Stendhal Il processo - Palumbo Editore

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parte decima • La Restaurazione e le lotte d'indipendenza: il Romanticismo ( 1815-1861) capitolo III. Il Rosso e il Nero di Stendhal. 1. Giunto il giorno del ...
parte decima • La Restaurazione e le lotte d’indipendenza: il Romanticismo (1815-1861)

capitolo III Il Rosso e il Nero di Stendhal

Stendhal

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Il processo

[Il Rosso e il Nero, Libro Secondo, cap. XLI]

da Stendhal, Il Rosso e il Nero, trad. it. di M. Bontempelli, Newton Compton, Roma 1994.

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Giunto il giorno del processo, Julien viene accompagnato al Palazzo di Giustizia, dove lo attende una vasta folla, composta soprattutto di donne. Durante il processo, Julien prende la parola per ammettere pubblicamente il proprio delitto ma anche per denunciare che esso verrà giudicato con particolare intransigenza dalla corte a causa del fatto che a compierlo non è stato un borghese ma un contadino arricchito. In fine, alle due di notte, viene letta la sentenza e la condanna a morte per omicidio premeditato. Entrando nell’aula del giudizio, fu colpito dall’eleganza dell’architettura. Era un gotico1 nitido, con una quantità di colonnine tagliate in pietra con grande cura. Gli parve d’essere in Inghilterra. Ma in breve la sua attenzione fu assorbita da dodici o quindici belle signore che, collocate in faccia alla sedia dell’imputato, riempivano le tre logge al disopra dei giudici e dei giurati. Volgendosi verso il pubblico vide che la tribuna circolare che sovrasta l’anfiteatro era piena di donne; le più erano giovani e gli parvero molto belle; i loro occhi erano brillanti e pieni d’interesse. Nel rimanente della sala la folla era enorme; alla porta si battevano,2 e le sentinelle non potevano ottenere silenzio. Quando tutti gli occhi che cercavano Julien s’accorsero della sua presenza, vedendolo occupare la sedia un po’ elevata destinata all’imputato, si levò un mormorio di stupore e di interessamento. Non mostrava vent’anni; era vestito con molta semplicità, ma con grazia perfetta, Mathilde in persona aveva voluto presiedere al suo abbigliamento.3 Julien era pallidissimo. Appena seduto al suo posto, sentì dire da tutte le parti: – Dio, com’è giovine!… Ma è un ragazzo… È molto meglio del ritratto.4 – Signor imputato – gli disse lo sbirro seduto alla sua destra, – vedete quelle sei signore in quella loggia? – e gli indicava una piccola tribuna sporgente sopra l’anfiteatro ove stanno i giurati.5 – È la prefettessa; poi la marchesa di M***, questa vi vuol molto bene, l’ho sentita parlare al giudice istruttore.6 Poi è la signora Derville. – La signora Derville! – gridò Julien; e un vivo rossore coprì la sua fronte. – Uscendo di qua, scriverà a Louise.7 – Non sapeva della venuta di Louise a Besançon. I testimoni furono sbrigati presto.8 Fin dalle prime parole dell’accusa sostenuta dal procuratore generale,9 due delle signore della piccola tribuna, proprio in faccia a Julien, scoppiarono a piangere. – La Derville non si commuove tanto, – pensò Julien. Tuttavia osservò ch’era molto rossa. Il procuratore generale sciorinava delle sentimentalità in cattivo francese sulla barbarie del delitto commesso;10 Julien osservò che le vicine della Derville avevano l’aria di disapprovare vivamente. Molti giurati, conoscenti, a quanto sembrava, di quelle signore, parlavan tra loro; pareva che le rassicurassero. – Questo è pur di buon augurio – pensò Julien. Fino a quel momento s’era sentito invaso da un disprezzo senza alcun temperamento11 per tutti gli uomini che assistevano al giudizio. L’eloquenza volgarissima del Pubblico Ministero12 accrebbe quel senso di disgusto. Ma a poco a poco l’aridità dell’animo di Julien sparve davanti ai segni d’interessamento di cui era chiaramente l’oggetto. Fu contento dell’aria di fermezza del suo avvocato. – Punto retorica!13 – gli disse sottovoce mentre stava per prendere la parola.

1 gotico: lo stile gotico, fiorito in Francia intorno al XII sec., era caratterizzato – in architettura – dallo slancio verticale degli edifici, le cui pareti presentavano una scarsa superficie muraria e grandissime vetrate di forma ogivale (cioè con arco a sesto acuto). 2 alla porta si battevano: chi era rimasto fuori dall’aula lottava per poter entrare. 3 era vestito…abbigliamento: la tendenza di Mathilde alla teatralità, tanto più in presenza di un pubblico reale, fa sì che anche l’abbigliamento di Julien debba essere curato in modo da dare un’idea di semplicità nella fierezza. 4 È molto meglio del ritratto: il tentato delitto di Julien aveva avuto una grande eco e, nell’attesa del processo, si era molto parlato di lui e ne era stato

diffuso pubblicamente qualche ritratto. 5 i giurati: i cittadini che nei processi penali vengono chiamati a giudicare la colpevolezza o l’innocenza degli imputati. 6 giudice istruttore: il giudice che si occupa di raccogliere tutti gli elementi necessari a valutare l’imputato. 7 La signora Derville!…Louise: la signora Derville era l’amica della signora de Rênal che, nella notte in cui Julien aveva per la prima volta preso la mano alla signora de Rênal, era con loro seduta in giardino: per Julien vederla e ricordare il turbamento di quel momento è tutt’uno. Louise è il nome di battesimo della signora de Rênal. 8 I testimoni…presto: I testimoni furono ascoltati rapidamente.

9 procuratore generale: avvocato generale, ovvero il magistrato che rappresenta davanti alla corte i diritti dello Stato. 10 Il procuratore generale…commesso: il procuratore generale caricava di accenti patetici il racconto del delitto di Julien, per convincere i giurati e la corte della sua colpevolezza. 11 senza alcun temperamento: senza alcuna moderazione; cioè totale. 12 Pubblico Ministero: il procuratore generale. 13 Punto retorica!: – Niente retorica! –. Julien intima al proprio avvocato difensore di non usare frasi a effetto per commuovere la platea; in realtà, appena cinque minuti dopo che questi ha cominciato la difesa, buona parte delle donne piange.

1 Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. Palumbo Editore]

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capitolo III Il Rosso e il Nero di Stendhal

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– Tutta l’enfasi saccheggiata da Bossuet, che hanno sciorinata contro voi, vi ha servito – disse l’avvocato.14 Infatti egli aveva parlato da cinque minuti appena, e quasi tutte le donne avevano il fazzoletto in mano. Il difensore, incoraggiato, rivolse ai giurati alcune parole assai forti. Julien fremette, stava per piangere. – Gran Dio! che diranno i miei nemici? Stava per cedere all’intenerimento che lo vinceva, quando, per sua fortuna, sorprese uno sguardo insolente del barone di Valenod.15 – Gli occhi di quel tanghero16 fiammeggiano – si disse; – che trionfo per quell’anima vile! Quando il mio delitto non avesse avuto altro effetto, dovrei pur maledirlo.17 Sa Dio che cosa dirà di me a Louise! Quest’idea dissipò tutte le altre. Subito dopo Julien fu richiamato a se stesso da segni di consenso del pubblico. Il difensore aveva terminata la sua arringa.18 Julien si ricordò che stava bene di stringergli la mano. Il tempo era passato in fretta. Portarono dei rinfreschi all’avvocato e all’imputato. Soltanto allora Julien fu colpito da una circostanza: nessuna delle donne aveva lascito l’udienza per andare a pranzo. – In fede mia, muoio di fame, – disse l’avvocato, – e voi? – Anch’io, – disse Julien. – Guardate, anche la prefettessa s’è fatta portare il pranzo, – gli disse l’avvocato additando la loggetta. – Coraggio, tutto va bene. La seduta ricominciò. Mentre il presidente faceva il riassunto, sonò la mezzanotte. Il presidente dové interrompersi; in mezzo al silenzio, all’ansietà universale, i rintocchi riempivano l’aula. – Ecco, incomincia l’ultimo de’ miei giorni, – pensò Julien. E d’improvviso sentì infiammarsi l’anima della idea di dovere. Fino a quel punto aveva dominato la tendenza a intenerirsi, e mantenuto il proposito di non parlare; ma quando il presidente gli domandò se aveva qualche cosa da aggiungere, s’alzò.19 Vedeva davanti a sé gli occhi della Derville che, sotto i lumi, gli parvero molto brillanti. – Che pianga? – pensò. Signori giurati, L’orrore del disprezzo, che credevo di poter sfidare al momento della morte, mi fa prendere la parola.20 Signori, non ho l’onore di appartenere alla vostra casta;21 voi vedete in me un contadino che s’è ribellato contro l’umiltà della sua sorte. Non vi domando alcuna grazia, – continuò Julien rinforzando la voce; – non mi faccio illusioni, la morte m’aspetta; e sarà meritata. Ho potuto attentare ai giorni 22 della donna più degna d’ogni rispetto, d’ogni omaggio. La signora Rênal era stata una madre per me. Il mio delitto è atroce, e fu premeditato.23 Ho dunque meritato la morte, signori giurati. Ma quand’anche fossi meno colpevole, vedo uomini che, senza trattenersi a ciò che la mia giovinezza può meritare di pietà,24 vorranno punire in me e scoraggiare per sempre quella classe di giovani che, nati in un ceto inferiore e in certo modo oppressi dalla povertà, hanno la fortuna di procurarsi una buona educazione, e l’audacia di mescolarsi a quella che l’orgoglio dei ricchi chiama «la buona società».

14 Tutta l’enfasi…avvocato: la retorica sbandierata (sciorinata) dal procuratore generale contro Julien ha avuto, secondo l’avvocato difensore, un effetto positivo per l’imputato. Bossuet: Jacques-Bénigne Bossuet (1627-1704) è un celebre vescovo francese, maestro di oratoria barocca nella difesa della Chiesa (contro il giansenismo) e della monarchia assoluta. 15 barone di Valenod: avendo un tempo corteggiato invano la signora de Rênal, Valenod – che nel frattempo ha ottenuto un titolo nobiliare e fa parte della giuria – è ben lieto di potersi rivalere su Julien, affermando a questo punto il proprio potere. 16 tanghero: cialtrone.

17 Quando il mio delitto…maledirlo: seppure il delitto di Julien non avesse avuto altra conseguenza che far gioire Valenod della condanna, basterebbe ciò a farlo maledire. 18 arringa: l’intervento conclusivo della difesa nei processi penali. 19 E d’improvviso…s’alzò: sentendo avvicinarsi il momento della condanna, Julien – che aveva deciso di non tentare alcuna difesa di sé – sente il «dovere» di intervenire, non solo per ribadire la propria colpevolezza, ma anche per manifestare con estrema dignità il proprio dissenso nei confronti del giudizio sociale (e politico) dal quale senz’altro sarebbe dipeso quello penale.

20 L’orrore…parola: il timore di essere disprezzato, al quale pensava di essere superiore, spinge Julien a prendere la parola per difendere il proprio onore. 21 casta: gruppo sociale separato e chiuso rispetto agli altri gruppi sociali. 22 attentare ai giorni: mettere in pericolo la vita. 23 premeditato: intenzionale; Julien aveva cioè sparato alla signora de Rênal con l’intenzione di ucciderla. La premeditazione di un delitto costituisce un’aggravante ai fini della valutazione della pena. 24 senza trattenersi…pietà: senza tener conto della pietà che la giovane età di Julien potrebbe meritare. La giovinezza può essere considerata un’attenuante ai fini del giudizio.

2 Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. Palumbo Editore]

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capitolo III Il Rosso e il Nero di Stendhal

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Ecco il mio delitto, signori; ed esso sarà punito con maggiore severità, in quanto realmente non sono giudicato da miei uguali. Io non vedo sui banchi dei giurati alcun contadino arricchito, ma soltanto dei borghesi indignati…25 Per venti minuti Julien parlò su questo tono; disse tutto quello che aveva sul cuore. Il procuratore generale, che aspirava ai favori dell’aristocrazia, balzava nella sua poltrona;26 ma nonostante il tono un po’ astratto che Julien aveva dato al suo ragionamento, la stessa Derville aveva il fazzoletto agli occhi. Prima di finire, Julien tornò a parlare della premeditazione, del suo pentimento, del rispetto, dell’adorazione filiale e illimitata che, in tempi più fortunati, aveva per la signora Rênal… La Derville gettò un grido e svenne. Sonava il tocco27 quando i giurati si ritirarono. Nessuna delle donne aveva abbandonato il suo posto, molti uomini avevano le lacrime agli occhi. Le conversazioni furono da principio molto vivaci; ma a poco a poco, poiché la decisione del giurì28 si faceva aspettare, la stanchezza generale cominciò a portare un po’ di quiete nell’assemblea. Il momento era solenne; i lumi splendevano meno. Julien, molto stanco, sentiva discutere lì accanto se quel ritardo fosse di buono o di cattivo augurio. Vide con piacere che tutti i desiderii erano in suo favore.29 Il giurì non rientrava, e tuttavia nessuna donna abbandonava l’aula. Le due erano appena sonate, quando si sentì un gran movimento. La porticina della camera dei giurati s’aperse. Il signor barone di Valenod s’avanzò con passo grave e teatrale, seguito da tutti i giurati. Tossì, poi dichiarò che, sulla sua anima e sulla sua coscienza, la dichiarazione unanime del giurì era che Julien Sorel s’era reso colpevole di omicidio con premeditazione: tale dichiarazione portava con sé la pena di morte; questa fu pronunciata subito dopo.

25 borghesi indignati: borghesi sdegnati, oltre che dal delitto, dall’arroganza di un contadino che ha cercato di cambiare classe sociale. 26 Il procuratore generale…poltrona: il procuratore

generale, ai discorsi di Julien, si agita sulla poltrona per mostrare la propria disapprovazione, desideroso di avere l’appoggio dell’aristocrazia. 27 Sonava il tocco: suonava l’una (di notte).

28 giurì: la giuria. 29 Vide con piacere…favore: Julien si rallegra di sentire che molti nel pubblico sperano in un giudizio a lui favorevole.

ANALISI DEL TESTO Collocazione del testo Il brano qui antologizzato è tratto dal capitolo quarantunesimo del Libro secondo. Dopo il tentato omicidio della signora de Rênal, Julien viene rinchiuso nel carcere di Besançon. Appare stranamente tranquillo: la morte imminente non turba più un animo spogliato di ogni ambizione ma non di un’autentica tensione all’eroismo, sentito quale desiderio di scontare la propria colpa. La monotonia delle giornate trascorse in carcere in attesa del processo viene occasionalmente interrotta da qualche visita, fra cui quella, indesiderata, del padre, i cui violenti rimproveri si calmano solo quando Julien gli promette di lasciare a lui e ai suoi fratelli i propri averi, quelle frequenti – e non sempre gradite – di Mathilde, e quelle rare ma inten-

sissime della signora de Rênal. Mathilde, venuta a conoscenza dell’accaduto, si è immediatamente recata a Besançon; qui tenta – per salvare Julien – di corrompere i giudici. Ma i tentativi di Mathilde, che negli incontri in carcere con Julien non fa che progettare atti di eroismo per salvarlo, vengono di fatto vanificati dall’atteggiamento di Julien, che davanti ai giudici proclama la propria colpevolezza e rifiuta la possibilità di essere difeso come pazzo: per la prima volta Julien infatti sente di vivere una «vita ideale», in cui non deve fingere, e non è perciò disposto a condividere né con Mathilde né con i giudici possibili intrighi. «Venne infine il giorno tanto temuto dalla Signora de Rênal e da Mathilde», il giorno del processo: così inizia il capitolo.

INTERPRETAZIONE DEL TESTO La calma di Julien La calma e il distacco consentono a Julien di contemplare la bellezza dell’aula in cui si svolge il processo che lo vede come imputato. Julien non nota semplicemente l’«eleganza dell’architettura»: il suo sguardo si sofferma analiticamente sull’accuratezza della lavorazione delle colonnine di pietra che sorreggono le ogive delle finestre e dei loggiati della sala gotica (rr. 1-2). Non si tratta di un cinico compiacimento estetico attraverso il quale Julien

prende le distanze dal proprio imminente destino di morte. La sua tranquillità deriva dal senso della propria dignità e, quindi, dalla necessità di offrire al pubblico un’immagine decorosa di sé; ma, anche, dall’aver elaborato l’idea della morte – nei giorni trascorsi in carcere – come giusta espiazione della colpa commessa, ripensando alle morti degli eroi cari alla sua formazione (Napoleone) e al proprio delitto.

3 Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. Palumbo Editore]

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capitolo III Il Rosso e il Nero di Stendhal

Stendhal ~ Il processo

Julien e il pubblico È anche vero che il dominio che Julien esercita su se stesso non è in realtà assoluto. Egli affronta a testa alta sia il processo che la condanna; e, spogliato dell’ipocrisia cui la scelta dell’abito nero lo aveva costretto fino ad allora, non manca di denunciare finalmente in pubblico la perversa logica delle gerarchie sociali. Ma durante lo svolgimento del processo, così come in tutta la sua breve vita, Julien si mostra attentissimo al pubblico («Ma in breve la sua attenzione fu assorbita da dodici o quindici belle signore che, collocate in faccia alla sedia dell’imputato, riempivano le

tre logge al disopra dei giudici e dei giurati. Volgendosi verso il pubblico vide che la tribuna circolare che sovrasta l’anfiteatro era piena di donne», rr. 3-5; «Julien osservò che le vicine della Derville avevano l’aria di disapprovare vivamente», rr. 25-26) e sembra addirittura calibrare le proprie reazioni su quelle del pubblico («Il difensore, incoraggiato, rivolse ai giurati alcune parole assai forti. Julien fremette, stava per piangere. – Gran Dio! che diranno i miei nemici?», rr. 36-37). Julien, cioè, non riesce a emanciparsi del tutto dal vincolo delle convenzioni sociali.

Un verdetto emesso da «borghesi indignati» Julien non sminuisce o occulta la gravità della propria colpa, né si umilia chiedendo una grazia impossibile («Non vi domando alcuna grazia, […] non mi faccio illusioni, la morte m’aspetta; e sarà meritata», rr. 65-66). E tuttavia denuncia con lucidità e forza straordinarie la natura classista del verdetto che lo condannerà. Sa bene che non è in gioco solo il suo destino individuale, ma una intera struttura sociale. Julien non cerca attenuanti, e non fa nulla per conquistare il favore della giuria

(al contrario, le sue parole non potranno che irritare e inasprire il barone di Valenod). Proprio per questo il suo atto di accusa – che è poi quello di Stendhal – è implacabile: «[…] vorranno punire in me e scoraggiare per sempre quella classe di giovani che, nati in un ceto inferiore e in certo modo oppressi dalla povertà, hanno la fortuna di procurarsi una buona educazione, e l’audacia di mescolarsi a quella che l’orgoglio dei ricchi chiama “la buona società”» (rr. 69-72). L’accusato, reo confesso, assume il ruolo dell’accusatore.

ESERCIZI La dignità di Sorel

Analizzare e interpretare 2

Il processo come spettacolo 1

Il pubblico assume un’importanza fondamentale in questo passo: a) in rapporto al personaggio (gli occhi di Sorel sono fissi sugli spettatori); b) come commento agli interventi dei giudici; c) come coro partecipe del dramma di Julien di cui esprime e amplifica le emozioni. Analizza la scena da questo punto di vista. Ti pare che abbia un particolare significato il fatto che il pubblico sia soprattutto di donne?

Rifletti sul discorso di Sorel ai giudici. In quale misura esso rovescia l’immagine ignobile di Julien che emerge dalla lettera di Madame de Rênal: «Povero e avido, è con l’aiuto della più consumata ipocrisia e con la seduzione di una donna debole e infelice che quest’uomo ha cercato di farsi una posizione e diventare qualcuno». La denuncia di Julien

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«Signori, non ho l’onore di appartenere alla vostra casta, voi vedete in me un contadino che s’è ribellato contro l’umiltà della sua sorte». Pur considerando la propria morte come giusta espiazione della colpa commessa, Sorel non manca di denunciare l’ingiustizia sociale del processo. A nome di chi parla Sorel nella sua perorazione finale?

4 Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. Palumbo Editore]