettere a punto la sua volontà. La forza di questa meditazione – un vero test di sincerità – è di produrre il massimo effetto: uscire da ogni velleità, ancorarsi a decisioni energiche, passare dalle impressioni e dalle considerazioni alle azioni. E’ la spinta verso la generosità totale: l’adesione del cuore al volere divino. I tre tipi o gruppi di uomini, dalla condotta in ordine, ma con diversa disposizione d’animo rispetto la elezione o la riforma per prepararsi a «scegliere il meglio» è la grande preoccupazione ignaziana, il meglio «per il servizio e la gloria della divina Bontà» [57].

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vaglia l’efficacia decisionale della volontà; - «Tres maneras de humildad»201 [164-168], la considerazione delle «Tre maniere di umiltà» che mette a fuoco l’intensità del nostro amore per Cristo202. Gli esercizi della «segunda semana» giungono al loro punto culminante di lavoro interiore con gli «esercizi per fare l’elezione»; purificati il cuore e la mente, rinnovato il proposito di voler fare in tutto la «divina volontà», si tratta ora di fissare la volontà di Dio nella propria vita e passare ad attuarla. L’«elezione» è la mèta centrale: la scelta irrevocabile del proprio stato di vita, sempre sul piano della perfezione evangelica e del «magis» richiesto a ciascuno da Dio. Per chi ha già fatto l’elezione, gli Esercizi suggeriscono la «riforma»203 dello stato di vita abbracciato (rinnovazione dello spirito): è l’ulteriore risposta agli appelli successivi di Gesù; non c’è da mutare ma da perfezionare. Sia per chi deve fare l’elezione come per chi deve fare la «riforma», gli Esercizi non sono per la volontà dei mediocri ma per le anime desiderose del meglio – magis – voluto da Dio.

Il «meglio» non in astratto, ma nella concreta situazione e condizione in cui ci troviamo. Ibidem, p. 101. 201 La santità è per S. Ignazio sottomissione a Dio, adempimento amoroso della sua volontà, e quindi carità. I tre modi sono la sintesi di una volontà bene ordinata e quindi sono praticamente tre modi di essere santi, di darsi a Dio, di amare Dio. La considerazione si propone di «affezionarci alla vera dottrina di Cristo» [139] per abbracciarla di cuor. Dio chiede il massimo di adesione personale. Impossibile, nel cristianesimo, mantenere una posizione puramente intellettuale: il cristianesimo è amore incarnato e cammino verso l’amore. Questi modi sono disposti per aiutare a vincere l’ostacolo del cuore, per superare le ripugnanze contrarie e affezionarsi alla persona e alla dottrina di Cristo. Il terzo modo dà una disponibilità coraggiosa, un amore appassionato e senza limiti per Cristo e la sua opera, non è il « più difficile » o il «più ripugnante» che attira ma la conformità a Cristo: preferire quel che lui ha preferito. In pratica è accettare e amare nella vita di tutti i giorni quanto ci costa. Ibidem, p. 106. 202 Rendina, Sergio, op. cit., pp. 141 – 142. 203 Riformare è migliorare lo stato di vita già scelto è rinnovarlo. Si tratta di progredire e a questo scopo gioverà l’esaminare il proprio tempo, le proprie forze le proprie possibilità e deciderne l’impiego «per la maggior gloria di Dio». E’ rinnovare l’ideale della propria vita cristiana nel superamento degli ostacoli, che ci vengono dai difetti e dagli affetti disordinati, e nel ricorso ai rimedi da adoperare per tendere verso l’ideale nonostante gli ostacoli. Tali rimedi sono quelli della preghiera – umile, semplice e fiduciosa – , del combattimento spirituale e della confidenza. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 117.

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L’intento della «tercera semana»204 - contemplando la passione e morte di Gesù – è quello di rinvigorire il cuore nella risoluzione presa di condurre una vita nuova in un migliore servizio evangelico del Signore. E’ il culmine di ogni sforzo spirituale. La nostra morte quotidiana trova senso, le nostre preoccupazioni umane vengono chiarite: si soffre per Cristo e per la sua Chiesa. E’ una meditazione contro le difficoltà che fanno muro nella vita. Un muro che nasconde il mistero della sofferenza. Gesù vi è entrato liberamente: per me «Mi ha amato ed ha sacrificato se stesso per me»205. La «tercera semana» apporta una conferma a quanto è stato fatto nelle due precedenti. La contemplazione della Passione fa maturare maggiormente la ripugnanza al peccato, al disordine, alle vanità del mondo, per cui è morto nostro Signore; conferma l’adesione allo spirito di povertà e di umiltà e fa affrontare con gioia spirituale le prove e la lotta, accresce i motivi di amare e di seguire Cristo «in modo assoluto»206. La «cuarta semana»207 impegna nella meditazione del trionfo del Salvatore, della sua gloria, della sua indicibile bontà e dell’eternità beata di cui la resurrezione è pegno. Nuova conferma e nuovo motivo per quanto si è scelto o rinnovato. La gioia spirituale è il frutto di questa settimana che nasce dalla vittoria di Gesù che viene a confermare tutto il suo insegnamento e, quindi la nostra fede. E’ la gioia del dovere compiuto, delle pecorelle recuperate, della vita

204

La «tercera semana» [190-217]. Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 156 – 181. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 118. Gal 2, 20. 206 Ibidem, p. 121. 207 La «cuarta semana» [281-312]. Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 183 – 271. 205

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nuova che si apre nel mondo208. Gli Esercizi Spirituali si concludono con la «contemplatio ad amorem»209, i «Tre modi di pregare»210, i «misteri della vita di Cristo»211 e le «regole»212, nel nostro lavoro ci interessano le «regole per riconoscere gli spiriti»: questo gruppo di regole offre un migliore discernimento degli spiriti che muovono l’anima. La consolazione e l’azione di Dio senza intermediari, mentre Satana adopera i più svariati espedienti per trasformare in angelo di luce. Un attento esame delle mozioni e delle loro conseguenze farà sempre scoprire che Cristo è verità e Satana inganno213.

III. 2. O Diário de um Mago.

Tra i tanti romanzi di Coelho che avremmo potuto analizzare e da cui avremmo potuto trarre spunti per la nostra riflessione su possibili 208

Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 133 – 138. Con questa contemplazione sogliono concludersi gli Esercizi, ma la contemplazione sta a sé e costituisce un’altra maniera di pregare propria di chi sa trovare Dio in tutte le cose e in tutte le cose amarlo. L’amore – descritto a principio degli Esercizi come lode-rispetto-servizio [23] – ora che l’anima è in ordine, fortificata ad agire, viene ripresentato nel quadro di tutti i motivi che devono suscitarlo ed arrichirlo. Ibidem, p. 141. 210 Gli Esercizi sono preghiera e scuola di preghiera, S. Ignazio vuole impegnarci a pregare nella nostra vita ed ora ci suggerisce altre tre maniere per farlo. Ibidem, p. 145. 211 Sono qui raccolte alcune indicazioni per prolungare la meditazione sui misteri della vita di nostro Signore. Esse attingono direttamente al Vangelo, di cui riportano continui brani, che nel testo vengono indicati tra virgolette. Ibidem, p. 152. 212 Queste regole di vita spirituale descrivono i diversi aspetti che rivestono le consolazioni e le desolazioni di chi passa attraverso la luce degli Esercizi, nella loro prima Settimana. La consolazione è un dono di Dio, la desolazione è spesso frutto dell’azione di Satana. La consolazione e la desolazione non sono stati definitivi dell’anima, perciò è necessario imparare a conoscere i criteri che aiutano a distinguere l’azione di Dio da quella del »nemico dell’umana natura». E’ un programma di perseveranza attraverso le variazioni della sensibilità, e di progresso, di purificazione e di orientamento verso Dio. Ibidem, p. 175. 213 Ibidem, pp. 181 – 185. 209

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corrispondenze non tanto con gli Esercizi Spirituali ignaziani, quanto con ciò che degli Esercizi è arrivato al Nostro attraverso la sua esperienza “gesuitica”, la nostra scelta è caduta su: O Diário de um Mago. Tale scelta si fonda soprattutto sull’impossibilità di poter approfondire tale tematica in tutte quelle opere che sin dal titolo, basti pensare al Manuale del Guerriero della Luce, recano un chiaro riferimento all’indole guerriera della compagnia gesuitica. In questo romanzo evidenzieremo una serie di parallelismi e di possibili punti di contatto che esplicherebbero solo una delle tante e variegate fonti della scrittura di Paulo Coelho. O Diário de um Mago è un romanzo autobiografico. Paulo Coelho racconta in chiave allegorica il suo cammino di fede e la sua conversione al cattolicesimo. Prima di intraprendere il Cammino di Santiago, come possiamo rilevare chiaramente dal titolo originale: O Diário de um Mago (la traduzione italiana tralascia questo particolare), l’autore era ancora legato al suo passato esoterico, alla Tradizione e alle pratiche magiche, ma il viaggio gli farà raggiungere la consapevolezza e quella fede che lo avvicineranno a Dio. Il suo riferimento al passato esoterico lo possiamo rilevare a partire dall’incipit: “Então disseram-lhe: Senhor, eis aqui duas espadas. E ele respondeu: Basta”214. Ma questo legame con la Tradizione esoterica è stato riscontrato soprattutto nel prologo del libro: E que, diante da Face Sagrada de RAM, toques com as suas mãos a Palavra da Vida, e recebas tanta força que te tornes testemunha dela até 214

Ibidem, p. 13.

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aos Confins da Terra! O Mestre levantou a minha nova espada para o alto, mantendo-a dentro da bainha. As chamas na fogueira crepitaram, um presságio favorável, indicando que o ritual devia prosseguir. Então abaixei-me e, com as mãos nuas, comecei a cavar a terra à minha frente (...). Além de mim e do meu Mestre estavam também minha mulher, um discípulo meu, um guia local, e um representante da grande fraternidade que congregava as ordens esotéricas em todo o mundo, e que era conhecida pelo nome de Tradição. Todos os cincos – inclusive o guia, que já tinha sido avisado previamente do que iria acontecer – estavam a participar na minha ordenação como Mestre da Ordem de RAM.215

In questa parte del testo l’autore fa riferimento alla spada, un simbolo che poggia su due piani di conoscenza diversi: metaforicamente rappresenta la Sapienza e la Fede, infatti, riteniamo che la spada è intesa come simbolo sia della conoscenza esoterica sia della fede cattolica.

SPADA / \ Tradizione Magica Conversione al Cattolicesimo / \ Sapienza Fede / \ Passato esoterico Ricerca della Verità

La spada rapportata alla «Tradizione Magica», di cui Coelho ha fatto parte, nel linguaggio iniziatico e oscuro del sapere magico rappresenta la «Sapienza». Nel prologo, si può rilevare che il gruppo esoterico di cui Paulo, protagonista e alter ego di Coelho, fa parte è costituito attorno a un maestro, una figura ritenuta in grado di possedere e rivelare un sapere occulto. In questo rito viene conferito a Paulo il titolo di Maestro dell’Ordine RAM e

215

Coelho, Paulo, O Diário de um Mago, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1987 (Edição portuguesa baseada na edição brasileira, O Diário de Um Mago, Cascais, Editora Pergaminho, 1990, pp. 15 – 17).

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conseguentemente gli viene trasmessa una maggiore conoscenza.

Terminei de escavar um buraco pouco fundo, mas comprido, no solo. Com toda a solenidade toquei a terra, pronunciado as palvras rituais. A minha mulher então aproximou-se e entregou-me a espada que eu tinha utilizado por mais de dez anos, e que me tinha auxiliado tanto em centenas de Operações Mágicas durante aquele tempo. Depositei a espada no buraco que tinha feito (...) Agora ela ia ser devorada pela terra, o ferro da sua lâmina e a madeira do seu cabo servindo novamente de alimento ao local de onde tinha tirado tanto Poder. O Mestre aproximou-se e colocou a minha nova espada diante de mim, em cima do local onde eu tinha enterrado a antiga. Todos então abriram os braços, e o Mestre, utilizando o seu Poder (...) desembainhando a sua própria espada, tocou nos meus ombros e na minha testa, enquanto dizia: – Pelo poder e pelo Amor de RAM, nomeio-te Mestre e Cavaleiro da Ordem, hoje e para o resto dos dias desta tua vida (...) – Estendi a mão para pegar na minha nova espada (...) no momento em que me preparava para trazê-la até mim, o Mestre deu um passo em frente e com toda a violência pisou os meus dedos, fazendo com que eu gritasse de dor e largasse a espada. Depoi virou-se para mim e disse: – Afasta a tua mão que te ilude! Porque o caminho da Tradição não é o caminho dos poucos escolhidos, mas o caminho de todos os homens! E o Poder que tu pensas que tens não vale nada, porque não é um Poder que se divida com os outros homens! Devias ter recusado a espada, e se tivesses feito isso ela ser-te-ia entregue, porque o teu coração estava puro. Mas, como eu temia, no momento sublime escorregaste e caiste. E por causa da tua avidez, terás que buscá-la entre os homens simples. E por causa do teu fascínio pelos prodígios, terás que lutar muito para conseguir de novo aquilo que tão generosamente te ia ser entregue.216

In questa parte del romanzo Coelho (la sovrapposizione tra il personaggio e l’autore è tale che nell’analisi viene naturale e spontaneo riferirsi al Paulo personaggio come Paulo Coelho l’autore) si trova in Brasile, significativo è il momento in cui questi comincia a scavare nel terreno e adagia la spada – che l’aveva accompagnato per più di dieci anni – in un fosso come a voler intendere con questa azione del «sotterrare» la sua intenzione a chiudere con il suo passato esoterico.

216

Ibidem, pp. 17 – 20.

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Tuttavia, si può rilevare nel prologo che Paulo, inizialmente, considera il suo ingresso all’Ordine RAM come una continuità nella Tradizione a cui appartiene, sarà, dunque, durante il cammino di Santiago che Coelho comprenderà l’ordine RAM nella sua completezza. Interessante è la prefazione all’edizione italiana, dove, lo stesso autore sostiene:

Sto cercando una spada. Sto compiendo un rituale di RAM, un piccolo ordine che vive all’interno della Chiesa Cattolica, senza segreti o misteri, se non il tentativo di comprendere il linguaggio simbolico del mondo. Sto pensando che mi sono ingannato, che la ricerca spirituale non è altro che una cosa senza né significato né logica, e che sarebbe stato meglio rimanere in Brasile, a occuparmi di ciò che ho sempre fatto. Dubito della mia sincerità nella ricerca spirituale, perché è molto faticoso cercare un Dio che non si mostra mai, pregare a orari stabiliti, percorrere cammini ignoti, obbedire a una disciplina, accettare ordini che mi sembrano assurdi.217

La mente di Coelho è sconvolta da dubbi e incertezze, la «Tentazione del Demonio» incomincia ad insinuarsi, come afferma il padre Insolera218: “quando ci si è allontanati dal cammino che porta alla vera vita, c’è un disordine interiore nell’animo dell’uomo che lo porta ardentemente a maturare il desiderio di rientrare nell’ordine per non uscirne più”219. Il romanzo è una sorta di viaggio iniziatico all’interno della coscienza di Paulo; la sua guida, Petrus, che non è il maestro dei rituali segreti dell’Ordine iniziatico a cui apparteneva, gli spiega che

le teorie che si

elaborano intorno al mistero dell’esistenza non esistono e gli chiarisce che il cammino è delle Persone Comuni, tutti vengono chiamati e non esistono 217

Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, op. cit., pp. 1 – 2. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 57. 219 Ibidem. 218

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prescelti. La scelta di Coelho di intraprendere questo cammino dimostra l’intenzione di apportare una «riforma» nella propria vita. Petrus, la sua guida, che lo scrittore ancora legato al suo passato definisce Maestro, sa che Coelho è ancora legato alla Tradizione esoterica. In questo viaggio Petrus attraverso una serie di «esercizi», chiaro il riferimento alle pratiche ignaziane, aiuterà Coelho a raggiungere la consapevolezza che niente è occulto, ma che tutto è stato svelato: “il cammino gli insegna che i misteri non esistono, che – come diceva Gesù Cristo – non c’è nulla di occulto che non sia stato rivelato”220, è questa la consapevolezza che lo porterà ad intraprendere il cammino alla Ricerca della Verità, verso Dio: una sorta di passaggio dal suo passato esoterico al Cattolicesimo. E’ evidente il parallelismo con gli Esercizi che esprimono un’attività spirituale condotta con l’aiuto di un direttore che guida l’esercitante a comprendere la finalità degli Esercizi e a ben disporsi per procedere fruttuosamente e seguire le norme che gli daranno sicurezza nel suo itinerario spirituale221. Come affermato sopra, le persone impegnate nel cammino spirituale sono mira del tentatore che le studia, le assedia e le assalta fino alla vittoria; nella tentazione il seduttore offre il male sotto forma di bene, nessuno accetterebbe il male se lo riconoscesse come tale; la volontà umana tende naturalmente al bene; il demonio, per avere successo, deve dunque studiare il modo di presentare la disubbidienza al comandamento come una possibilità di felicità; 220 221

Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, op. cit., pp. 3 – 4. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 33.

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più sarà persuasivo, tanto più avrà successo222. Paulo si troverà ad affrontare la sua “Prima tentazione”, ancora prima di intraprendere il cammino di Santiago:

Depois de quase quaranta minutos, numa curva que contornava uma gigantesca pedra, cheguei ao velho poço abandonado. Ali, sentado no chão, um homem com os seus cinquenta anos (...) remexia a sua mochila em busca de algo. – Olá – disse eu, em espanhol, com a mesma timidez que tinha toda a vez que era apresentado a alguém – Deve estar à minha espera. O meu nome é Paulo. O homem parou de mexer na mochila e olhou-me de cima a baixo. O seu olhar era frio, e não pareceu surpreendido com a minha chegada. Também tive a vaga sensação de que o conhecia. – Sim, esperava-o, mas não sabia que ia encontrá-lo tão cedo. O que quer? Fiquei um pouco desconcertado com a pergunta, e respondi que era a mim que ele iria guiar pela Via Láctea em busca da espada. – Não é preciso – disse o homem. – Se quiser, eu posso encontrála para si. Mas decida isso agora (...). Resolvi dizer que sim. E de repente, por detrás de mim, ouvi uma voz em espanhol, num sotaque crregadíssimo: – Não é preciso subir uma montanha para saber se ela é alta. Era a senha! Olhei para trás e vi um homem (...). Na minha pressa, tinha-me esquecido das regras mais elementares de precaução, e tinhame atirado de corpo e alma nos braços do primeiro desconhecido que encontrara. (...). O homem entretanto, não entretanto, não desviou os olhos do cigano, nem o cigano desviou os olhos dele.223

In questo episodio lo zingaro si rivolge a Paulo dicendogli: – “Sim, esperava-o, mas não sabia que ia encontrá-lo tão cedo. O que quer? (…). Se quiser, eu posso encontrá-la para si. Mas decida isso agora”224 – queste parole esprimono un significato più profondo e si ricollegano al fatto che quando l’uomo intraprende un cammino spirituale parallelamente il demonio lo osteggia per tenerlo vicino a sé. Il demonio cerca di ingannare Paulo rivelandosi per la persona che lui

222

AA. VV., Angeli, demoni e regno di Dio, Camerata Picena, Editrice Shalom, 2001, pp. 292 – 295. 223 Cfr, Coelho, Paulo, op. cit., pp. 37 – 38. 224 Ibidem.

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cerca, una tattica che si fonda sull’illusione e che Coelho dovrà fronteggiare lungo il cammino. Il demonio incomincia ad inquietare Paulo, cercando di depistare la sua ricerca della verità; la lotta spirituale man mano che se ne intraprende il cammino, diventa in un certo senso sempre più violenta225. La sua guida, Petrus, appare poco prima che lo zingaro–demonio riesca ad ingannarlo e conferma a Paulo che effettivamente lo strano personaggio che ha incontrato era veramente un demonio e gli spiega qual è il significato del demonio per la tradizione RAM:

Na tradição, o demônio é um spírito que não é bom nem mau, mas considerado guardião da maior parte dos segredos acessíveis ao homem, e com força e poder sobre as coisas materiais. Por ser o anjo caído, identifica-se com a raça humana e está sempre disposto a pactos e trocas de favores. (...) – Entretanto no te preocupes com ele agora , porque como eu disse antes, ele não será o único.226

E’ chiaro il riferimento agli Esercizi Spirituali e in particolare modo alla «settima annotazione» [7] presente nella «prima settimana», in cui il direttore aiuta l’esercitante a predisporre la sua anima per intraprendere gli Esercizi: “Chi propone gli esercizi, se si accorge che l’esercitante è desolato o tentato, non si mostri con lui rigido e severo (…), lo aiuti a scoprire le astuzie del nemico dell’umana natura, e lo disponga ad accogliere la consolazione che in seguito verrà”227. All’interno de O diário de um Mago sono diversi i parallelismi che si ricollegano agli Esercizi Spirituali, ma noi ci limiteremo a mettere in rilievo i

225

Cfr. AA. VV., Angeli, demoni e regno di Dio, op. cit., pp. 176 – 177. Cfr. Coelho, Paulo, op. cit., pp. 40 – 41. 227 Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 35. 226

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passi più significativi del libro, quelli inerenti gli «esercizi della tradizione RAM» e gli Esercizi Spirituali di S. Ignazio di Loyola.

III. 2.1. Gli «Esercizi».

Lungo il cammino di Santiago il pellegrino Paulo vive un profondo conflitto interiore, in questa lotta spirituale, Petrus, la sua guida228 gli insegnerà attraverso la pratica di alcuni esercizi dell’ordine Ram a ritrovare se stesso e a porre ordine nella sua vita, fondamentali le parole che gli rivolge per destarlo dalle sue convinzioni, che abbiamo trovato nel prologo dell’edizione italiana :

Non esistono eletti, tutti sono prescelti se, invece di domandarsi: «che cosa sto facendo qui?», decidono di fare qualcosa che risvegli l’entusiasmo. E’ nel lavoro fatto con entusiasmo che stanno le porte del paradiso, l’Amore che trasforma, la Scelta che ci conduce a Dio. E’ questo entusiasmo che ci mette in contatto con lo Spirito Santo, e non le centinaia, le migliaia di letture dei testi classici. E’ la voglia di credere che la vita sia un miracolo a far sì che i miracoli avvengano e, non i cosiddetti “rituali segreti” o gli “ordini iniziatici”. E’ la decisione dell’uomo di compiere il proprio destino229 che gli consente di essere veramente un uomo e non le teorie che egli elabora intorno al mistero dell’esistenza.230

Le parole di conforto che utilizza Petrus sono le parole autentiche di amore e di poesia del Vangelo, che il «direttore» adopera negli esercizi spirituali, in realtà ciò che dice è esattamente il fatto che non esistono 228

Importante il parallelismo della guida con la figura del direttore negli esercizi spirituali, entrambe le figure conducono l’esercitante verso la consapevolezza. 229 I Gesuiti hanno svolto un ruolo decisivo contro il principio della predestinazione. Cfr Hollanda, Sérgio, Buarque de, op. cit, p. 46. 230 Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, op. cit., p. 2.

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eletti, tutti sono prescelti, l’importante è impegnarsi in qualcosa che risvegli l’entusiasmo. E’ nel lavoro fatto con entusiasmo che stanno le porte del paradiso, l’Amore che trasforma, la Scelta che ci conduce a Dio. Petrus gli parla dell’entusiasmo che mette l’uomo in contatto con lo Spirito Santo, e non le centinaia, le migliaia di letture dei testi classici. E’ la voglia di credere che la vita sia un miracolo a far sì che i miracoli avvengano e, non i cosiddetti «rituali segreti» o gli «ordini iniziatici». E’ la decisione dell’uomo di compiere il proprio destino231 che gli consente di essere veramente un uomo e non le teorie che egli elabora intorno al mistero dell’esistenza232. Delle affermazioni che dovettero sembrare molto strane a Paulo che prima di intraprendere il viaggio era legato fortemente alla Tradizione esoterica, lui stesso rimarca le parole della sua guida spirituale Petrus: “in questi giorni Petrus mi ha ripetuto che il Cammino è di tutti, delle Persone Comuni, e questo mi lascia alquanto deluso. Pensavo che questo sforzo mi avrebbe assicurato un posto fra i pochi eletti che si accostano ai grandi archetipi dell’universo (…)”233. Questa riflessione è un evidente segno che l’importanza del discorso di Petrus è arrivato dritto al cuore e all’intelletto di Paulo, sconvolgendo i suoi schemi mentali e mettendolo vivamente in difficoltà, non è facile accettare il contenuto di queste parole, Paulo vorrebbe ritornare indietro ma prende coscienza che non può più farlo e, come afferma lui stesso:

231

I Gesuiti hanno svolto un ruolo decisivo contro il principio della predestinazione. Cfr Hollanda, Sérgio, Buarque de, op. cit, p. 46. 232 Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de Um Mago, op. cit., p. 2. 233 Ibidem.

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“perché ho bisogno di cambiare, di proseguire verso il mio sogno, un sogno che mi sembra infantile, ridicolo, impossibile da realizzare: diventare uno scrittore che segretamente ho sempre desiderato, ma che non ho il coraggio di essere234. Il cambiamento è il raggiungimento della consapevolezza si fanno gradualmente strada nella sua mente. Paulo ancora legato alla tradizione esoterica aveva deciso di intraprendere il viaggio per conoscere i misteri delle «pratiche Ram», ma il cammino gli sta insegnando che tutti siamo chiamati, i misteri non esistono e, come gli ha ricordato Petrus: “Non esistono eletti, tutti sono prescelti”235. Vediamo nelle sue tappe come si delinea il cammino del pellegrino Paulo e come Petrus aiuta il protagonista-narratore a recuperare la sua fede attraverso le pratiche Ram, che lo stesso all’interno del romanzo spiega così:

As Práticas de Ram são tão simples que as pessoas como tu, acostumadas a sofisticar demais a vida, muitas vezes não lhes dão nenhum valor. Mas são elas, com mais três outros conjuntos de Práticas, que fazem o homem ser capaz de conseguir tudo, mas absolutamente tudo, que deseja. – Jesus louvou o Pai quando os seus discípulos começaram a realizar milagres e curas, e agradeceu porque Ele tinha escondido estas coisas dos sábios e revelado aos homens simples – (...). O verdadeiro caminho da sabedoria pode ser identificado por três coisas apenas – disse Petrus. – Primeiro, ele tem que ter Ágape, e disso vou falar-te mais tarde; segundo ele tem que ter uma aplicação prática na vida, senão a sabedoria torna-se uma coisa inútil e apodrece como uma espada que nunca é utilizada. E finalmente, ele tem que ser um caminho que possa ser trilhado por qualquer um. Como o caminho que trilhas agora, o Caminho de Santiago.236

234

Ibidem, p. 3. Ibidem, p. 2. 236 Coelho, Paulo, O diário de um mago, op. cit., pp. 42 – 43. 235

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La prima pratica RAM che Petrus fornisce a Paulo è «O Exercicío da Semente»237 che è quella di «rinascere di nuovo», la guida dice a Paulo che la dovrà ripetere per sette giorni, tentando di provare in maniera diversa quello che è stato il suo primo contatto con il mondo, soffermandosi sulla sua situazione attuale:

Terás que executá-la durante sete dias seguidos, tentando experimentar de uma maneira diferente aquilo que foi o teu primeiro contacto com o mundo. Tu sabes o quanto foi difícil largar tudo e vir percorrer o Caminho de Santiago em busca de uma espada, mas esta dificuldade só existiu porque estavas preso ao passado. Já foste derrotado e tens medo de ser derrotado novamente; ja conseguiste alguma coisa, e tens medo de tornar a perdê-la. Entretanto, alguma coisa mais forte que tudo isso prevaleceu: o desejo de encontrar a tua espada. E resolveste correr o risco (...). O exercício, aos poucos irá libertar-te das cargas que criaste para ti mesmo na tua vida.

Questo esercizio presenta un chiaro parallelismo con gli Esercizi Spirituali di S. Ignazio di Loyola, riportiamo brevemente, solamente le parti del testo più significative sia della «décimasexta anotación»238 che precede la «primera semana»239 che del «O Exercicío da Semente»240 in cui abbiamo notato tali corrispondenze. Inizieremo a mettere in evidenza il primo esercizio della pratica RAM:

Durante todo este tempo imagina que és uma semente a transformar-se em rebento e a romper pouco a pouco a terra. Chegou o momento de romper a terra por completo. Vai-te levantando lentamente, colocando um pé no chão, depois o outro, lutando contra o desequílibrio como um rebento que começa a crescer. Levanta, devagar, os braços, em direção 237

Ibidem, p. 45. «décimasexta anotación» [16]. Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 24 – 25. 239 Il fine della «primera semana» è accertarsi di quanto ci si è allontanati dal cammino che porta alla vera vita, deplorare tale disordine e maturare l’ardente desiderio e proposito di rientrare nell’ordine per non uscirne più. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 57. 240 Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de um mago, op. cit., p. 45. 238

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ao céu. Depois vai-te esticando cada vez mais, cada vez mais, como se quisses agarrar o Sol imenso que brilha sobre ti e te dá forças, e te atrai. O teu corpo começa a ficar cada vez mais rígido, os teus músculos retesam-se todos, enquanro te sentes crescer (...) e tornarse-te imenso. A tensão vai aumentando cada vez mais, até se tornar dolorosa, insuportável (...). Pepete este exercício sete dias seguidos, sempre à mesma hora.241

Nel primo esercizio della pratica Ram possiamo rilevare un’intensa simbologia che mette in contrapposizione «l’uomo» con «il germoglio» che non vuole essere più un seme e vuole nascere. Sia «l’uomo» che la «semente» sono creature di Dio, nell’esercizio è evidente che la relazione con la nascita si riferisce all’uomo nuovo e alla conversione che è alla base di questo cambiamento per ritornare nella grazia di Dio. Ma raggiungere questo cambiamento non è facile come dimostra lo stesso Paulo:

Outrora, esta imensidão dar-me-ia uma grande angústia, um medo terrível de que não seria capaz de conseguir, de que era pequeno demais para isso. Mas hoje eu era uma semente e tinha nascido de novo. Tinha descoberto que, apesar do conforto da terra e do sono que eu dormia, era muito mais bela a vida «lá em cima». E Eu podia nascer sempre, quantas vezes quisesse, até que os meus braços fossem suficientemente grandes para poder abraçar a terra de onde tinha vindo.242

Il combattimento che Paulo sostiene durante questo esercizio evidenzia le due forze che simbolicamente interagiscono in questa metaforica lotta tra il bene e il male, una la «coisa lá em cima» (Dio), che lo spinge verso l’alto e l’altra verso il basso: la «força que empurrava para baixo» (Satana), una forte contrapposizione che vedrà primeggiare la sua propensione verso l’alto ossia 241 242

Ibidem. Ibidem, p. 47.

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verso Dio. Lo stesso Paulo afferma: demais eu precisava lutar contra a força que me empurrava para baixo em direcção ao fundo da terra, onde antes eu estava tranquillo (…) mas fui vencendo (…) e finalmente rompi alluma coisa e já estava direito. A força que me empurrava para baixo cessou. Eu tinha rompido a terra e estava cercado da tal «coisa lá em cima» (...). Senti o calor do Sol.243

Ecco di seguito una delle parti più significative della «décimasexta anotación»: Para lo cual, es a saber, para que el Criador y Señor obre más ciertamente en la sua criatura, si por ventura la tal ánima está afectada y inclinada a una cosa desordenadamente, muy conveniente es moverse, poniendo todas sus fuerzas, para venir al contrario de lo que está mal afectada (...) si su divina majestad, ordenando sus deseos, no le mudare su afección primera (...).244

Il parallelismo con «O Exercicío da Semente»245 lo rinveniamo nella «décimasexta anotación» che precede la «primera semana», in cui si fa riferimento al combattimento che deve sostenere la creatura, che è opportuno lotti con tutte le forze e si muova in direzione opposta all’affetto disordinato verso cui è spinta disordinatamente, una volta che la creatura ottiene questo ordine nei desideri conserva la causa del desiderare «questo o quello», ma che sia soltanto il servizio e la gloria della Divina Maestà. La corrispondenza tra «O Exercicío da Semente» e la «décimasexta anotación» continua in maniera più evidente nel successivo capitolo del romanzo che è dedicato al «Criador e a Criatura»246 che si ricollega agli Esercizi Spirituali perché sottolinea la tematica della «creazione» che ritroviamo anche

243

Ibidem, p. 46. Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 24 – 25. 245 Cfr. Coelho, Paulo, O Diário de um mago, op. cit., p. 45. 246 Ibidem, pp. 49 – 50. 244

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nel «Principio y Fundamento»247 [23] e al tema della «ricerca». In questa parte del romanzo si dà molto valore al «viaggio» in cui si sperimenta in maniera più concreta l’atto della Rinascita, ci si trova innanzi a situazioni del tutto nuove: il giorno trascorre lentamente e si è costretti a dare più importanza alle cose che ci circondano. Il viaggio è anche inteso come rinascita e superamento del peccato per avvicinarsi a Dio. E’ in questa chiave di lettura che si collega al corso degli Esercizi Spirituali in cui ricercandosi la volontà di Dio è meglio che lo stesso «Creatore» sia in contatto con la sua «creatura», attirandola al suo amore e avviandola per quel cammino ove potrà servirlo. In tutto il romanzo altri esercizi significativi della pratica Ram hanno rivelato una forte corrispondenza con gli Esercizi Spirituali, ma qui ci limiteremo a mettere in evidenza solo alcuni esercizi che evidenziano, a nostro parere, una marcata consonanza con la spiritualità ignaziana. Durante il cammino, nella quarta parte del romanzo, Paulo esprime la sua delusione riguardo al cammino inteso come un viaggio troppo legato al cristianesimo e privo del fascino e dell’estasi che i «Rituali della Tradizione» suscitavano in lui, infatti, si aspettava un cammino che fosse legato alla magia e che gli dimostrasse che lui fosse un eletto248. In questa pratica Petrus istruisce Paulo nell’applicarsi alla meditazione dei pensieri dannosi che attraversano la sua mente e a provocarsi dolore ogni qualvolta ricade in questi. Questa pratica Ram è «O exercício da crueldade»249

247

Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 38 – 39. Cfr. Coelho, Paulo, O diário de um mago, op. cit., p. 69. 249 Ibidem, p. 79. 248

121

in cui abbiamo notato un forte parallelismo con l’«examen particolar y cotidiano»250[24-31]. Ecco un breve passo del «O exercício da crueldade»:

Todas as vezes que um pensamento que achas que te faz mal te passar pela cabeça – ciúme autopiedade, sofrimentos de amor, inveja, ódio, etc. – procede da seguinte maneira: Crava a unha do indicador na raiz da unha do polegar, até que a dor seja bem intensa. Concentra-te na dor: ela reflecte no campo físico o mesmo sofrimento que estás a ter no campo espiritual. Afrouxa a pressão só quando o pensamento te sair da cabeça. Repete quantas vezes for necessário (...) até que o pensamento te abandone (...). 251

In questa «Pratica Ram» è stato riscontrato il legame con l’«examen particular y cotidiano», che è un esercizio che concentra metodicamente il combattimento ascetico su un punto determinato: peccato o difetto da evitare per vincere se stesso e ordinare la propria vita. Inoltre, si è riscontrata una corrispondenza anche con le «Adiciones para mejor hacer los ejercicios y para mejor hallar lo que desea»252 [73-90] della «primera semana» e soprattutto della «tercera»253 [85], che riguarda il castigo del corpo per ottenere più sicuramente i frutti che si desiderano. Questa pratica Ram è insegnata a Paulo per fargli comprendere quanto l’uomo è crudele con se stesso quando si allontana dai propri sogni. Petrus spiega a Paulo che l’uomo non può smettere mai di sognare: il sogno è il nutrimento dell’anima, perché se i nostri sogni svanissero, i nostri desideri sarebbero

250

Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., pp. 40 – 45. Ibidem, p. 78. 252 Ibidem, pp. 81 – 89. 253 Ibidem, pp. 86 – 87. 251

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frustrati, tuttavia è necessario continuare a sognare, altrimenti la nostra anima muore e Ágape non può penetrarvi254. Petrus gli ripete che il Cammino di Santiago è importante perché con esso alimenta una cosa molto importante, cioè, i suoi sogni. A questo punto il viaggio si trasforma in «piacere»:

O caminho que estás a fazer é o Caminho do Poder, e só os exercícios de Poder te serão ensinados (...) a viagem (...) agora começa a trasformar-se num prazer, no prazer da busca e da aventura. Com isso estás a alimentar uma coisa muito importante, que são os teus sonhos.255

Petrus continua a dire a Paulo che per non far morire i propri sogni deve sostenere il «Buon Combattimento»:

O Bom Combate é aquele que é travado porque o nosso coração pede (...). O Bom Combate é aquele que é travado em nome dos nossos sonhos. Quando eles explodem em nós temos muitam coragem, mais ainda não aprendemos a luta. Depois de muito esforço, acabamos por aprender a lutar, e então já não temos a mesma coragem para combater. Por causa disso, voltamo-nos contra nós e combatemo-nos a nós mesmos, e passamos a ser o nosso pior inimigo. Dizemos que o nossos sonhos eram infatis, difíceis de realizar, ou fruto do nosso desconhicimento da realidades da vida. Matamos os nossos sonhos porque temos medo de travar o Bom Combate.256

La Pratica Ram del «O exercício da crueldade» suggerisce una meditazione sui pensieri che disorientano la lotta interiore e insegna a riconoscere i propri limiti interiori che sono da ostacolo alle insidie di vario

254

Cfr. Coelho, Paulo, O diário de um mago, op. cit., pp. 70 – 71. Ibidem, pp. 72 – 73. 256 Ibidem, pp. 73 – 74. 255

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genere che distolgono dalla realizzazione dei propri sogni. In queste considerazioni è evidente come l’autore propone dei buoni consigli per aiutare l’uomo a perseguire i propri sogni, il «Buon Combattimento» racchiude nel suo significato più profondo la lotta interiore, la fatica, che l’anima deve affrontare per il compimento dei propri sogni, una chiara vena intimista che segnala come la «ricerca» è incentrata su di sé. Una chiave di lettura che si discosta dalla profondità degli Esercizi Spirituali che preparano alla elezione o alla riforma nella luce della missione di Cristo e della sua lotta contro Satana, una lotta interiore che è contro l’amore disordinato e gli inganni sull’orientamento della vita, per giungere alla perfezione evangelica, «pronti e diligenti» nel compiere ciò che più piace a Dio, in qualunque stato di vita. Un altro parallelismo lo abbiamo riscontriamo Nella Pratica Ram «O Ritual do Mensagero»257, presentiamo il primo passo dell’esercizio e rimandiamo al romanzo per avere una lettura del testo nella sua interezza:

Senta-te e descontrai-te completamente. Deixa a mente vaguear por onde quiser (...).Quando sentires que a tua mente não se preocupa con mais nada, imagina uma coluna de fogo à tua direita. Faz as chamas ficarem vivas, brilhantes. Então diz em voz baixa: «Ordeno que o meu subcosciente se manifeste. Ele abre-se para mim e revela os seus segredos mágicos». Aguarda (...) Se surgir alguma imagem, ela será uma manifestação do teu subcosciente (...).258

Petrus con «O Ritual do Mensagero» spiega a Paulo che oltre alle forze fisiche che ci circondano e ci aiutano, accanto a noi esistono due forze spirituali principali: un angelo e un demonio e che bisogna imparare a 257 258

Ibidem, p. 90. Ibidem, p. 91.

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conoscere e distinguere tra le due figure:

O anjo protege-nos sempre, e isto é um dom divino – não é necessario invocá-lo. A face do teu anjo está sempre visível quando vês o mundo com belo olhos (...) Os nossos avós conheciam-no por anjo guardião, anjo da guarda, anjo custódio. O demônio também é um anjo, mas é uma força livre, rebelde. Prefiro chamá-lo de Mensageiro, já que ele é o principal elo de ligação entre nós e o mundo. Está presente no ouro da Igreja, porque o ouro vem da terra e a terra é o seu domínio. Está presente no nosso trabalho e na nossa relação com o dinheiro. Quando o exorcisamos, perdemos tudo de bom que ele sempre tem para nos ensinar, pois conhece muito do mundo e dos homens. Quando nos fascinamos pelo seu poder, ele possui-nos e afasta-nos do Bom Combate.259

Petrus definisce l’angelo un dono divino che non è necessario invocare, poi definisce anche il demonio un angelo, ma specifica che si tratta di una forza ribelle e per questo preferisce chiamarlo «Messaggero», entrambi possono risultare dei buoni alleati per intraprendere il «Buon Combattimento» e invita a Paulo a riconoscere i suoi nemici e i suoi amici per poter combattere il «Buon Combattimento»260 :

Para travar o Bom Combate, precisamos de amigos, e quando os amigos não estão perto, temos que transformar a solidão na nossa principal arma. Tudo o que nos cerca tem que ajudar-nos a dar o passos que precisamos em direcção ao nossos objectivo. Tudo tem que ser uma manifestação pessoal da nossa vontade de vencer o Bom Combate. Sem isto, sem perceber o que precisamos de todos e de tudo, seremos querreiros arrogantes. E a nossa arrogância derrotar-nos-á no final, porque vams estar de tal modo seguros de nós mesmos que não vamos perceber as armadilhas do campo de batalha. 261

259

Ibidem, pp. 89 – 90. Ibidem, p. 88. 261 Ibidem, p. 88 – 89. 260

125

Nella pratica de «O Ritual do Mensagero» il «Messaggero» serve principalmente per una cosa: aiutare nel mondo materiale. Il demonio è una figura a cui lo stesso S. Ignazio ha dato molto fondamento all’interno degli Esercizi Spirituali a partire dal «Quinto ejercicio: meditación del infierno»262 [65-72] della «primera semana» in cui si vuole ispirare timore per premunire contro ogni tentazione di infedeltà. Contro l’appetibilità e la piacevolezza del peccato. Gli Esercizi propongono un metodo di orazione, l’applicazione dei cinque sensi, metodo per le scene concrete e drammatiche dell’inferno, in cui il sentimento delle pene sensibili contrasta il fascino della tentazione. La meditazione dell’inferno stimola ad uscire da ogni indecisione, suppone una fede viva in tale verità. Nella «segunda semana» troviamo la «meditación de dos banderas, la una de Cristo y la otra de Lucifer»263 [136-148]; questa meditazione descrive una gradualità nell’inganno come nell’imitazione di Cristo e prepara alla elezione nella luce della missione di Cristo e della sua lotta contro Satana; il perenne contrasto tra due spiriti nel cuore dell’uomo – il bene e il male – dispone a schierarsi col Signore o con Satana, mostrando il perenne contrasto tra verità e inganno che scatena la lotta interiore, il «buon combattimento» è chiaramente un’allegoria guerriera che esprime la spiritualità combattiva degli Esercizi. Ma la forte corrispondenza de «O Ritual do Mensagero» la rileviamo nelle «Reglas para en alguna manera sentir y conocer las varias mociones que en la ánima se causan: las buenas para recibir y las malas para lanzar, y son

262 263

Cfr. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 76 – 79. Ibidem, pp. 120 – 126.

126

más propias para la primera semana»264[313-327], queste regole di vita spirituale aiutano a distinguere l’azione di Dio da quella del «nemico dell’umana natura»; è un programma di perseveranza attraverso le variazioni della sensibilità, del progresso e dell’orientamento verso Dio265. Anche se c’è da segnalare che i due esercizi presentano due finalità diverse: ne «O Ritual do Mensageiro» si indica la chiarezza nei propri desideri e il fine è chiaramente individualista e incentrato al bene singolo della persona, mentre le «Reglas para en alguna manera sentir y conocer las varias mociones que en la ánima se causan» consentono all’esercitante di fissare la volontà di Dio nella propria vita e di passare ad attuarla con l’elezione: la scelta finale necessaria per riformare la propria vita e desiderare il meglio il – magis – voluto da Dio266.

III 2.2. «Agape» e «Magis».

Sull’idea di «Amore» – un tema a cui l’autore è molto legato nel romanzo e a cui si riferisce col nome di «Ágape» – Coelho ci dà la sua interpretazione attraverso le parole di Petrus: “Deus é Amor e está em tudo que nos cerca, e deve ser pressentido, vivido, e eu estou aqui a tentar transformá-lo num problema de lógica para que tu compreendas”267. Rimarcando, in fondo,

264

Ibidem, pp. 272 – 273. Cfr. S. Ignazio di Loyola, op. cit., p. 175. 266 Ibidem, p. 109. 267 Ibidem, p. 71. 265

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che l’uomo è una creatura di Dio e per sostenere il suo pensiero cita la «Lei do retorno»268, che in chiave allegorica mette in evidenza che sulla terra l’uomo è di passaggio e dopo la morte ritorniamo a Dio. Chiaramente, Coelho non inventa niente di nuovo. Con il termine Ágape si denota l’espressione biblica dell’amore come manifestazione per l’amore fondato sulla fede269; nel contesto del Romanzo questo vocabolo esprime l’amore di Dio per le sue creature, in opposizione all’amore indeterminato e ancora in ricerca. In chiave cristiana: l’Amore inteso come «Ágape» o «Magis» – come lo definisce S. Ignazio di Loyola – va inteso come la gioia per l’amore di Dio, una grande gioia che si rileva nella consapevolezza dell’esistenza e di essere creature di Dio, un’appartenenza che ci mette in comunicazione con il «Creatore» e ci unisce a Dio e ci fa amare e sentire amati da Dio. L’uomo che vive sulla terra finché non raggiunge questa consapevolezza di essere una creatura di Dio vive preso dai propri egoismi che generano disordini e malessere e lo rendono schiavo di comportamenti sbagliati che lo inducono al peccato e al malessere interiore, la consapevolezza spezza queste catene, perché l’uomo vive male nel peccato: «vive in una condizione di schiavitù», perché appartiene a Dio che è gioia e Amore, perciò la consapevolezza aiuta a ritrovare l’ordine e a vivere in grazia di Dio, nella terra l’uomo è di passaggio perché non appartiene a questo mondo ma al regno di Dio. L’uomo che è nel peccato ha fallito il piano di Dio, questo suo stato di peccato lo agita a lungo per ritrovare l’equilibrio perduto, in questo si spiegano 268 269

Ibidem. Cfr. Ratzinger, Joseph, Deus caritas est, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vticana, 2006.

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le crisi interiori e il malessere che pervadono l’animo dell’uomo270. La forza fondamentale che esercita la sua pressione in maniera decisa e insieme dolce nella formazione di questa vita è l’amore: amore che viene espresso con il termine «magis» che è il più caratteristico di tutta la personalità di Ignazio. Il vocabolo latino per lui l’amore, che non è mai contento che vuole sempre di più, un amore che per principio è illimitato che tende sempre verso le più alte vette. Amore che è disponibilità al servizio di Dio e volontà di assimilarsi sempre di più a Cristo.

270

Cfr. Spadaro, Antonio, Alle radici della pedagogia dei gesuiti: il rapporto dell’uomo con il mondo e la storia alla luce della spiritualità degli Esercizi di Ignazio di Loyola, in Atti del Convegno Internazionale Messina 14-16/11/1991, Messina, ESUR Ignatianum, 1992, pp. 579 – 589.

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CONCLUSIONI

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Conclusioni Come ben evidenziato lungo tutto il presente elaborato, si può chiaramente parlare di influenza “gesuitica” nella scrittura di Paulo Coelho, tuttavia, e di questo ne siamo pienamente convinti, si tratta solo di una delle tante vertenti e delle innumerevoli fonti da cui il Nostro si è abbeverato e da cui ha attinto idee e spunti. A questo punto, però, sorge un altro spunto di riflessione che lasciamo a queste ultime pagine: Perché Paulo Coelho ha successo? In fondo, questa è la domanda che si sente rivolgere più frequentemente lo scrittore, da giornalisti di tutto il mondo, ma come afferma lui stesso:

Il mio processo di creazione va contro tutto quello che si è soliti definire per convenzione, una «ricetta del successo». Innanzi tutto, io non seguo una formula tematica nei miei libri: O diário de um mago, pubblicato in Italia col titolo Il cammino di Santiago e, As Valkírias, per esempio trattano direttamente della spiritualità, argomento che, l’Alchimista e Veronika decide di morire non sfiorano neppure. L’inserimento dei personaggi nel tempo, inoltre è molto variabile: in Monte Cinque siamo alcuni secoli Avanti Cristo, Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto, si svolge nel presente, mentre l’Alchimista e il Diavolo e la Signorina Prym, non presentano riferimenti all’epoca. C’è chi dice si tratta di marketing: orbene i miei primi due libri “Il Cammino di Santiago e l’Alchimista”, avevano già venduto più di 250 mila copie, quando la casa editrice ne mise il primo annuncio. Lo stesso è avvenuto all’estero: gli editori stranieri si sono avventurati ad investire in uno sconosciuto autore brasiliano solo dopo aver visto ciò che accadeva in Brasile.271

Dalle affermazioni di Coelho si deduce che non esiste una vera ricetta per il successo, e l’autore avvalora questa tesi mostrando le diversità tematiche 271

Coelho, Paulo, “La felicità? Questione di stile”, Milano, Oggi, 2003, pp. 79 – 80 (tr. it. a cura di Rita Desti).

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e narrative che caratterizzano la sua scrittura; inoltre, Coelho non ammette neanche l’idea di marketing per quel che riguarda la sua opera, e allora, qual è il segreto? Analizzando le sue parole tenteremo di comprendere, almeno in parte, da che cosa può dipendere il suo successo. I libri di Paulo Coelho si distinguono per l’uso di un linguaggio semplice che non ricorre all’uso d’artifizi, i suoi romanzi sono ben costruiti e hanno il sapore della fiaba, del mito e della sapienza biblica ma, nel loro contenuto non apportano nessuna novità, sono tanti gli scrittori che nei loro libri affrontano la tematica della «Ricerca Spirituale», ognuno certo con le proprie peculiarità, ma nessuno di loro riesce a vendere quanto lui. Qual è il segreto? I romanzi di Coelho ripercorrono e ricreano la sua ricerca esistenziale, come è stato già evidenziato precedentemente; nei suoi libri inserisce lezioni di teologia, citazioni di alcuni passi della Bibbia e alcune pratiche misticheggianti come abbiamo potuto notare nel Diário de Um Mago, dove alla fine di ogni capitolo c’è la descrizione di alcuni «esercizi» della pratica RAM (Rigore Amore Misericordia), dei veri e propri rituali magici, capaci – secondo il suo parere – di orientare la vita e imprimerle un senso appagante e aperto alle più insperate possibilità. Il lettore tende a confondersi con i suoi personaggi e, a volte, con lo stesso scrittore, specialmente quando questi si presenta come un «Uomo Comune» che vive un’avventura straordinaria e invita il lettore ad avere coraggio e a realizzare la propria «Leggenda Personale»272.

272

Cfr. Carro, Cristina Berdnt, op. cit., p. 8.

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Al lettore di Coelho in fondo piace l’insistenza sulla ricerca personale e sull’impegno che essa esige, che considera elementi positivi da accogliere e valorizzare. In un’epoca malata di materialismo e d’indifferenza, questo tipo di letteratura, definita dell’«auto-ajuda»273, attira nugoli di persone che cercano facili soluzioni per la propria vita e per il proprio benessere interiore, tuttavia, Coelho, nei suoi libri, si arroga anche l’intento di insegnare qualcosa. La pedagogia coelhiana274 verte su diversi argomenti etico-religiosi che suscitano la riflessione interiore e che si ripetono in tutta la sua produzione letteraria stimolando il lettore ad approfondire i temi proposti e ad avvicinarsi alla tematica complessa della spiritualità. I suoi libri sono carichi di messaggi di salvezza, possono confondere le idee sulla religione? Nel tentare di rispondere a questo interrogativo c’è da dire, che in realtà le idee ricorrenti nei suoi romanzi spesso possono condurre sul terreno dell’ambiguità e della confusione, per alcuni dei suoi critici appartengono al terreno della New Age 275, un’etichetta che l’autore, nonostante palesi richiami e atmosfere simili, rifiuta e non crede possa applicarsi ai suoi libri:

Sono semplicemente uno scrittore – ribatte – sono cattolico e non ho niente a che fare con la New Age, come crede il pubblico italiano. Rimango convinto che ogni atto umano debba presupporre una decisione, mentre questa forma di spiritualità moderna è assolutamente il contrario: l’assenza di responsabilità.276

Riguardo al successo dell’autore, nella sua tesi di dottorato Richard

273

Cfr. Romancini, Richard, op. cit.. Cfr. Carro, Cristina Berdnt, op. cit.. 275 Cfr. Castelli, Ferdinando S. I., op. cit., pp. 444 – 451. 276 Cfr. Crespi, Angelo, “Il Dio carioca dei libri è un uomo (quasi) normale”, Il Giornale, 12.10.2000, p. 32. 274

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Romancini277 fa un excursus storico letterario sui libri di Paulo Coelho e parla dell’interesse dell’autore verso i testi mistico-religiosi e esoterici, segnalando che l’autore prima di pubblicare O diário de um mago scrisse altri libri: Arquivos do inferno278 e Manual prático do vampirismo279; testi che rimandano ad argomenti esoterici di occultismo e di magia280. Lo stesso Romancini, nel suo studio sullo scrittore, nota questo abbandono «tematico» e il successivo passaggio verso altri «cammini», rimarcando questo cambiamento facendo riferimento al momento in cui Coelho viene eletto «immortale», cioè, membro dell’Accademia Brasiliana di Lettere, considerata come tappa finale del passaggio da mago a scrittore:

As temáticas relativas à «magia» e ao «esoterismo» – mais próximas da «cultura das bordas»281 – vão sendo abandonadas, inclusive pelo próprio 277

Cfr. Romancini, Richard, op. cit., pp. 81 – 89. Arquivos do inferno: è un libro composto da piccoli saggi, storie, traduzioni, è stato scritto da Paulo Coelho nel 1982, pubblicato presso la “Shogun Arte”, una casa editrice creata dallo stesso scrittore. Senza dubbio è il libro con maggiore intenzione espressiva in termini letterari tra i primi testi scritti da Coelho. In certi passi del testo ci sono dei riferimenti alle tematiche mistiche (ad esempio sono citati: Blake e Castañeda) non per niente i testi sono preceduti dal titolo “Em busca de J.L.B”, la sigla si riferisce allo scrittore Jorge Luís Borges. Il tipo di produzione ricorda per certi versi il tipo produzione che lo scrittore fa per alcuni giornali e riviste, un testo sintetico che si preoccupa di trasmettere un messaggio. Ibidem, pp. 89 – 90. 279 Manual prático do vampirismo: è stato scritto da Paulo Coelho e Nelson Liano Jr. nel 1986 presso la casa editrice ECO specializzata in temi religiosi e esoterici. Il testo è diviso in cinque parti, le prime tre sono dei saggi che trattano l’origine del vampirismo: il “vampirismo astrale” e le forme per identificare, evocare e combattere i vampiri, il tono delle prime tre parti è serio e erudito non esiste, tuttavia, una preoccupazione didattica, c’è una semplicità formale in cui la narrazione può irrompere con brevi assunti sul caso di un vampiro che segue il tema più classico della fiaba. La quarta parte scritta da Coelho corrisponde a tutta una serie di “scongiuri, salmi, litanie e esorcismi” per allontanare un vampiro. Nella quinta parte scritta anche questa da Coelho, l’aspetto narrativo è più curato ed è composta sotto forma di un racconto in cui l’elemento narrativo è ben strutturato nella “storia del vampiro”. Ibidem, pp. 90 – 91. 280 Ibidem, pp. 81 – 89. 281 Culturas das bordas: conforme Ferreira (1992-1996), o termo descreve um espaço de produção e circulação do impresso que reside num “subdolo cultural”. Em outros termos, tratase de uma produção sem a legitimidade da cultura oficial e hegemônica, em primeiro lugar, e que ainda que seja um produto da indústria cultural e atinja, po vezes, larga escala, caracterizase por resultar num bem cultural “pedido em voz baixa, sussurado para não ser ouvido, consumido por quem o esconde na rua, camuflado entre outros materiais, e devorado na solidão ou no espaço ritual”. Ibidem, p. 100 in Ferreira, 1992, XX. 278

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Coelho, que não parecia costrangido, inicialmente, em destacar pontos como sua suposta capacidade de «produzir vento». Assim, numa das primeiras grandes reportagens sobre o autor na imprensa paulista, em 1990, após Coelho ter vendido trinta edições de O diário de um mago e o Alquimista, grande parte do perfil biográficorealizado gira em torno de temas como estes, e o escritor, ao comentar seu incontro com seu “mestre” afirma que: “ele contou minha vida em detalhes; disse que minha lenda pessoal – que é o porquê de nossas vidas, o sonho que temos aos 15 anos – era a magia. Eu teria que ser um mago, teria de ser , para sempre”. Hoje, entretanto, há uma espécie de recalque dos elementos “esotéricos”, em favor do investimento mais tradicionais da figura do escritor, ainda que próximo a temáticas “espiritualistas”. Dessa forma, é quase como conseqüência que (...) a “lenda pessoal” do autor, em 1997, seja outra: tornar-se escritor (...). No entanto, é interessante perceber que estes livros constituíram, num momento inicial da carreira do agente, um «capital simbólico»282 importante (...). Este capital tornou destacavél na medida que Coelho tornou-se uma figura importante no mercado do livro, tanto no Brasil, quanto fora do país (...). Por fim a pssagem de Coelho da «cultura das bordas» a um «centro», refere-se ao fato de que o trabalho do autor hoje situa-se num espaço extremamente profissionalizado do mercado editorial, no qual gravitam produtos e imagens relacionados a seu trabalho.283

Tuttavia, molti dei suoi critici più acerrimi, soprattutto nelle fila del mondo cattolico, tendono a considerare i suoi testi come: “un carosello di idee esoteriche, alcune (...) riducibili all’alchimia284, altre al panpsichismo285 e al

282

Capital simbólico: Nos termos de Bourdieu (1990-1997), ou seja, o “capital simbólico como capital de reconhecimento ou consagração, institucionalizada ou não, que diferentes agentes e instituições conseguiram acumular no decorrer de lutas anteriores, ao preço de um trabalho e de estratégias específicas”. Ibidem, p. 103 in Bourdieu. 283 Ibidem, pp. 102 – 103. 284 “L’alchimia non è qualcosa, è un atteggiamento culturale che nasce con l’uomo. Nel momento in cui esiste l’uomo, l’uomo pensante, raziocinante, esiste l’uomo che ha dei rapporti con la natura. E nel momento in cui ha dei rapporti con la natura ritiene di dover entrare nel vivo della natura per utilizzarla. I primordi dell’alchimia sono tutti quei tentativi che l’uomo ha fatto per conoscere la natura inanimata. E’ alchimista quello che scopre il fuoco, è un alchimista quello che scopre i metalli attraverso il fuoco: sono i primordi dell’alchimia. In chiave moderna è riemersa in maniera prepotente l’immagine dell’alchimia legata ad un fabbisogno di irrazionalità che pervade l’umanità contemporanea sotto forma di rifiuto dell’eccesso di materialismo che ha caratterizzato la cultura di questo secolo. La conoscenza, la ricerca della verità è l’essenza dell’alchimia: la scienza è uno strumento funzionale all’utilizzazione di dati conoscitivi percettivi sensoriali. Ma non è la verità. La verità è la capacità di percepire la complessità che sta dietro al fenomeno, ed è ben diverso. E’ questa la caratteristica dell’alchimia. Il raggiungimento della verità oggi non è altro che un approccio graduale, cioè un individuo che sta sulla strada. D’altra parte questo è un concetto comune a tutti i ricercatori della verità: il ricercatore della verità non è mai uno che dice “sono in possesso della verità”. Chi è in possesso della verità è soltanto colui che ritiene di averla per grazia ricevuta, allora entriamo nel misticismo. La verità è oggi la capacità di capire prima di

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panteismo286, altre ancora allo gnosticismo287 e ad un vago misticismo”.288 Le ardite espressioni «l’Anima del Mondo», la «Leggenda Personale» e così via, sono una chiara testimonianza del suo passato esoterico, quando Coelho, sempre votato alla ricerca spirituale e prima della sua ri-conversione al cattolicesimo, frequentò diverse correnti filosofiche e religiose e si perfezionò nella magia di tutta una serie di maestri. Tuttavia, non riteniamo i libri di Coelho pericolosi, come sono definiti da alcune autorità della Chiesa. Il fatto è che bisogna mostrare un atteggiamento più flessibile che permetta di applicare una differente chiave di lettura, come mostrano le affermazioni dell’arcivescovo di São Paulo, don Paulo Evaristo Arns che interpreta i libri di Paulo Coelho come una sorta di punto d’appoggio per gli increduli della religione:

tutto che il mondo nel quale viviamo è un mondo estremamente complesso, la cui complessità aumenta nel momento in cui mi pongo al centro di questo mondo per interpretarlo. Alle soglie del terzo millennio l’alchimia è ben lontana dall’essere scomparsa: la società contemporanea è una società dove si è presa coscienza che il mondo è complesso e la possibilità di affrontare la realtà non può appiattirsi su una visione esclusivamente religiosa, evoluzionistica, materialistica etc., ma è tutte queste cose insieme, ed è poi, soprattutto, il rapportarsi dell’uomo a queste cose”. Cfr. Vitali, Giorgio in Marra, Stefania, «Scienza senza confini» professione alchimista, Avvenimenti, 25.10.1995, pp. 46 – 51. 285 Panpsichismo: il termine è usato dai biologi e dagli psicologi in relazione alla teoria che considera la mente umana un’entità immateriale e tuttavia capace di interagire con il corpo tramite il cervello e il sistema nervoso. Questa teoria filosofica riconosce a tutte le cose un’essenza interiore o psichica. Cfr. AA. VV., Enciclopedia Garzanti di Filosofia, op. cit.. 286 Panteismo: (in greco, pan, “tutto” e in greco, theós). Dottrina che identifica tutto ciò che esiste con Dio. Muovendo dal presupposto secondo cui dalla realtà divina deriva il mondo come emanazione senza che esso abbia una sua propria consistenza si parlerà di “panteismo acosmico”. Mentre se si nega alla divinità una realtà separata giungendo a identificarla con la natura si potrà parlare di “panteismo ateistico”, una concezione che nega l'idea di una realtà divina personale, separata e trascendente il mondo. Ibidem. 287 Gnosticismo: Movimento religioso esoterico sviluppatosi soprattutto nel II e III secolo nell’ambito del cristianesimo, di cui costituì la maggiore tendenza eterodossa. Il termine gnosticismo, derivato dalla parola greca gnósis (“conoscenza”), designa la conoscenza segreta del divino che i seguaci del movimento affermavano di possedere. Il pensiero gnostico manifesta la compresenza di elementi culturali provenienti da ambiti differenti: la speculazione mistica diffusasi negli ambienti ebraici nel I secolo d.C., le concezioni dualistiche presenti nello zoroastrismo persiano, l’influenza della metafisica del platonismo e del neoplatonismo. Ibidem. 288 Castelli, Ferdinando S. I., “«L’Alchimista» di Paulo Coelho cammina sui sentieri del «new age»”, Roma, La Civiltà Cattolica, 1997, quaderno 3519, p. 230.

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Eles oferecem um mundo espiritualizado para o vazio deixado pelo materialismo da máquina e ensinam a felicidade que cada um busca. Em geral, os livros esotéricos fortalecem muitos valores cristãos, mas também alienam, por isso acho que devemos nos sintonizar com esta onda para resgatar a vida plena.289

In definitiva, persiste una vaga idea che le opere di Coelho possano essere di ausilio e rafforzamento dei valori cristiani, anche se mantengono un insito pericolo di deriva alchemica o irrazionale. Il giornalista Otávio Frias Filho290 nel parlare del successo di Paulo Coelho si riferisce a una «cosmologia selvaggia» esposta nei suoi libri, che è:

aberta à teoria dos cristais, ao cristianismo popular, à sabedoria árabe, à astrologia, à alquimia – todas as formas de irracionalismo que a imaginação humana já concebeu, amalgamadas numa religião globalizada para o milênio.291

Non si può evitare di evidenziare che Coelho, avvalendosi di storie semplici, aforismi, leggende e tradizioni antiche, nei suoi libri invita i lettori di qualsiasi credo e religione a riflettere sui moti del proprio animo e sembra che il suo scopo sia, principalmente, quello di stimolare una pseudo-riflessione su una pseudo-consapevolezza «spirituale». I suoi numerosi testi anche se permeati di un linguaggio altamente simbolico sono accessibili a tutti e mostrano come l’autore presenti la sua scrittura come un viaggio verso la ricerca della Verità, ma soprattutto verso Dio e riteniamo che, essendo il suo iter artistico tuttora in svolgimento sia 289

Cfr. Carro, Cristina Berdnt, op. cit. in Rodrigues, Apoenan, “A converção do mago”, Revista Isto è, 3.8.1994, p. 77. 290 Cfr. Romancini, Richard, op. cit., pp. 88 – 89. 291 Ibidem.

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facile che l’autore stesso possa cadere in contraddizioni e accentuare tutta una serie di ambiguità. Ridurre la scrittura di Coelho a pura ricerca spirituale sposterebbe le coordinate per un tentativo di comprensione del segreto del suo successo. Inoltre, si tratta di un ambito talmente complesso che farebbe da falso obiettivo per un’analisi concreta dell’opera di Coelho. Coelho si fa portavoce di uno specifico ruolo dell’intellettuale nella nostra società, considerato come ausilio per la comprensione della società e per esserne la coscienza:

Sono cattolico, vado a Messa ma non delego le mie responsabilità alla gerarchia della Chiesa. La ricerca continua quando esco da Messa. Non finisce con l’ultimo amen. Perché la religione è il legame col mistero nella ricerca della speranza. Di Dio, di un Dio. Egemonizzare questo Dio non è solo un peccato cattolico. La tentazione al fondamentalismo sta attraversando ogni folla che cerca Dio nel mondo.292

Da buon conoscitore della natura umana, potrebbe sembrare che qualsiasi libro sia stato attentamente studiato, prima di essere pubblicato. Coelho rifiuta categoricamente questa possibilità, come possiamo rilevare nell’intervista rilasciata a Francesco Mannoni, in occasione dell’uscita de l’Alchimista:

M. Il suo libro sembra scritto con furbizia, una specie di best seller premeditato è cosi? C. Ora faccio io una domanda a lei: perché questa impressione, perché questi pregiudizi? M. Perché è talmente semplice che non mi sembra naturale. 292

Chierici, Maurizio, “Coelho, una sera nel bosco in compagnia del diavolo”, Corriere della Sera, 12.10.2000, p. 35.

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C. Anche quando Colombo mise l’uovo in piedi sembrò semplice a cose fatte, ma nessuno ci aveva pensato prima. La stessa cosa vale per il mio libro. Ciò che è semplice sembra artefatto perché i troppi pregiudizi e la troppa diffidenza uccidono la nostra innocenza e non sappiamo più apprezzare la spontaneità delle cose (…). Quando uno arriva al successo, si pensa che qualcosa non va, perché le persone piene di preconcetti definiscono stupide le persone che hanno apprezzato il mio libro. Come se io fossi uno più furbo degli altri e agissi per ingannare gli asini. Questa è la base di tutte le dittature, persone che sanno cosa serve alla povera gente e perciò si propongono di educarla, erudirla, togliendogli la libertà. Io ho molta paura di questo tipo di intellighenzia che mette all’angolo tutto quello che è interessante. So cos’è l’oppressione perché ho vissuto il periodo della dittatura e sono stato tre volte in prigione.293

Nei suoi romanzi Coelho è stato abile a cogliere e interpretare le esigenze, i bisogni, le paure e le speranze dell’uomo contemporaneo. Quello che Coelho definisce «interesse per la gente» è una sorta di populismo letterario a buon mercato, confezionato e contornato da una scrittura di cui possiede i più intimi segreti, con cui riesce a presentare, abilmente, ciò di cui sente maggiormente bisogno il suo «lettore ideale», in quel momento: Quando prendo una penna per scrivere una storia, ci metto tutte le mie forze e mi faccio travolgere, perché solo quando l’autore si fa trascinare, il libro riesce a trascinare anche chi legge (…). La spiritualità non è una necessità solo per l’uomo di oggi: lo è sempre stata sin dall’alba dell’umanità; e anch’io sono profondamente cattolico. I miei però sono solo romanzi e hanno tutti i limiti della letteratura. Trasmetto semplicemente la mia esperienza, l’unica che posso condividere con gli altri. 294

Forse è questa la ricetta del successo di uno dei più «famigerati» scrittori contemporanei: il saper comprendere e indovinare quello di cui il lettore sente il bisogno, saper sentire il polso del suo pubblico e soddisfarlo. Di marketing, anche se Coelho ne rifiuta l’etichetta e anche se per il 293

Mannoni, Francesco, “Paulo, l’alchimista”, L’Unione Sarda, 3.10.1995. Stefanelli, Elisabetta, “Un Coelho diritto al cuore. «Ho cercato di liberare la mia energia femminile»”, Il Giorno, 5.10.1996, p. 18. 294

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successo dei suoi primi libri è più difficile individuare una vera e propria strategia, ne è pieno tutta la sua opera successiva, anche se è d’uopo constatare che i suoi ultimi libri non sono della portata di Veronika decide morrer o l’Alquimista, libri che, tra l’altro, gli hanno reso prestigiosi premi da parte della critica letteraria. Anche per quel che riguarda il mito della «Leggenda Personale», cardinale punto di contatto con quello che resta nella sua opera degli insegnamenti ignaziani, che Coelho traduce nella vocazione della scrittura, c’è da evidenziare che questa resta una costante, segnando indelebilmente l’instancabile lavoro della costruzione e del mantenimento di un successo editoriale. Tuttavia, restano tutta una serie di incognite per quel che riguarda il possibile segreto del successo di Coelho e c’è una profonda consapevolezza nel dire che, in fondo, non si è riusciti a scoprire tale enigma, né a spiegare sufficientemente tale fenomeno all’interno della letteratura mondiale contemporanea. Non ci resta che attendere e vedere se tra un paio d’anni la stella di Paulo Coelho continuerà a splendere nel firmamento della letteratura o si eclisserà totalmente, finendo nel dimenticatoio.

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